Due fratelli, Ferruccio e Gino Corradetti, baritono il primo e sindacalista il secondo

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Dopo aver pubblicato la vita di Corrado Corradetti vi raccontiamo ora brevemente di due suoi figli, Ferruccio e Gino, che ottennero una discreta fama.

Ferruccio Corradetti

Ferruccio Corradetti

Nasce nel 1867 a San Severino Marche e muore nel 1939 a New York. Dopo aver lavorato per breve tempo nella tipografia del padre si trasferì a Roma per gli studi musicali. Militante del partito repubblicano fu arrestato diverse volte, aderì anche ai moti socialisti di fine secolo. Collaborò con vari giornali e riviste d’idee avanzate e pubblicò poesie in dialetto romanesco, novelle e articoli apparsi in riviste letterarie del tempo. Portato a termine lo studio del canto come baritono, rivelò subito doti non comuni per la perfetta dizione, la disinvoltura scenica e una giusta emissione vocale, doti che lo portarono a grandi successi in Italia e nel mondo.

Nel 1904 sposò la famosa cantante lirica Bice Adami (1875–1969), da cui nacque Iris Adami Corradetti (1904–1998). Bice, soprano famosissimo per la sua proverbiale impeccabile intonazione, ritiratasi dalle scene nel ’46 si diede all’insegnamento formando diversi cantanti famosi, tra i quali Katia Ricciarelli, Lucia Valentini Terrani, Antonio Salvadori, Wladimiro Ganzarolli. Nel 1913 Ferruccio abbandonò l’Italia dopo essersi separato da Bice e si stabilì definitivamente negli Stati Uniti dove proseguì e concluse la sua carriera.

Si risposò in seconde nozze con Anna Lisarelli (1888-1976). Originaria di Gubbio dove era stata educata nel convento delle suore di San Marziale come orfana, emigrò a New York nel 1911. Una delle loro figlie, Fiora Corradetti, è stata una importante direttrice di orchestra nell’ambito della musica classica americana.

Gino Corradetti

Gino Corradetti

Nasce a San Severino nel 1879 e dopo aver militato brevemente nell’esercito come sottufficiale, viene assunto nelle ferrovie. Aderì ben presto al partito socialista diventandone un attivo propagandista. A Palermo dove era ferroviere collaborò nel giornale socialista “La Battaglia”; nel settembre del 1910 fu nominato segretario della Camera del Lavoro di Caltanisetta. Esonerato per la sua attività  sindacale  dalle  ferrovie,  divenne  successivamente segretario della C.d.L. di Messina dove organizzò gli scioperi dei solfatari e dei panettieri e le manifestazioni contro la campagna di Libia. La sua posizione scivolò verso l’estrema sinistra propugnando apertamente la rivoluzione.

Inviato in Sardegna dal sindacato, passò al sindacalismo rivoluzionario con teorie addirittura luddiste di sabotaggi rotaie, macchine e pali telegrafici. Queste tesi gli valsero denunce per istigazione a delinquere e l’ostracismo dello stesso partito socialista. Tenne nel 1912 un comizio con Filippo Corridoni per protestare contro l’arresto di Di Vittorio. Allo scoppio della guerra divenne “interventista” come lo stesso Corridoni e molti altri sindacalisti rivoluzionari e fu pertanto cacciato dal Partito Socialista.

Alla fine della guerra le sue posizioni cambiarono radicalmente entrando in contrasto con tutta la sinistra; nel 1921 fondò a Castellammare un primo nucleo di “fiamme nere” e l’anno successivo boicottò a Genova uno sciopero ferroviario. Nel 1923 fondò l’Associazione Nazionale Ferrovieri e come segretario generale fece votare l’adesione al fascismo. Entrò in polemica con gli antifascisti e durante la crisi del delitto Matteotti difese pubblicamente Mussolini. Nonostante ciò nel Partito Fascista veniva guardato con molto sospetto come un infiltrato, finché entrato in contrasto con Farinacci, nel 1926 fu cacciato dall’ “Associazione fascista dei ferrovieri” e gli fu respinta la richiesta della tessera del partito.

Da quel momento fu perseguitato dalla polizia fascista come “socialista schedato” e dovette subire anche una serie di processi per reati comuni. Nel 1942 si trasferì a Pontelandolfo per sfuggire ai bombardamenti di Napoli. Già nel 1943 dopo la caduta del fascismo organizzò una Lega dei Contadini e una Camera del Lavoro, una delle prime del dopoguerra. A quell’epoca, tra ex gerarchi fascisti e il clero chiuso e refrattario a qualsiasi cambiamento, lottò al fianco dei contadini, la maggior parte mezzadri, contro lo strapotere e le vessazioni dei proprietari terrieri. Gino si fece molti nemici tra la borghesia e gli ecclesiastici, e si trovò inoltre a lottare contro l’emergente strapotere della Democrazia Cristiana.

Incredibilmente, data la sua caparbietà, riuscì a raggiungere due risultati sorprendenti: alle prime elezioni amministrative del dopoguerra, a Pontelandolfo vinse la sua lista di sinistra e al referendum tra la Repubblica e la Monarchia, quasi unico tra i paesi del Sannio, vinse la Repubblica. Ormai però aveva troppi nemici, e infine, aggredito fisicamente, chiamò i contadini a sua difesa. Scesero in paese in più di trecento e misero al sacco il paese. Per puro miracolo non ci furono morti, ma solo feriti lievi. Ormai Corradetti era un personaggio ingombrante ma per ordine del Ministero degli Interni non lo si poteva arrestare per scongiurare gravi disordini di piazza. I giudici del Tribunale di Benevento, per vie traverse, fecero pressione sulla famiglia di Corradetti per farlo tornare a Napoli allontanandolo dal paese. Stanco, malato, e sotto la pressione incessante delle figlie, accettò di lasciare il paese. A quel punto la Democrazia Cristiana senza opposizione, governò il paese per quasi vent’anni. I contadini, delusi dalla rivoluzione mancata, emigrarono pian piano negli Stati Uniti. Un suo famoso grido di protesta era: “…Ai signorotti farem la pelle con le nostre rivoltelle…”. Morì a Napoli il 27 dicembre del 1954.

Modestino Cacciurri

25 agosto 2023

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