Santa Maria a Pié di Chienti, basta un cartello e da basilica la fanno diventare chiesa

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Chi mi conosce sa che se adesso scrivo di Storia, avrei invece preferito scrivere solo di architettura, ma mi sono sentito in dovere di parlare di storia, per tentare di rivalutare un patrimonio di cultura dalla negazione dello stesso per la cosiddetta “ragion di stato”, ragione valida fino alla breccia di Porta Pia, ma ormai, pensavo, decisamente tramontata.  E invece no.

Ci ho messo più di cinque anni di pazienti ricerche per individuare le ragioni del fenomeno che chiamo “Negazionismo storico pontificio”, iniziato quando Egidio Albornoz, capitano di ventura e poi cardinale, conquistò con le armi i liberi comuni marchigiani offrendoli alla corona del Papa. Da quel momento il Papa fu Re e con costante attenzione iniziò un lenta e progressiva cancellazione sia delle prove documentali sia della memoria popolare della grande storia di questa regione, a cui venne anche cambiato il plurimillenario nome “Piceno” in “Le Marche”.

Pensavo che nel 2023, con internet e il riscaldamento globale, il negazionismo fosse acqua passata che non macina più, ma mi sbagliavo. L’estate scorsa, in una delle mie solite visite alla basilica di Santa Maria a piè di Chienti, fui sorpreso dal vedere una nuova tabella turistica sul palo di fianco alla facciata, che spiegava ai molti visitatori (sempre più frequenti ultimamente) le caratteristiche salienti storico culturali della Chiesa di Santa Maria a piè di Chienti o Chiesa della Santissima Annunziata. Capisco che la leggerezza con la quale si usano i sostantivi sia indice di una sempre maggior trascuratezza nel conservarne il significato, la cosa mi ricorda una vecchia pubblicità televisiva in Carosello, in cui un cartoon sempre concludeva “quadrati, triangoli, strisce per tèra, per me tuto va ben tuto fa brodo” e scattava il gingle.

Voler cancellare una memoria anche popolare di un passato plurimillenario della Basilica in val di Chienti è incomprensibilmente, a mio sommesso avviso, voler continuare, ostinatamente il negazionismo pontificio, anche se non ci sono più impellenti ragioni per farlo. Per gli scettici pubblichiamo le foto dei due cartelli, quello nuovissimo, e quello vecchiotto eliminato. Non so se sia solo ignoranza del significato dei vocaboli in questione, ma Chiesa è il sostantivo più generico e generalizzante (in questo caso qualunquizzante) per cancellare la memoria storica e popolare di una Basilica, che per questo titolo è edificio di culto di fondazione regia o imperiale (vedi la basilica romana di Massenzio e Costantino) perché basilica discende da Basileus il nome, forse greco o macedone, col quale a Costantinopoli si indicava l’imperatore.

Sappiamo che nella vallata giunsero nel V secolo i monaci di San Basilio, venuti da Cesarea, lì dove nacque il Cristianesimo. Perché cancellare questa memoria? Forse perché quella di Aquisgrana nei documenti antichi è proprio detta basilica? Perché, colpetto dopo colpetto, ancora oggi, anziché essere fieri del proprio patrimonio culturale una esigua minoranza si accanisce contro le memorie storiche e anche popolari?

Agli inizi delle mie ricerche sul patrimonio ambientale della Regione, scrissi un libretto in cui esponevo la mia lettura architettonica e storica del monumento dal titolo “Basilicam quam Capellam vocant” che interpretato nei significati di ciascuno dei vocaboli latini si dovrebbe leggere: “edificio di culto di fondazione imperiale aperto a tutti che la gente comune chiama La Cappella”. Dove il sostantivo cappella è il sinonimo popolare medioevale del vocabolo tecnico “calotta” che nell’architettura religiosa è anche traslato in Duomo, ed è legato alla struttura a calotta emisferica che caratterizza tali edifici. Io non cancellerei una definizione che di per sé indica una grande committenza e di conseguenza si tira dietro la domanda: chi era il committente regio di un simile edificio e perché è stato fatto proprio nel bel mezzo di una piana alluvionale a due passi dal Chienti, quando sarebbe stato molto più sicuro un paio di chilometri più a nord, a esempio a Pontigliano? Io la risposta l’ho scritta nelle mie pubblicazioni, non l’ho cercata su Google  digitando Montecosaro Scalo, forse gli estensori della nuova tabella dovrebbero far aggiornare pure Google Earth, che prende i toponimi dalle mappe catastali ufficiali perché è super partes e alieno a incomprensibili negazionismi.

Medardo Arduino

15 marzo 2024

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