La “corrida” nello Sferisterio

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di Umberto

 

corrida-sferisterioIn Italia c’era un tipo di corrida definito “giostra dei tori”, molto popolare nello Stato pontificio e che si svolgeva anche nel nostro Sferisterio. Questo spettacolo appassionava gli spettatori che gridavano, forte e ritmicamente: “Olé”, tanto da sentirsi da parecchio lontano. Per stimolare il toro si richiudeva un uomo in una lunga cesta di vimini ricoperta da un drappo rosso, imbottita all’interno in modo che la bestia potesse rovesciarla e rotolarla senza pericolo per la persona. Il giostratore (toreador in Spagna) eccitava e pungeva il toro per mezzo di un bastone (muleta) con una punta di ferro, al quale era arrotolato un pezzo di stoffa rossa. Quando il toro si avvicinava troppo il giostratore fuggiva, saltando su un muretto dell’arena contro il quale il toro, imbestialito, sfogava la sua rabbia. Se invece l’animale fosse stato più tranquillo il giostratore abile avrebbe fatto delle finte spiazzandolo e schivandolo. I più coraggiosi (picadores) infilzavano sulla fronte dell’animale, già piuttosto scosso e provato, una coccarda di nastri, mentre altri cercavano di tenerlo fermo prendendolo per le corna, con la testa premuta contro il suolo, per poi aggiudicarsi le preziose corna. Questo spettacolo era richiesto soprattutto nelle feste patronali, nei giorni di mercato e in varie festività. Lo Sferisterio nacque non solo per il gioco del pallone al bracciale (celebrato da Giacomo Leopardi) ma anche come arena per la “corrida” e solo più tardi fu usato come tempio della lirica. Al termine dello spettacolo il giostratore (matador) uccideva la bestia le cui carni venivano distribuite al popolo (panem et circenses dell’antica Roma con la differenza che allora, nel circo, ci si divertiva con lo spettacolo cruento dei gladiatori, oppure con i cristiani dati in pasto ai leoni). Sicuramente allo Sferisterio affluiva per la giostra il popolino, mentre se ne teneva distante la classe benestante o nobile. Quando cessò lo Stato pontificio ebbe fine anche la “corrida” a cui ricordo resta la gradinata per il pubblico, costruita per ragioni di sicurezza contro l’attacco dei tori, sulla quale erano state praticate delle aperture per far entrare gli animali, con 16 stalle denominate “carceri del bestiame”. Per la cronaca si aggiunge che nella Spagna meridionale, Barcellona in testa, la corrida è stata soppressa per evitare sofferenze all’animale, sottoposto a una vera e propria tortura, mentre sopravvive nel nord dove la pratica è considerata arte e cultura. Un po’ più accettabile la corsa dei tori a Pamplona, lanciati lungo il tragitto tra giovani ardimentosi sprezzanti di possibili incornate.

 

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