Noi facciamo vera “accoglienza”?

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di Cesare Angeletti

accoglienza

 

Ogni giorno giornali e televisioni ci mostrano gli sbarchi dei clandestini in varie parti dell’Italia del sud. Altre nazioni controllano l’immigrazione non a norma di legge sino ad arrivare a stati come Malta che dice: “Noi non abbiamo né case né lavoro quindi i clandestini non li possiamo ospitare!” In Italia invece… facciamo accoglienza. Di questa parola si riempiono la bocca politici, prelati di vario livello, associati in miriadi di associazioni che si definiscono umanitarie, e alcune lo sono pure ma, in pratica, quella italiana, è vera accoglienza? Andiamo al vero significato del termine. La parola “accoglienza” vuol dire accettare qualcuno, dargli ospitalità e possibilità di vivere dignitosamente offrendogli casa, lavoro e diritti sociali. La maggior parte degli italiani le case le vedono costruite ma non le possono comprare perché le banche non danno più credito, i posti di lavoro sono sempre meno e in milioni sono disoccupati o sottoccupati o in cassa integrazione. Però noi “siamo più avanti degli altri paesi” e… facciamo accoglienza. Gli immigrati sbarcano, con vari mezzi di fortuna, noi li accogliamo, li identifichiamo e poi li chiudiamo dentro le gabbie come si fa con gli animali dei giardini zoologici. Sì, insomma, li alleviamo in batteria come le galline. Però le galline danno uova e, alla fine della deposizione, carne, gli immigrati, alienati dalla situazione in cui si trovano, alla fine stressati e sfiniti, danno spesso solo grane protestando o danneggiando le strutture di… accoglienza. Le galline le possiamo spennare, gli immigrati, dovendo essere mantenuti in tutto e per tutto non avendo più nulla perché i loro soldi li hanno dati a chi li ha portati qui, spennano coloro che pagano le tasse. Sono convinto che quegli esseri umani, già turlupinati dai trasportatori abbiano diritto a essere trattati con più dignità e più rispetto e che l’unico modo che si può attuare per ridare loro la dimensione umana è di evitare che partano, aiutandoli, magari, direttamente nella loro terra di origine. Le spese enormi delle navi che pattugliano il mare giorno e notte per soccorrerli, le spese del personale per assisterli, le spese per mantenerli dando loro anche generi di conforto, sigarette, cariche telefoniche, le spese di manutenzione e gestione dei centri di accoglienza ecc. potrebbero essere utilizzate, ridimensionandole allo stretto necessario, per sensibilizzare le nazioni di provenienza degli immigrati a migliorare la loro situazione di vita. Farli venire qui, senza poter dar loro niente, o quasi, non per crudeltà ma perché non ce l’abbiamo è, a mio avviso, una cattiveria. Farli venire qui e poi chiuderli in gabbia e allevarli come polli è una assoluta mancanza di rispetto della dignità umana. Permettetemi di concludere con una battuta: “ Bisogna far sì che non partano perché non succeda, alla fine, che il flusso sempre maggiore di extracomunitari ci costringerà a far emigrare dall’Italia gli italiani per… far posto agli stranieri!

 

 

 

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