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tratte da “Dicerie popolari marchigiane”

di Claudio Principi

 dicerie-popolari

 

La trippa e la luna

Grigrì, un vecchio e arguto contadino dalle facili battute di spirito, un giorno disse: “Li signori? Che mmòra d’un gorbu tutti quandi! Issi ci-àli ‘na trippa che non va mai co’ la luna!” (I signori? Che muoiano d’un colpo tutti quanti! Loro hanno una trippa che non va mai con la luna!). Uno dei presenti gli chiese di essere più chiaro e lui spiegò: “La luna, perdìa!, e mmica adè sèmbre piena! La trippa de li signori, ‘mméce, scì!” (La luna, perdiana!, e mica è sempre piena! La trippa dei signori, invece, sì!).

 

Un lavoro agevole

A un contadino del vicinato che stava falciando un prato e si lamentava per la durezza del suo lavoro, Grigrì disse: “Ma lèmmete da li cojombri! Come te ne ‘a de lagnatte!? La tua è ‘na fatiga che pare pare, ma ne fai ‘na mità: quanno fjéni e ddài la sfargiata da ‘sta parte, allori fatighi, scì; ma quanno rvéni arrèto da quest’atra parte sinza sfargià’ e ssulo per pijà’ la sfionga e bbasta, allori non fatighi ‘na madonna. Donga, se fjéni per jéci ore, tu si fatigato sulo cingue ore. E mmìttece che ‘gni tando ‘ccoti la face fjenara, e tte spassi a fa’ le lute!” (Ma lèvamiti da intorno! Come ti va di lagnarti!? La tua è una fatica che, pare pare, ma ne fai la metà: quando tagli e dai la sfal-ciata da questo lato, allora fatichi sì; ma quando torni indietro da quest’altro lato senza tagliare e solo per prendere lo slancio, allora non fatichi affatto. Dunque, se falci per 10 ore, tu hai faticato solo cinque ore. E aggiungici che ogni tanto affili con la cote la falce fienaia e ti diverti a fare le scintille!).

 

La penitenza

La moglie di un certo falegname era, poverina, una donna brutta un bel po’. La natura era stata avara di doni con lei e di avvenenza non ne aveva proprio alcuna. Ora, oltre a questa di premessa ne va fatta anche un’altra. Quando si voleva invitare qualcuno a casa propria a consumare un qualsiasi pasto, pranzo o cena che sia, per modestia e con tutta familiarità, si usava fare l’invito dicendo: “Ce véni a ffà’ pinitènza a casa mia?” (Ci vieni a fare penitenza a casa mia?). Ora, avvenne un certo giorno che il falegname fece questo invito a un suo collega e questi, scherzando, si azzardò a chiedere: “Se dde pinitènza se tratta… che me manni a lettu co’ mojeta?” (Se di penitenza si tratta… che mi mandi a letto con tua moglie?).

 

Al mercato delle erbe

Un ortolano ha portato erbe al mercato ed è avvicinato da un erbivendolo cittadino per acquisti. I due contrattano con difficoltà finché l’ortolano chiede: “Ma tu ‘stamatina a ch’ora ti si rizzatu?” (Ma tu stamattina a che ora ti sei alzato?) Risponde l’altro: “Io me so’ rizzatu a le cingue!” – “Io, ‘mméce, me so’ rizzatu un’ora prima, a le quattro; e te dimanno: come ppoli pretènne de frecà’ a mme?” (Io, invece, mi sono alzato un’ora prima, alle 4, e ti domando: come puoi pretendere di fregare me?).

 

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