San Pietro pìja per gròppa, corrisponde al detto “Fidarsi è bene, non fidarsi è meglio”

Raccontavano i nostri vecchi che un giorno Gesù con San Pietro fecero un largo giro per diffondere il Vangelo e furono talmente presi dalla loro predicazione che non si accorsero di essersi allontanati troppo e di aver fatto tardi. Decisero perciò di comune accordo di passare la notte nella contrada stessa in cui si trovavano. Chiesero dunque ospitalità in una casa contadina e lu vergà (il capo della casa) ben volentieri li fece accomodare alla meglio nel fienile. E uno a fianco all’altro, sull’improvvisato giaciglio, i due, stanchi morti, si coricarono.

In quella casa c’era un giovanottone varzellòttu, un vero e proprio tandallóccu (un bietolone, un balordaccio) che era uno dei figli del capofamiglia. Nei tempi passati non era affatto raro il caso d’incontrare nelle famiglie contadine qualche scioccolone o castronaccio. E questo, che appunto viveva nella casa in cui Gesù e San Pietro avevano trovato ricetto, vide di malocchio i due ospiti: mostrò subito aperta ostilità verso di loro ma venne scacciato dal padre e si allontanò torvo.

Nel cuore della notte, però, armato di un bastone, lu ‘èrru (l’insensato) si recò quatto quatto nel fienile e massacrò di botte San Pietro, che dormiva vicino all’ingresso. Quando l’energumeno se ne andò, Gesù, al quale non era toccata neanche una bastonata, disse a San Pietro: “Va a finire che quello più tardi torna col suo bastone e c’è il caso che se la prenda ancora con te che sei lì a portata di mano. E non trovo affatto giusto che sia solo tu a ppijà pe’ gròppa (a prendere botte sulla schiena) per cui facciamo una cosa: io vengo a dormire dal lato tuo e tu prendi posto dove sono io ora”.

San Pietro fece come il suo Maestro propose ma successe che quando quell’indemoniato tornò, fece: “A quistu l’àgghjo gghjà ssonàtu, e mmó tocca a quill’àtru!” (A questo l’ho già percosso, ora tocca a quell’altro). E San Pietro si tenne le botte, consolato da Gesù, ma tra sé continuò a rimuginare questo dubbio: “No’ mme reccapézzo se ‘sta lizió’ vùr-dì’ che no’ me devo mai fidà’ de quilli che pare tundi, o puramende non mme devo fidà’ mmango de Jisù Cristu!” (Non capisco se questa lezione vuol dire che non mi devo fidare dei tonti, oppure non mi devo fidare neanche di Gesù Cristo!).

È chiaro che i nostri vecchi  raccontavano questo episodio di fantasia a fini didascalici, cioè per far capire che non ci si deve fidare di nessuno, secondo il detto antico: Fìdete era un òmu vónu e sverdaréllu. Nontefidà era mejo de lu fratellu! (Fìdati era un uomo buono e sveltarello. Nontifidare era meglio del fratello!). Ma questo era un invito all’accortezza e non all’indiscriminata e generale diffidenza e in fondo corrisponde al proverbio: “Fidarsi è bene non fidarsi è meglio”. 

30 gennaio 2024    

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