Un altro tassello e il filosofo Seneca ci avvicina alla Francia Picena

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La Chanson de Roland, l’esempio più famoso della letteratura medievale francese, fu probabilmente la trascrizione del monaco Turoldo di un testo molto diffuso oralmente tra giullari e cantastorie. Le avventure dei paladini carolingi furono riprese in altre opere tra il 1400 e il 1500 dai noti Ariosto, Boiardo, Bembo. Ma ci fu anche un altro autore che pubblicò un volume di sonetti nello stesso tempo di Ariosto, di cui fu allievo e amico a Ferrara dove risiedevano, tanto che ancora oggi gli studiosi non sanno stabilire chi dei due avesse copiato l’altro: tal Cassio Brucurelli, più noto come Cassio De Narni, autore de “La morte del Danese”. Oltre alle avventure di Orlando e Rinaldo ci sono quelle di molti altri gran baroni, ne menzioniamo una, quella di Hyppolito fratello di Alcyde. Costui avendo un giorno “fallita la via, si come adviene a chi va per viaggio, trovaro una spelonca obscura e ria”, qui dopo aver combattuto una notte intera con un mostro, si rimette in cammino per ritrovare la strada. Giunge invece ai piedi di un colle, con in cima un grande pino, alla cui sommità c’è una capsa (ndr: capsella, scatola). Incuriosito dal movimento di api nella capsa, Hyppolito va a vedere, e dentro ci trova il filosofo Seneca, lì  imprigionato  dal suo ex allievo Nerone per farlo morire di fame, ma le api lo hanno salvato. Seneca gli narra la sua storia:

“Nove sorelle stan sopra dun monte

Con le quali moltanni a scola io stetti

Queste di aloro mi ornaro la fronte

Alhor che di partirmi contenetti

Et ben che lunge fussi tanto pomte

Son state in aiutarmi con gli effetti

Che come madri son tenuto amarle

Et in ogni mio poema laudarle

Queste sapendo chero in carcer chiuso

Et posto sopra il pin lontano da loro

Ne descendere il monte havendo in uso

Pensor com miglior via darmi ristoro

Api carchi di mel per il partuso

Mandati m’ànno et tanti sempre foro

Che sempre ho hauto cibo inabundanza

Anzi in la capsa come vedi avanza”.

E arriviamo alle “figliole di melmosine che nel monte sacro habitati…”: chi sono mai queste “sorelle” che hanno fatto scuola a Seneca? Cassio de Narni conosce bene le mitiche e dotte Sibille della sua terra, Norcia, per cui a questo punto s’inserisce la frase di Alcyde che fa piangere il fratello Hyppolito: “Sarebbe giunte in francia assai più presto … hauendo un giorno fallita la via”. Aggiungendo a questo che il mostro sopra descritto ricorda la vecchia leggenda di Terni, dove lo spaventoso drago Thyrus fu ucciso da  un giovane nobile del luogo, possiamo facilmente intuire che, stando tali avvenimenti in Umbria, la Francia da raggiungere non era poi così lontana, quindi posta nel vicino territorio piceno: la Francia Picena! Tanto per sottolineare che gli scritti dei dotti italiani come di quelli nordeuropei, siano stati molto ispirati dalle storie umbro-marchigiane, giudicate come “grezze” dalla critica autorevole, poco note, anzi quasi ignorate ma di fatto vere madri della tradizione letteraria medievale e oltre.

Simonetta Borgiani

6 settembre 2017

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