Secondo il ricercatore storico Eribert Illig Carlo Magno non è esistito (…in Germania)

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Sul n° 306 de La Rucola è apparso in un pezzo il nome di uno storico contemporaneo bavarese con cui ho avuto il piacere di una conversazione, il quale ha proposto all’universo degli addetti ai lavori dell’Alto Medioevo una ipotesi sconvolgente più o meno come quella di don Carnevale e la mia, ma in tutt’altra direzione. Per parlarne si dovrebbe affrontare ed esporre la questione attingendo abbastanza in profondità nel lavoro di questo storico, soprattutto per capirne i risvolti psicologici.  Il soggetto è Eribert Illig, autore di diverse pubblicazioni distantissime dai dogmi ottocenteschi degli storiografi dell’M.G.H.

Chi ha frequentato un corso universitario di storia medievale o semplicemente si interessa della storiografia relativa, si è inevitabilmente scontrato con i 120 e passa volumi di fonti trascritte (e accuratamente interpretate pro domo sua anche se sembrano solo impersonali trascrizioni) che la “Società per la ricerca delle fonti del medioevo germanico” fondata all’inizio dell’Ottocento ha pubblicato marciando compatta al motto “Il santo amor di patria ci dà coraggio”. L’M.G.H. è il più grande investimento economico in ambiente culturale mai realizzato prima di Google Books. La raccolta è stata titolata Monumenta Germaniae Historica. Oggi è in parte pure sul web in beta test come “dMGH”: non puoi interessarti di medioevo se non la conosci. Le prime pubblicazioni erano in lingua tedesca con le trascrizioni delle fonti in Latino, poi, per essere sempre più “Franchi”( dei quali abbiamo solo documenti in Latino fino al IX secolo), hanno redatto l’intero testo delle pubblicazioni  in Latino, latinizzando addirittura i loro nomi per essere il più possibile dei Franchi d.o.c., il tutto “ad usum scholarum” per diffondere rapidamente la loro costruzione storica.

Doctor Eribert , quando si è laureato, ha di sicuro studiato su quei libri e dovuto impratichirsi sui dogmi dei colleghi di Willem Pertz, il direttore del progetto MGH, ma, raro caso anomalo, si è riservato di pensare con la propria logica ed è nata la sua tesi. L’ha presentata al mondo in un libro dal titolo pressappoco così: “Carlomagno è esistito veramente? Il medioevo inventato”. Il  saggio, quando me ne interessai era disponibile solo in Tedesco, lingua che non conosco. Nel 2005 però l’autore lo presenta a Toronto ad un congresso con un paper riassuntivo in Inglese molto chiaro, e a quello mi riferisco (Toronto conference june 28-30 2005 “Anomalous eras –Best Evidence Best Theory- The invented middle age”).

Questo storico ha lo stesso mio convincimento di principio: perché un documento sia sostanzialmente credibile deve avere concreti riscontri con reperti di cultura materiale, ovvero se ci sono solo ricordi scritti su un foglio, il dubbio che sia inventato è più che lecito, soprattutto quando si sa che per il Medioevo Carolingio i falsi documenti sono più della metà. Il professore con una lunga ricerca, supportato dal fatto che ben conosce la geografia di casa sua, ha potuto verificare, e lo pone come principale fatto provato fra le ipotesi della sua tesi, che nella geografia storica tedesca figurano nei documenti ben duemiladuecento (2200) toponimi di insediamenti, ma ahimè solo ottantasei (86) hanno reperti archeologici a provarne l’esistenza. La storia tedesca del Medio Evo sarebbe perciò scritta nell’aria, (per non dire subito spudoratamente falsa) e il ricercatore vuole capire perché, ma da buon tedesco non può immaginare la malafede dei suoi colleghi ottocenteschi e cerca cause diciamo “oggettive”, cause di forza maggiore e non invenzioni per fini nazionalistici.

Nel suo paper scrive che è giunto alla conclusione che la storia è inventata perché nessuno avrebbe mai messo falsi reperti archeologici nel terreno per poi scavarli, pertanto se non ci sono le tracce degli insediamenti non può essere successo nulla. Sono pienamente d’accordo, è la base metodologica delle mie ricerche e l’ho scritto sin dall’inizio. Approfondendo l’esame della storiografia in questa direzione gli si pone in evidenza la figura del Carlone (pardon Carlomagno) alto, fiero, guerriero, poeta, letterato coltissimo, poliglotta, giureconsulto, generale invitto, tombeur de femmes, e chi più ne ha più ne metta. Il riassunto delle qualità di Superman, Pico della Mirandola e Giulio Cesare in una sola persona; non pensa che il suo nome di etimo latino Carolus significhi “piccolo caro” e vivesse altrove.

Commenta la questione con “The conclusion is simple: far too much is ascribed to this one person. How much is true? […] let’s leave aside the written sources and consult the material evidence. Traduzione: “la conclusione è semplice: troppe cose sono attribuite a una singola persona. Quanto di questo è vero? Lasciate da parte i documenti e consultate le evidenze materiali”. Non si chiede perché lo si sia dipinto così, ma non essendo mai esistito un uomo simile lo mette nel faldone delle invenzioni anziché pensare a un imponente testimonial del II Bundesreich. Gli si presenta di fronte un impensabile periodo tutto scritto con documenti inventati e lungo almeno 200 anni, prima non ci  sono fonti originali ed è tutta leggenda, dopo arrivano i documenti e la storia vede anche i fatti concreti ovvero gli edifici e le città. La base del teorema è assolutamente concreta e credibile, ma da buon tedesco non può pensare che ci fosse un mondo reale fuori dal suo, immagina un “buco temporale” nello scrivere le date dopo il Mille e partorisce la sua tesi per cui, per non rivoluzionare mille anni di datazione fino all’Ottocento, scalando 200 anni, si sia deciso di riempire il vuoto con storie fasulle.

Non commento assolutamente la tesi, non è il mio campo, il paio di astrofisici che ho consultato sono scettici. Ovviamente, ho cercato un contatto per proporgli di esaminare la storia del Piceno Salico, dove molti dei toponimi che in Germania sono astratti qui hanno riscontri reali. Non è stato d’accordo, spiegandomi che era stato contattato dai “Carnevaliani” ma considerava le loro tesi inconsistenti come quelle dell’M.G.H. Lui Germanico io Italiano, non c’erano i presupposti per ulteriori lunghe e costose telefonate.

Aldilà dei dettagli, la constatazione fondamentale è che Illig ha ragione sul medioevo inventato IN GERMANIA, sbaglia a non considerare che una parte degli eventi storicizzata sia avvenuta qui, dove ci sono le prove fisiche e una gran quantità di documenti misinterpretati a causa del fenomeno politico del Negazionismo che analizzo e spiego nei miei libri. La storia non è solo bianca e nera, (Bad Aachen o Corridonia) è fatta di “cinquanta sfumature” di grigio. Le migliaia di toponimi tedeschi non sono tutti inventati, certo lo è una buona parte, ma siccome i Carolingi (fino al giuramento di Strasburgo) oltralpe ci andavano col loro padiglione da campo, perché i Merovingi e i baroni germanici erano pastori seminomadi, gli uni e gli altri non hanno lasciato nulla nei molti luoghi dove si incontravano per raccogliere i tributi, (un centinaio come ordine di grandezza) perché l’unica traccia archeologica sarebbero gli invisibili buchi dei pali delle tende e le ceneri del bivacco.

Tutti o quasi i siti italiani che dimostrerebbero che i Carolingi erano più qua che là, sono stati “germanizzati” o “francesizzati” dai filologi, sfruttando il fatto che la lingua dei Franchi carolingi è stata solo e sempre il Latino. Tradurre in tedesco un toponimo latino per assonanza è facile e qui da noi solo don Giovanni ha avanzato qualche timida ipotesi. Ma a esempio, secondo me il luogo di nascita di Pipino il Breve a Iopila (Annales Laurissenses, nominativo plurale di Iopilium ) non è Jupille in Belgio, ma i due Lupiju in maceratese, Elpidio Morico ed Elpidiuccio. La famosa “promissio carisiaca” di Pipino non è stata fatta a Quiertzy (che per adeguarsi all’assonanza ha cambiato all’indietro quattro volte il nome senza prove fino a Carisiacum) se  è “carisiaca” perché non metterla a Carisium, già accampamento romano oggi CARISIO (VC), così Gondulfi, dove si accampa il Franco per incontrare il Papa, è meglio a Gandolfo (poi Castel Gandolfo) piuttosto che a Gondreville. Quando si marita Enrico VI con Costanza, si sposano a Mediolanum e poi vanno a pranzo a Mogontiacum, che si vorrebbe Mainz (Nova Mogontiacum) anziché all’originale sito oggi Monza. Concludo con la questione che mi pose Illig su San Claudio: stare fermi in trincea per difendere la Cappella Palatina, toponimo mai presente sulle fonti, anziché la vera scoperta di Carnevale ovvero la Francia Picena, condanna la sua figura a non ricevere la considerazione che invece merita.

Medardo Arduino

13 aprile 2024

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