Un marchigiano rivoluzionario: Sisto V, fondatore dello Stato della Chiesa

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“Meglio un morto in casa che un marchigiano dietro la porta”. Butto là questa battuta per darmi un certo tono da pseudo intellettuale entrando, negli anni ‘80, nell’abitazione del professor Dante Cecchi, cui porto la tessera di una comune associazione. Lui ridendo e scherzando, mi spiega come sia nata questa diceria: Papa Sisto V si era circondato di molti collaboratori suoi amici, in gran parte marchigiani, addetti soprattutto alla riscossione dei tributi. “La colpa è di chi non era abituato a pagare, soprattutto i nobili, non dei marchigiani che si presentavano per esigere quanto dovuto!” ha concluso con la sua tipica risata il professore. Mi è tornato in mente questo ricordo quando ho pensato di fare alcune considerazioni sul personaggio che ha portato alla vera nascita dello Stato della Chiesa. Come capitava tra gli ascolani, sin da bambino ascoltavo mia madre raccontare delle leggende su Papa Sisto, i miei compagni di giochi ripetevano filastrocche sboccacciate su di lui, alle scuole medie il professor Amadio mi ha spiegato la sua vera storia: tutto ciò mi ha spinto, successivamente, a leggere numerosi libri riguardo questo personaggio, non adeguatamente considerato dalla storiografia nazionale.

 

La storia inizia in pieno territorio piceno…

Tanto per iniziare: Felice Peretti è nato a Grottammare o a Montalto? Mi hanno domandato in  molti  nel corso  del tempo. La madre era  di Frontillo, frazione di Pievebovigliana, oggi Valfornace (MC) e il padre di Montalto (AP) da dove nel 1521 la famiglia del futuro Papa, per motivi non ben chiariti, si trova a sfollare a Grottammare e lì Egli nasce pochi mesi dopo. Essendo tornati dopo qualche anno al luogo di origine, il Peretti si è sempre considerato di Montalto, tanto da prenderne poi il nome (Cardinal Montalto) e da elevare il suo paese a Città, Diocesi e Presidiato (piccola provincia cuscinetto tra Ascoli e Fermo). Il nostro personaggio, entrato nei Minori  Conventuali, si laurea  all’Università di Fermo.

 

Università fondata da Lotario I, nipote di Carlo Magno

Cristina Emidi afferma che questa università era stata fondata nell’825 da Lotario I nipote di Carlo Magno (si vedano: AA. VV., Convegno di studi, ed. D’Auria, 1994, p. 170; Rotary Fermo, Storia dell’antica Università di Fermo, Bologna, 1991, p. 51). Questa notizia è importante per vari motivi: mette in discussione la vulgata comune che vuole le università nascere dal basso da un’unione tra docenti e discenti; anticipa di alcuni secoli la comparsa di questi studi. Ma, ulteriore considerazione, qual è il motivo per cui l’imperatore Lotario fonda una tale struttura proprio in un territorio marginale del suo regno?

 

Grande predicatore e studioso

Felice Peretti non sarà soltanto un formidabile organizzatore e un decisionista: pochi sanno che è anche un grande predicatore e infatti costruisce la sua fama proprio su questo aspetto; poi, chiamato ovunque e venendo retribuito, da francescano e insieme appassionato intellettuale, spende i suoi soldi solo per acquistare libri. Diventato Vescovo di S. Agata dei Goti (BN) a 45 anni, distribuisce tutti i suoi 742 volumi tra alcuni istituti religiosi. Il valore della sua biblioteca era grande ma ancora più grande la sua cultura, in particolare la conoscenza di San Bonaventura, che da Papa aggiungerà ai quattro dottori della Chiesa.

 

Amico personale di Sant’Ignazio di Loyola

A 34 anni partecipa come teologo a una commissione del Concilio di Trento e, amico personale di Sant’Ignazio di Loyola, con lui condivide la necessità di una forte preparazione culturale del clero. Inquisitore Apostolico a Venezia, nel 1557 a causa della sua intransigenza subisce addirittura un attentato. Facendo parte della corrente più dura e antiluterana del collegio cardinalizio viene emarginato da Gregorio XIII, della parte dialogante, oltre che dai molti nemici che si è creato nel corso della vita per i suoi metodi spicci di operare. L’unico “uomo” politico che considera alla sua altezza è la regina Elisabetta I d’Inghilterra, con la quale cerca di ricomporre lo scisma, progetto però che gli riesce, in parte, solo con i Copti.

 

Cardinale a 49 anni e finto malaticcio

Pio V lo apprezza per tutte queste sue qualità e lo crea Cardinale a 49 anni; diventato Papa prenderà il nome di Sisto, in ricordo del primo francescano salito al soglio pontificio, e “V” perché uguale alla numerazione del suo mentore. Rimane famoso, anche se non confermato da documenti, il modo malaticcio con cui fingeva di andare in giro per Roma alla fine della vita del suo predecessore, finzione continuata anche all’apertura di quel conclave nel quale viene eletto perché considerato ormai un elemento non più innovativo e di rapido passaggio. Si narra che appena raggiunta la maggioranza, diventato Papa, scagliasse via il bastone con cui si sosteneva, riprendendo l’energia secca e decisa della giovinezza.

 

Forte desiderio di cambiare la Chiesa, intanto cambia Roma

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Beninteso, non cercava il potere per la propria soddisfazione, ma per il desiderio irrefrenabile di cambiare la Chiesa, sia in prospettiva spirituale che materiale. Roma contava allora soltanto 45.000 abitanti: 5 anni dopo, nel 1590, alla sua morte, ne conta 100.000. In questo breve periodo fa costruire 121 strade diritte e molte piazze, sventrando la città medievale, ridotta, prima del Mille, a poche migliaia di persone. Costruisce l’acquedotto Felice e molte fontane, restaura ponti e altre strutture; pur non avendo iniziato il Quirinale dà un forte impulso alla sua costruzione: sarà il primo Papa ad abitarvi e morirvi. Fonda la Tipografia Vaticana, ristruttura e potenzia la biblioteca, rifonda l’università di Roma, erige il palazzo del Laterano che evidentemente prima non c’era. Fa voltare, cioè costruire, la cupola di San Pietro in 18 mesi, imponendo agli operai di lavorare notte e giorno. Innalza molti obelischi compreso quello di piazza San Pietro e, prima dell’operazione, fa costruire una forca affinché tutti rispettino il silenzio indispensabile per la delicata sistemazione: non fa impiccare nessuno, però; anzi, ricompensa il marinaio che grida “acqua alle funi” quando queste cominciavano a surriscaldarsi. Porta il numero dei Cardinali a 70, ripristina e fa rigorosamente rispettare la visita dei Vescovi a Roma mentre crea 15 nuove congregazioni.

 

L’essenza della sua riorganizzazione è ancora oggi valida

La sua riorganizzazione della Chiesa rimane stabile fino al XX secolo e nella sua essenza è in vigore ancora oggi. Crea una commissione per rivedere e correggere la traduzione della  Bibbia ma, quando gli viene presentata la bozza nel 1588, insoddisfatto del lavoro, ne caccia il presidente e decide di fare da solo, lavorando di notte (pare soffrisse di insonnia). Non solo in 18 mesi la porta alle stampe ma, trovandola piena di errori tipografici, corregge personalmente anche le bozze, mentre, nel frattempo, emette una bolla con cui si scomunica chiunque usi altre traduzioni. Tuttavia solo Clemente VIII divulgherà la nuova Bibbia perché il Papa Tosto, o Duro, o Matto, o Turbine Consacrato, prima della stampa definitiva muore. Impone tasse  abolendo le prerogative locali ed estende questa sua autorità addirittura al Comune di Roma, di cui incamera i tributi e tutti i beni, accentrando così nelle sue mani tutte le finanze.

 

Lo Stato della Chiesa è formato

Arriva a formare per la prima volta un corpo di guardia e durante il suo pur breve pontificato riesce così veramente a formare lo Stato della Chiesa, grazie a un vertice di autorità all’interno e di prestigio in politica estera. Questa sua svolta decisiva e radicale si compie in un periodo storico e politico di incertezze e confusione. Negli ultimi secoli Comuni e Castelli sceglievano alleanze e schieramenti senza un vero coinvolgimento ideologico e la casta signorile, non sempre fedele alla scelta originaria, era pronta a frequenti e repentini cambi di campo per la tutela dei propri interessi. I pontefici che precedettero Sisto V nel XV e XVI secolo avevano provato a far diventare uno stato l’Italia centrale e, pur ottenendo risultati migliori dei Papi eletti prima e dopo il Mille, non riuscirono neanche loro, a esempio, a domare la Marca di Ancona, già definita “lunatica” nel XIII secolo. Il potere di questi Predecessori potrebbe essere considerato simile a quello del Consiglio di Sicurezza dell’Onu oggi: poco superiore a “nulla”. Quando nel ‘cosiddetto’ Stato della Chiesa abazie, conventi, diocesi, comuni, duchi, marchesi, ‘domini loci’coscienti di avere antenati illustri, erano soliti combattere tutti contro tutti, in un turbinio di alleanze, Sisto V è il primo a imporre la sua legge con la forza, su tutto lo Stato della Chiesa.

 

La Marche: mille anni di storia coperti con un lenzuolo

Nel tempo, quando arrivano gli storici post risorgimentali, anticlericali, non vanno a leggere i documenti con attenzione, si limitano a coprire con un lenzuolo mille anni di storia, esattamente con il lenzuolo della cartina dello Stato della Chiesa del 1860. Negli ultimi cento anni sembra che tutti abbiano preferito limitarsi a copiare i predecessori, ignorando il passato delle Marche, scrivendo pochissimo sul periodo medievale di Romagna, Umbria e Lazio. Gli editori dei libri scolastici sono tutti “Padani” e non hanno interesse a studiare l’Italia centrale, a eccezione della Toscana. Quest’anno però ho trovato tre testi di storia per le scuole superiori, curati da V. Castronovo, da G. Borgognone e da D. Carpanetto, che hanno avuto l’onestà di lasciare in bianco quello spazio che tradizionalmente corrispondeva allo Stato della Chiesa, l’Abruzzo e parte della Campania. Ricostruire a ritroso la nostra storia marchigiana sarà difficilissimo e impegnerà Veri Studiosi, con una pazienza da certosini, i quali dovranno ricreare una trama sottile e complicata come quella del ragno.

Albino Gobbi

23 settembre 2017

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