Aquisgrana in Germania o a San Claudio? Un altro tassello…  

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Ci imbattiamo, cercando notizie sulla città di “Colonia Claudia Ara Agrippinensium” nel “Giornale Dè Letterati Oltramontani Tomo n° 67 – tradotto dalla lingua francese” del 1728, dove si descrive in modo critico la dissertazione redatta da uno studioso di nome Eckart Giangiorgio, riguardante la identificazione di Aquisgrana in Aachen.

 

La stele del dio Apollo-Granno

Il pretesto è una iscrizione latina, incisa su una stele, ritrovata a Horbourg, comune francese vicino a Colmar, in Alsazia. Eccone il testo: Apollini Granno Mogovno Q. Licinius Trio D.S.D. Numerosi sono i ritrovamenti, soprattutto in Francia e Germania, di iscrizioni con soggetto il Dio Granno, e di questo si è occupato con un interessante articolo Marco Pugacioff nel suo blog, a marzo dello scorso anno, al quale rimandiamo per i dettagli.

Lo studioso Giangiorgio Eckart

Quello che ha colpito noi è questo passo, che trascriviamo: Il signore Eckart imprende a sviluppare quello ch’è di oscuro in due titoli dell’Iscrizione di Horburgo. Pretende dunque che Apollo Grannus Mogounus sia l’Apollo al quale sotto il nome di Grannus erano consacrati i Bagni sì rinomati di Aquisgranno, e sotto quello di Mogounus le Acque medicinali, o anche i Bagni caldi che sono ancora nel Territorio di Mogonza. Quanto ad Aquisgrano, due difficoltà, dice il Sig. Eckart hanno arrestato il sig. Moreau di Mantour dell’Accademia Reale delle Iscrizioni e delle belle Lettere, e gli hanno impedito di abbracciare questo sentimento. L’una, che le Iscrizioni esposte dal Grutero e dal Velsero, nelle quali Apollo ha il nome di Granno, o Grannio, sono state ritrovate in luoghi troppo lontani da questa città, e nella diocesi di Augusta: l’altra, ch’è difficile il formare Aquisgranum da Grannum, ch’è sopra que’ monumenti, perché non si vede che Aquisgrano abbia avuto questo nome Latino prima del X secolo, e non si legge appresso alcuno Storico avanti Reginone e Liutprando.

I “focaracci”

Lasciamo agli Storici le opportune verifiche e approfondimenti. A proposito del Dio Granno, con l’intenzione di rivendicarne la sua marchigianità, alleghiamo una illustrazione del XVIII secolo: rappresenta un fantoccio di frasche dove sono imprigionate delle persone, incendiate vive. È una forma di sacrificio umano che Cesare nel suo commentario della Guerra Gallica descrisse come parte integrante di tradizionali cerimonie pagane celtiche. Orbene, usanze di “focaracci” ne abbiamo? In tutta Italia ci sono tradizioni di fuochi, in varie date dell’anno, in occasione di ricorrenze religiose e non, ma in genere dedicati a santi ed effigi mariane varie. Se nelle Marche escludiamo i focaracci “della venuta” il 9 dicembre, che sono una istituzione recente (1618, per idea del frate cappuccino Tommaso da Ancona), rimangono ricorrenze più antiche, e destinate all’oblio, come quelle del Venerdì Santo e del 15 agosto. Retaggi di riti propiziatori per la fertilità, riti di purificazione…

Granno mio…

Non ne siamo a conoscenza, ma è possibile che questi fuochi fossero accompagnati da canti, come quello che ancora agli inizi del 1900 si usava recitare nella regione francese dell’Alvernia, mentre un fantoccio di covoni di grano veniva arso, con queste parole: Granno mo mio, Granno mo pouère, Granno mo mouère la cui traduzione è ancora incerta, ma il titolo è questo, piuttosto italianeggiante: Granno mio.

Simonetta Borgiani

22 gennaio 2019

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