Sanità marchigiana: cosa cambiare prima che sia troppo tardi

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In attesa che la magistratura completi l’opera appena iniziata sulla sanità marchigiana, con operazioni che vedono coinvolti decine di indagati tra politici, imprenditori e funzionari pubblici, vorremmo suggerire una riflessione.
Se accertati, questi episodi di malaffare riguarderebbero appalti per l’esternalizzazione di “servizi accessori” svolti nell’ambito delle strutture ospedaliere, lo stesso principio di esternalizzazione, ossia di affidamento al privato, che si sta applicando e si vorrebbe stabilizzare in modo organico e strutturale, anche nell’erogazione dei “servizi principali”, cioè delle prestazioni prettamente ospedaliere: mediche, terapiche, diagnostiche, infermieristiche, assistenziali…
Servizi che riguardano il soddisfacimento del bisogno primario di cure e del diritto fondamentale alla salute, e non meramente il soddisfacimento di bisogni secondari e “accessori” rispetto a esso.
Tutti coloro che, anche in buona fede, contribuiscono o hanno contribuito all’instaurazione in ambito di salute e sanità di meccanismi e logiche “aziendalistiche” e “clientelari”, nel senso della trasformazione del paziente in cliente e della conseguente totale, inevitabile, continuativa dipendenza di quest’ultimo da chi dovrebbe erogare un servizio di pubblica utilità e invece effettua una prestazione in cambio di un ricavo, porteranno sulla propria coscienza il peso di aver favorito l’indebolimento e lo smantellamento dello Stato di diritto.

In questo senso, a esempio, vanno inquadrati gli ospedali unici che non lasciano al paziente la libertà di scegliere come invece in passato, presso quale tra i diversi ospedali pubblici presenti sul territorio recarsi e su quale equipe di professionisti riporre fiducia. Aggravando così la pratica per cui per essere ben curati nell’ospedale pubblico occorre prima rivolgersi privatamente presso gli ambulatori privati dei professionisti (sempre meno in numero e quindi sempre più elitari) che in tale ospedale lavorano.
In questo senso, appunto, le esternalizzazioni dei servizi sanitari dove i pazienti lamentano spesso uno scarso orientamento alla soluzione definitiva del problema in favore piuttosto di terapie e cure dai percorsi graduali, continuativi, infiniti, alimentando il dubbio che l’obiettivo primario non sia tanto curare ma “trattenere” il paziente-cliente più a lungo possibile.
In questo senso anche le sperimentazioni gestionali sono giustificate pretestuosamente con l’incapacità economica, organizzativa e innovativa del pubblico, salvo poi riconoscere che la fonte erogatrice dei trasferimenti e dei rimborsi che ne consentono il sostentamento è sempre pubblica.
In questo senso inoltre, le cure, le prestazioni e i servizi in convenzione dove, con il pretesto dell’efficienza che sarebbe maggiormente garantita dal privato, il costo totale per lo Stato (ticket a carico del cittadino + rimborso pubblico all’ente privato erogatore del servizio) in realtà aumenta a dismisura.

Spezzare questi circuiti di potere, investimenti, amicizie e denaro. Tagliare (questi sì!!!) veri sprechi di denaro pubblico. Questo sarebbe davvero il cambiamento. Questo sarebbe rivoluzionario.

Il cambiamento da apportare

-Usare le risorse per riaprire gli ospedali pubblici
-Attivare e riattivare negli ospedali pubblici i reparti chiusi, le funzionalità e le specialità necessarie, il cui accesso sia garantito a tutti e la cui finalità essenziale sia il paziente e non il bilancio
-Formare e assumere nel pubblico personale medico specializzato che manca o che preferisce lavorare nel privato o che fugge all’estero.
-Limitare drasticamente le possibilità, gli ambiti e i meccanismi per i quali la sanità e tutto ciò che le ruota intorno, costituisce oggi uno dei più grandi “bottini” da spartirsi tra investitori e non.
-Restituire energie, dignità, risorse, qualità e slancio alla sanità pubblica perché incondizionato e libero da logiche di profitto deve essere lo spirito con cui ci si pone di fronte a un malato, un paziente, un cittadino bisognoso di cure, di terapie, di assistenza.

 

In Commissione Sanità non ci hanno voluto ascoltare

Questo e molto altro il Comitato Pro Ospedali Pubblici delle Marche avrebbe esposto in Commissione sanità nell’ambito della discussione sul piano socio sanitario regionale. Riflessioni di buon senso che nascono dell’ascolto profondo dei disagi dei cittadini e dalle testimonianze raccolte. Avremmo portato anche dati (certo!), analisi, grafici, tabelle piene di numeri, tanto cari ai nostri burocrati matematici, geometri, contabili… ma sempre partendo dall’esperienza, sempre partendo della centralità della persona, sempre partendo dall’inviolabilità dei diritti dell’individuo e del malato. Avremmo fatto e detto questo. E altro.
Ma hanno valutato di non volerci ascoltare. In compenso sono stati ricevuti molti di coloro che in quei circuiti di potere e in quelle reti di collaborazioni e conoscenze ci navigano continuativamente o ci si adagiano a capo chino.

Tutti coloro che con le proprie scelte, il proprio silenzio, la propria mediazione facilitano oggi ed hanno facilitato in questi anni l’instaurazione e il consolidamento di tali pratiche porteranno sulla propria coscienza il peso di aver contribuito allo smantellamento non solo della sanità pubblica ma dello Stato di diritto.

Beatrice Marinelli

20 luglio 2019

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