Scuola, istruzione e cultura sono la cartina di tornasole della crescita di un paese

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La scuola, l’istruzione, la cultura – non solo l’economia – sono la cartina di tornasole di chi vuole affrontare in modo moderno, riformista, europeo, la crescita di un paese: la dispersione scolastica, la mancanza – senza generalizzare – di una politica culturale che sappia legare il sud al nord, il degrado della conoscenza e del rispetto, dimostra i limiti non solo sociali dei ritardi di unificazione del Paese: è vero che non è il  Ministero della P.I che deve dettare l’agenda del cambiamento di un paese economicamente fortemente “affaticato”, ma qualche suggerimento, se si vuole, mi sembra possibile.  Questa è una delle responsabilità che attribuisco al Ministro dell’ Istruzione, cioè di non aver dotato i propri cittadini, tutti i suoi cittadini del diritto, delle armi critiche necessarie contro il populismo, il sovranismo, i vari padroni.

La seconda (l’istruzione è una questione delicata e il ministero dovrebbe misurare il livello di cultura esistente nel Paese) è il che il Ministero P.I è diventato un diplomificio, un lettore, un interprete di graduatorie, di precari, complici i troppi e qualche volta inesistenti sindacati di categoria: la verità è che l’istruzione si è trasformata in una questione burocratica, una riserva di occupazione a basso costo e a orario limitato, invece di contribuire a essere il volano, il motore dello sviluppo di un paese che vuole contare di più in Europa e nel mondo e guarda al futuro, ai suoi giovani.

Molti studenti (anche se nell’Ocse, tra i paesi di vecchia e nuova  industrializzazione, siamo tra gli ultimi per livello di istruzione) escono ben preparati dalle nostre scuole e atenei, ma sono obbligati a chiedere lavoro all’estero, perché in Italia non si trova occupazione. I Ministeri dell’istruzione, dell’università e ricerca (l’università ci deve spiegare perché sono a numero chiuso le facoltà mediche delle cui professionalità ne ha bisogno il paese: nessuna istituzione può “interpretare” le libertà sancite dalla Costituzione repubblicana), fanno troppo poco per incentivare la scuola-lavoro, l’innovazione, la ricerca applicata, la formazione vera e continua, per sostenere nuove imprese, nuova occupazione (è importante sporcarsi le mani con l’abbandono scolastico e il rapporto tra chi non studia e non lavora, non solo leggere importanti relazioni).

L’uguaglianza è in partenza ma senza meritocrazia, impegno, non c’è sviluppo, allora si rischia di aprire scuole, ma dividere in vari mondi l’Italia tra cultura, istruzione, informazione. I Ministeri uniti devono incentivare le nuove tecnologie, che non servono solo per migliorare il remoto ma per far fare all’Italia un salto di qualità.

Si sono chiuse tante scuole, specialmente in montagna per motivi quasi sempre economici, e nessuno si è mai preoccupato che in quei territori si creava un deserto culturale: un’idea potrebbe essere quella di sostituire le scuole chiuse con centri di cultura permanenti e di formazione permanente, senza rischiare l’analfabetismo di ritorno.

L’istruzione, che non dovrebbe essere solo un rapporto tra docenti e discenti, è importante per il cittadino e non solo per i genitori per un tempo limitato: il Ministero della P.I. deve rivedere i “decreti delegati” eliminando i problemi esistenti tra genitori e insegnanti, secondo il principio della partecipazione.

Per raggiungere gli obbiettivi si devono avere nuove e maggiori risorse, idee, insegnanti (si parla tanto, per coprire i posti vuoti, di assunzione di studenti non laureati): fate fare questo lavoro ai Presidi che conoscono il territorio e rafforzano la loro autonomia, e poi puntiamo tutto sulla “ripresa” della scuola!                                                                          

Giulio Lattanzi

27settembre 2020

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