Il bombardamento di Ancona polverizzò una miriade di reperti archeologici?

Le sparizioni picene sono state talmente tante da farci un museo, e pure di più! Dall’inventario di fine ‘900, al riscontro del 1961, al riscontro del 2008 fu una strage!

“Giambattista Compagnoni Natali, nato a Montegiorgio (1843- 1920), fu archeologo, grande appassionato di cultura locale e Sindaco della sua città. Fu sua l’opera di riorganizzazione del patrimonio delle pergamene e documenti del Comune di Montegiorgio, di cui lasciò un dettagliato resoconto. Pioniere della ricerca e conservazione e studio degli oggetti antichi rinvenuti nel territorio comunale e nei paesi limitrofi, riuscì ad allestire un Museo di notevoli reperti archeologici. Purtroppo, a seguito di sfortunati eventi finanziari, Giambattista si vide costretto a vendere la sua collezione, che fu dispersa nei Musei archeologici sparsi tra Roma, Bologna, Ancona, e al Museo preistorico della Università di Jena, in Germania. Scrisse varie pubblicazioni, tra cui testi riguardanti l’antica Grecia, ‘La Leggenda della Lupa di Roma’ e pure ‘La biga di Monteleone di Cascia’, oltre a numerosi saggi su diverse tematiche storiche” (tratto da “Montegiorgio nella storia e nell’arte” a cura di Mario Liberati).

Materiale poco considerato – Come avete letto i suoi rinvenimenti, migliaia e migliaia di pezzi, sono andati sparsi per i musei d’Italia e pure in Germania. In quella epoca il materiale piceno e pre piceno era poco considerato, tanto che lo stock finito a Jena venne rifiutato in Italia. A quei tempi quel materiale non valeva un tubo, per la solita ignoranza sparsa a piene mani tra Ministeri e Sovrintendenze. A quei tempi… perché, poi, qualcuno, o molti, cambiò o cambiarono idea.

Il bombardamento di Ancona – Durante l’ultima guerra mondiale la città di Ancona subì i bombardamenti americani negli anni 1943/1944 e ci andò di mezzo anche il Museo. Ci furono 2.782 vittime e danni ingentissimi ad abitazioni e a strutture strategiche (porto e stazione ferroviaria). A qualche anno dal disastro, siamo negli anni ’50, inventario in mano si passò a fare un riscontro di quanto era andato perso/distrutto nel Museo e il controllo terminò nel 1961.

Una strage… archeologica – Fu una vera a propria strage archeologica: era andato perduto quasi tutto! Come se le bombe fossero già “intelligenti” in modo da andare a colpire, disintegrandoli, raschiatoi, punte di lancia in ferro, fibule in bronzo, armille, spade in ferro, pendagli, vasi, torques, elmi. E ci fermiamo qui nella elencazione degli oggetti. Rispetto all’inventario erano andati perduti migliaia di reperti: una disgraziata debacle culturale!  Un altro inventario fu redatto nel 2008. Tra il 1961 e il 2008, scossette di terremoto a parte e vari smottamenti, in Ancona non si ebbero eventi bellici. Però la città, evidentemente, ancora risentiva degli effetti dei passati bombardamenti, non su case e persone ma sui reperti “custoditi” nel Museo. Infatti sulla modesta rimanenza di reperti scampati al bombardamento (e al successivo saccheggio?) nel secondo riscontro molti mancarono all’appello: dove erano fuggiti, forse per la paura di nuove bombe? Nessun lo sa. Qualche esempio? Eccoli…

n° inventario 14323 – sei strumenti su larga lama di selce: raschiatoi lunghi cm 5,5 (1 nel 1961- zero nel 2008).

n° inventario 14325 – sedici strumenti su lama sottile di selce: cuspidi, coltelli, raschiatoi lunghezza cm da 7,2 a 4,5 (1 coltello nel 1961 – zero nel 2008);

n° inventario 16638 – 43 pendaglietti di ambra (6 nel 1961 – zero nel 2008);

n° inventario 16640 – 12 anelli di bronzo (6 nel 1961 – zero nel 2008);

n° inventario 16657 – 10 pendagli in bronzo costituiti da animali bicipiti a lunghe corna: capre o buoi (6 nel 1961 – 2 nel 2008);

n° inventario 16664 – 16 staffe di fibule di diversa grandezza in bronzo (7 nel 1961 – zero nel 2008);

n° inventario 16786 – 3 punte di freccia o lancia in ferro lunghezza cm 22, 16 e 10 (1 da cm 16 nel 1961 – zero nel 2008)

n° inventario 16997 – torques in bronzo terminante a ganci con due grossi pomi, diametro cm 17 (zero nel 1961 e zero nel 2008: distrutto dalle bombe? Mah!);

n° inventario 17062 – elmo conico senza falda, in bronzo, con doppia fila di fori per fissare la cresta, diametro cm 26×23, alt. cm 23,5 (zero nel 1961 – zero nel 2008: distrutto dalle bombe? Arimah!);

n° inventario 16739 – grande pendaglio pettorale formato da piastra trapezoidale con i due lati lunghi curvi; la piastra è in ferro con i bordi orlati di bronzo e con tre grosse borchie pure di bronzo da cui pendono dodici catenelle, di cui sei più lunghe, terminanti con pendagli a batacchio in bronzo e sei più corte con pendagli in ferro. Ai due lati due pendagli di spirali di bronzo con intersecate cinque palline per ciascuno pure in bronzo. Lunghezza cm 50, largh. cm 11,5. (zero nel 1961 – zero nel 2008… ve pòzza èsse ghjti tutti li sòrdi in midicine!).

I “venditori di souvenir” – Questi sono solo alcuni esempi, ripetiamo, di migliaia di pezzi ormai andati perduti. Perché ci siamo impegnati a ricercare questi documenti e a parzialmente pubblicarli? Perché siamo convinti assertori che i reperti risultanti dagli scavi devono rimanere sul territorio di provenienza, esposti al pubblico, in modo da realizzare quel museo diffuso di cui tanto si parla ma nella realtà poco esiste. Invece finiscono prima nei sotterranei dei grandi musei poi, quando si vanno a fare gl’inventari, si scopre che sono andati a finire non si sa dove. I Piceni avevano reso grande il nostro territorio e potrebbero ancora continuare a farlo se non ci fossero i “venditori di souvenir” e se la storia di questo popolo fosse studiata con maggiore interesse e più cura. Noi lo stiamo facendo e aspettiamo che si sveglino le Università, la Regione, i Comuni…

Fernando Pallocchini

16 ottobre 2020

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