Loro Piceno, un castello solo antico, cioè medievale, oppure di origini antichissime?

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Sono anni che assillo quanti hanno la sfortuna di essermi amici. A tutti racconto che sulla parete Ovest del castello Brunforte di Loro Piceno il rivestimento in mattoni spesso è interrotto. Da quelle interruzioni affiorano, prepotenti, grandi pietre non squadrate e non omogenee. Mostravo le foto cercando riscontro alla mia ipotesi che non tutti i castelli del piceno siano stati costruiti solo dal medioevo in poi. Sono convinto che, se si scavasse sotto i mattoni delle numerose “acropoli” dei piccoli centri marchigiani, le sorprese non sarebbero rare. Forse mi hanno nociuto le numerose ricerche sulle civiltà italiche preromane: gli antichi Piceni (Aborigeni) sono a lungo convissuti e combattuto (da alleati) con i Pelasgi; almeno da 80 anni prima della guerra di Troia, come sostiene Dionigi di Alicarnasso… Le mura megalitiche (o poligonali), in origine, erano dette pelasgiche. Non ci sarebbe niente di strano se quella tecnica costruttiva abbia qualche riscontro nelle Marche, anche se si può disquisire sulla raffinatezza delle maestranze.

Nel territorio di Loro sono numerosi i siti con pietre simili a quelle che sono visibile sulle mura. Ho cercato, a lungo e inutilmente, riscontri storici alla mia ipotesi. La prova era negli uffici del mio comune di nascita.  Nel gennaio 2020 la professoressa Francesca Farroni rinviene un documento che sollecita la sua attenzione: era l’antica copia della trascrizione del testo inciso sulla lamina in piombo che per secoli doveva essere stata apposta sulle mura del castello di Loro Piceno. Dall’ampia documentazione storica esistente (compreso il recente “Dai piceni ai primordi della società feudale di Arnaldo Sancricca e Francesca Farroni- Edizioni Simple 2020”) è noto che quella lapide “fu dissotterrata l’anno 1309, nella demolizione di un vecchio muro della rocca di Loro P.” (da Mons. Giovanni Cicconi), la lapide fu donata (nel1542?) al cardinal Rodolfo Pio di Carpi, dopo averne riportato il testo originale sul supporto cartaceo conservato nel Comune di Loro Piceno.

Lapide Valerius Aruntius

Nota 1 – “fu dissotterrata l’anno 1309” va inteso come crollo spontaneo dell’opera realizzata da Arunzio. Anche le mura antiche dopo 13 secoli hanno diritto di invecchiare. Se si fosse trattato di semplice manutenzione tecnica, la lapide sarebbe stata asportata prima della demolizione. Il testo della lapide – da Francesca Farroni.

Trascrizione – VALERIUS ARUNTIUS CIV.  ROM. IN / EXILIUM RELEGATUS AUGUSTO / IMPERANTE VETUSTUM CASTRUM / LORI EDACE TEMPORI LABEFACTATUM / P. BELLE RESTAURAVIT ET / MURUM HUNC P.PRIO AERE A FUNDA-// MENTIS EREXIT – LINUS ARMENUS EIUS ASSECLA IN POSTER.. // MENORIAM POSUIT.

Traduzione – Valerio Arunzio, cittadino romano, (fu qui) relegato in esilio (domicilio coatto?) quando Augusto era imperatore, restaurò egregiamente, il vetusto (vecchissimo) castello di Loro, collabente a causa del tempo che distrugge. E, a proprie spese, eresse questo muro, dalle fondamenta. – Lino Armeno, suo seguace, pose (questa lapide) a perpetua memoria.

Evidentemente l’iscrizione e la collocazione della lapide fu opera di Lino Armeno, per iniziativa privata o in seguito al decesso di Valerio Arunzio. Lino Armeno si definisce “EIUS ASSECLA”. Assecla ha vari significati: seguace, seguitore, guardia del corpo, cortigiano, corteggiatore per professione e/o nella speranza di prebende, e si potrebbe anche riferire a uomo di fiducia o seguace di una gerarchia religiosa (forse è il caso di Lino).

Arunzio – La lunga ricerca di Valerio Arunzio non è stata fruttuosa; nessun Valerio:

1 – Vaticano Descritto e Illustrato (Pistolesi 1829) a pagina 158 “Monumento Marmoreo Degli Arvali… i Arvali fanno (voti) a Giove, a Giunone, a Minerva e alla Dea della Salute (tra i partecipanti cita) … Arunzio Catellio Celer”;

2 – Panlessico Italiano Della Lingua 1839: 1) ARÙNTE: sm. Aruns, Aruntius. Figlio di Tarquinio il superbo più noto sotto il nome di Aronzio. Sin. Aronzio, Arunzio. 2) ARÙNZIO: vedi Arunte;

3 – Inscriptiones Aemiliae Etrvriae Vmbriae Mcmxxv: “Nomina Virorum et Mulierum” vengono citati ben 26 Aruntio, Arruntio, Aruntia ecc.. ma nessun Valerio. Non disponendo dell’opera intera ho dovuto desistere dall’approfondire. In Emilia, Umbria ed Etruria ifratelli  Arvali erano molto diffusi: vedi Panfilo Serafini Degli Abruzzesi Primitivi 1847: “l’agrofilismo predomina certamente nelle tavole Eugubine, massime pel collegio dei Fratelli Atiersi: Marte Pico o Gradivo dei Romani sembra identico a Mars Piquier o Grabovie (cambia b con d ) delle Tavole Eugubine: i Fratelli Arvali dei Romani e gli Atiersi nominati nelle Tavole Eugubine sono ancora identici; finalmente par che l’espressione di Agre Tlatie Piquier Marier ci dia l’agro del Latio o latino di Marte Pico”.

Augusto – Gaio Giulio Cesare Ottaviano, alla fine del Triunvirato, fu ufficialmente chiamato “Imperatore Caesar Augustus” e imperò dal 16 gennaio 27 a.C. al 19 agosto 14 d.C.; per ben 43 anni e 7 mesi. In “De Obelisco Cæsaris Augusti… Angelo Maria Bandinio – Roma1750” si afferma che “Augusto fu nominato Pontefice Massimo fin dall’anno di Roma DCCVII” (45 a.C.), ma ne esercitò le funzioni solo dal 12 a.C. “quando morì Lepido, che occupava una tal dignità”. In forza pure di questa carica Augusto riformò anche i Fratelli Arvali, sacerdoti addetti al culto della dea Dia: divinità protettrice della fertilità della terra. I dodici membri apicali erano scelti (cooptati) tra gli appartenenti alla classe senatoria. Doveva quindi trattarsi di una plutocrazia agraria, non molto dissimile dai Salii (Plutocrazia urbano-militare). Notare che gli Arvali, come i Sali, nei loro carmina, in lingua arcaica, invocavano pure Marte e i Larii: Dio e semidei dei Salii (Piceni). Come riportato anche da Imperium Romanum, gli Arvali erano sacerdoti ufficiali, stipendiati dallo stato. In caso di inattività, godevano un vitalizio che “non perdevano neppure in caso di esilio, né a causa di una qualsiasi condanna, e neppure se cadeva prigioniero di un nemico”. Non è dato sapere, ma non si può nemmeno escludere, che Arunzio sia stato vittima della riforma dei Fratelli Arvali; in caso affermativo la presenza di Valerio a Loro Piceno deve essere collocata tra il 12 a.C. e il 14 d.C. In quegli anni, questo paese ricco di acque potabili, di sorgenti di acque minerali, per i suoi 436 mdi altitudine, per la sua orografia, per la presenza del Castrum (forse anche di altre costruzioni stabili) e per la posizione strategica doveva essere noto anche ad Augusto. Sembra utile ricordare che “Urbisaglia sorta intorno al sec. I a.C., …raggiunse il suo massimo splendore nella II metà del II sec. d.C; (da siti di Urbs Salvia) vanta numerosi reperti ed edifici che fanno riferimento ad Augusto e al suo tempo.

Osservazioni sul testo della lapide – I romani ricchi (non avendo paradisi fiscali) cacciavano dalle loro tasche i propri sesterzi per costruire edifici pubblici, templi, statue, acquedotti, strade, per offrire alimenti, banchetti e giochi nel circo… e l’opera era ricordata ai posteri con una lapide. Queste operazioni, di “carità” più o meno pelosa, dal 1932 sono dette evergetismo: brutto neologismo di origine francese che ha fatto dimenticare “elargizioni” e “munificenze” con le quali i politici e i nobili romani gratificavano la plebe. Loro Piceno, ai tempi di Augusto possedeva un castello già Vetustum e non solo vetulum o annosum (vecchio). Nei tempi antichi le leggi erano chiare e venivano rapidamente applicate. Forse anche nell’antico Piceno, grazie alle correnti superficiali dell’Adriatico, doveva essere in vigore qualcosa di simile al Codice di Hammurabi (Re babilonese dal 1792 al 1750 a.C.); da esso riportiamo alcuni articoli sull’edilizia:

“228 – Qualora un costruttore costruisca una casa e la completi, gli si darà in compenso due shekels per ogni sar di superficie;

229 – Qualora…, la casa cada e uccida il proprietario, allora quel costruttore sarà messo a morte;

230 – Qualora… uccida il figlio del proprietario, il figlio di quel costruttore sarà messo a morte”.

E le costruzioni resistevano per millenni al vento, alle intemperie e ai terremoti! A questa regola si deve essere adeguato anche il “Vetustum Castrum”.

Conclusione: i dubbi restano.

1 – Quanti secoli prima di Augusto fu costruito il “Vetustum Castrum” di Loro Piceno?

2 – Le grandi pietre che affiorano sono opera di Arunzio o dei Pelasgi?

3 – “La fonte per tutti” e la costruzione in contrada Bagnere sono coeve alla ristrutturazione del Castrum?

4 – Arunzio spese miliardi per la collettività; possibile che non gli siano rimasti pochi sesterzi per costruirsi una piccola villa, nei pressi di una sorgente benefica?

Ai posteri l’ardua sentenza e speriamo di ricordarla.

Nazzareno Graziosi

26 febbraio 2021

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