Mensa dei poveri oggi e ieri, quando a Corridonia una famiglia li ospitava di sabato

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Quasi ogni giorno giornali e tiggì ci mostrano file di persone che aspettano il turno per avere almeno un pasto al giorno. Un fenomeno così massiccio non si vedeva dal dopoguerra.

Al mio paese, Corridonia, a casa Bravetti, oggi hotel Camerlengo, subito dopo la guerra, ogni sabato a pranzo mia madre e le altre donne della famiglia, preparavano il pranzo per i poveri. Dietro la porta posta a sinistra del portone d’ingresso c’era un grande magazzeno, al centro del quale si allestiva il tavolo che veniva apparecchiato per ospitare, mi raccontava mia madre, io ero troppo piccolo per ricordare, da venti a trenta persone: erano i poveri del paese.

Nonna Tullia dirigeva il tutto e i “convitati” venivano serviti di tutto punto dall’antipasto al dolce sino alla conclusione di allora che non era il caffè ma una tazza di orzo corretto al mistrà. Era un appuntamento importante che si rinnovava ogni sabato.

A mamma, a fine racconto, dicevo sempre: “Sì, va bene, questo è molto bello ma la famiglia aveva vari terreni e per voi, coi prodotti della campagna, non era un grande sforzo dare da mangiare a trenta persone… però costoro facevano un solo pasto a settimana!”

Lei, mi accarezzava dolcemente, lo faceva spesso ringraziando Dio, poi mi diceva: “Vedi Cesare durante la settimana loro, un po’ arrangiandosi un po’ chiedendo la carità, un po’ con l’aiuto di gente buona, riuscivano a rimediare qualcosa da mangiare tutti i giorni. Il sabato però, intorno alla tavola apparecchiata, nelle due ore che ci passavano, non erano più i poveri del paese ma si sentivano, per un po’, persone normali, sedute a tavola come tutte le altre. Il pasto che noi servivamo nutriva sì i corpi ma, per un po’, nutriva anche l’umore di quella gente che in quell’occasione, per un paio d’ore, smetteva di vivere da poveri e chiacchierando e scherzando, con le battute di qualcuno di loro più mattacchione, divenivano persone normali. Noi ce lo potevamo permettere e non era un grande sforzo, né economico né materiale, per loro era un momento prezioso da vivere in amicizia e da ricordare!”

Il vederli a fine pasto, sereni e sorridenti, sazi e soddisfatti, ricevere i loro ringraziamenti era un dono di gran valore!” Oggi vedere le lunghe file di persone che aspettano un pasto mi ha ricordato come per i miei aiutare gli altri fosse non solo un dovere ma anche un vero piacere e questa è una delle tante lezioni di vita che mamma e nonna mi hanno dato, non con le parole ma con i fatti.

Cesare Angeletti (Cisirino)

14 maggio 2021  

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