Era in vigore, tempo fa, il riciclaggio… totale e tutto si utilizzava fino alla fine

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Oggi molte città, soprattutto le più grandi, hanno grossi problemi per liberarsi della massa dei rifiuti prodotta dai cittadini. I nostri nonni no. Loro non avevano involucri vari di plastica o di carta perché quasi tutto era a chilometro zero in quanto usavano, per la quasi totalità, cose da loro stessi prodotte.

Il riciclo a tavola – Per loro poi riciclare era una abitudine radicata. Un pezzo di pane caduto a terra, se in posto pulito, era recuperato, nettato e poi rimesso a tavola, se si era sporcato era ridotto in pezzetti e messo nel mangime dei cani o dei maiali. In alcune case, dove le famiglie erano meno numerose, il pane si faceva ogni quindici giorni, allora qualche “piccia” (così si chiamava la pagnotta) poteva diventare dura. La buttavano via? No era usata per fare il pancotto, la panzanella oppure la bruschetta, quindi… recuperata. In qualche fila poteva farsi un po’ di muffa ma anche in questo caso non veniva buttata ma si raschiava con la parte non tagliente del coltello, poi si trattava con un goccio d’olio di oliva ed era pronta per la tavola.

Il riciclo degli abiti – A quei tempi non si seguiva la moda e gli abiti venivano indossati a lungo per cui se un vestito a colori usato a lungo si era sbiadito non era gettato ma, utilizzando delle erbe, veniva tinto di nero perché, comunque, sarebbe servito in quanto in famiglia il lutto per un parente morto si portava per un anno. Se invece fosse stato liso sarebbe diventato, tagliato opportunamente, uno straccio per spolverare e poi, come ultima risorsa, sarebbe stato usato come strofinaccio per i pavimenti.

Utilizzo della lana – La lana, ottenuta col baratto (si cercava di comprare il meno possibile, facendo scambi), era adoperata per fare un maglione da uomo poi, quando l’uso rovinava prima i gomiti e poi altre parti, questo veniva disfatto e ci si faceva una maglia per uno più piccolo, per un ragazzino. Quando la lana era poca per fare una maglia ci si facevano i famosi quadratini che poi venivano uniti a formare coperte o scialli. Chi li ricorda, questi ultimi, sulle spalle delle nostre nonne? Ma la lana rovinata e non più lavorabile con i ferri o all’uncinetto era butta via? Assolutamente no! Veniva cardata e utilizzata per imbottire i cuscini.

Il riciclo in cucina – In cucina anche le “capature” delle verdure non erano gettate ma, fatte a pezzetti, diventavano il cibo per i polli, le oche, i tacchini e i conigli. La pasta era acquistata sciolta (sfusa) e portata a casa in coni fatti con la carta zucchero e poi messa in un cassetto. È ovvio che, spesso, restavano dei pezzetti le cosiddette “stricature”; anche queste non si gettavano ma servivano per fare “la pasta e fascioli” e quindi recuperate. Pure il rivenditore che teneva i vari tipi di pasta nei cassetti, quelli con il vetro davanti, nel prenderla con la sessola creava “stricature”… ebbene anche lui le raccoglieva e poi le vendeva, a un costo minore, a chi ne faceva richiesta per risparmiare o perché  gli piaceva mangiare quel particolare piatto. La mia suocera, bravissima persona, amava, mettendo insieme i vari tipi di pasta rimasti in piccole quantità e non cucinabili singolarmente, fare spesso quel piatto che devo dire era veramente gustoso. Ora smetto ma spero di essere riuscito a farvi capire come quello che facevano le nostre nonne era davvero un Riciclaggio con la erre maiuscola!

Cesare Angeletti alias Cisirino

1 agosto 2021

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