E’ battaglia contro gli studiosi tedeschi sull’architettura carolingia di San Claudio

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Nella prima parte dell’articolo ‘L’architettura carolingia di San Claudio’ ho messo in evidenza il fatto che H. Sahler ha sì affermato che la struttura di San Claudio al Chienti è di stile carolingio ma pure che non è stato fatto costruire da Carlo Magno.

Tanti NO e un NI – Arrivata nelle Marche subito dopo che nel 1992 il prof. Giovanni Carnevale aveva pubblicato sul giornale della provincia di Macerata un inserto dal titolo “San Claudio capitale Carolingia”, la studiosa tedesca ha affermato che San Claudio è stata costruita tra il 1010 e il 1040. Ha forse trovato documenti che attestano tale data? NO! Ha paragonato la sua struttura con l’edificio che un gruppo di intellettuali tedeschi afferma trovarsi nella città di Aachen? NO! Ha paragonato la pianta quadrata di San Claudio con una simile struttura a scacchiera che si trova vicino Gerico a Kirbet al Mafjar? NO! Ha paragonato la cupola chiusa a spirale del frigidarium del palazzo Hisham di Kirbet al Mafjar con la simile cupola chiusa a spirale della chiesa di San Giusto in San Maroto di Valfornace (MC)? NO! Ha paragonato la chiesa doppia di Santa Maria Maggiore di Siponto (FG) con San Claudio? NO! Ha paragonato le piante di Germigny-des-Près e di S. Claudio? NI.

Il paragone mancato – In effetti ha incluso la chiesa francese tra le sue 277 fotografie ma quando ne parla non solo inserisce quattro errori in sette righe ma, per non approfondire l’argomento e distrarre il lettore, presenta questa chiesa in due parti diverse del suo libro su San Claudio e dopo tre pagine aggiunge che Teodolfo, intimo confidente di Carlo Magno, costruisce a Germigny-des- Prés: “Una splendida villa con una cappella dedicata a San Salvatore. Pianta e prospetto del quadrato con i quattro sostegni centrali sono caratterizzati dalla croce greca iscritta… L’omogeneo compenetrarsi di quadrato e tetraconco – diversamente di quanto avviene in San Satiro a Milano – dona alla chiesa a pianta centrale il carattere di una sala.”

Absidi e pianta centrale – Pur dicendo che è una chiesa a sala, come afferma essere anche San Claudio, ripete uno degli errori precedentemente fatti, quando dice che è un tetraconco (quattro absidi): in verità la pianta di Germigny-des- Prés di absidi non ne ha quattro bensì cinque. Inoltre, sempre per sviare gli studiosi, parla genericamente di pianta centrale (ma tutto è a pianta centrale: quadrati, rettangoli, ottagoni, pentagoni, cerchi).

La villa fantasma – H. Sahler che mette ben 971 note si guarda bene dal citare dove ha attinto l’informazione sulla splendida villa: tira là questa notizia con nonchalance, per mettere in evidenza che è splendida la villa e non la chiesa. Questa villa è stata trovata? Sono stati fatti scavi per la villa in Francia? Per quale motivo i francesi, abituati a valorizzare qualunque opera e monumento, non parlano di questa splendida villa? Anche questa è stata distrutta durante la rivoluzione francese, comprese le fondamenta? Come mai i rivoluzionari, notoriamente atei, hanno lasciato la chiesa e distrutto dalle fondamenta la villa?

Un quadrato fantasma – La Sahler afferma che le “chiese marchigiane del gruppo”(San Claudio, San Vittore alle Chiuse, Santa Croce dei Conti, Santa Maria delle Moje) hanno imitato il sacello di San Satiro a Milano e scrive: “Il quadrato con i quattro sostegni è l’elemento caratteristico della pianta di San Satiro”costruita nell’876. Per vedere un quadrato nella pianta di San Satiro bisogna osservarla a lungo e concentrarsi moltissimo; infine riesce a vedere un quadrato solo chi ha molta fantasia ma la Sahler afferma che questo è l’elemento caratteristico mentre lei stessa, scrivendo di San Claudio, minimizza l’evidentissimo quadrato, mascherandolo tra altre caratteristiche. Scrive infatti:“Le più rilevanti caratteristiche della pianta e della sezione di S. Claudio al Chienti si individuano: 1 nelle absidi che sono addossate al quadrato base non solo sul lato est, ma anche sui fianchi nord e sud; 2 nell’articolazione del quadrato base per mezzo di quattro pilastri; 3 nella costruzione a due piani”.

Cerchio o quadrato? – Mentre in tutto il libro cerca di dimostrare che il modello delle chiese marchigiane del gruppo non proviene dal mondo bizantino ma dalla Lombardia e dal nord delle Alpi, la studiosa arriva a scrivere che il modello di San Satiro è di tipo bizantino e, infatti, sostiene: “La chiesa si avvicina, specialmente all’interno, alla tipologia della chiesa bizantina di una Kreuzkuppelkirche (ndr: ‘chiesa a croce greca iscritta sormontata da una cupola’)”. Basta dare uno sguardo alla pianta di San Satiro per vedere che all’esterno somiglia più a un cerchio che a un quadrato, mentre all’interno  si riesce a vedere un quadrato solo utilizzando la fantasia. Quindi la stessa Sahler si contraddice palesemente perché ammette che gli edifici marchigiani imitano San Satiro, che a sua volta imita il mondo bizantino.

San Satiro

San Giustino Umbro – Buratti Mazzotta afferma che nel 1939 sono stati trovati in questa chiesa, detta anche Cappella della Pietà, frammenti di affreschi di epoca carolingia dal IX al XII sec. La Sahler non ne parla: ma è possibile che alla brava studiosa sia sfuggito questo particolare degli affreschi carolingi? Mette, però, molto in risalto la chiesa di San Giustino Umbro al confine con la Toscana e in nota afferma: “Potremmo convenire con il Martelli nel datare la chiesa al IX secolo”. Oltre a dire che non è chiaro se ha 4 pilastri ma che ha le absidi a ferro di cavallo, non spiega il motivo per il quale San Giustino sarebbe del IX secolo mentre le pur vicine chiese marchigiane sarebbero dell’XI secolo.

Altra figura geometrica: il rombo – “Intorno al Mille la chiesa a croce greca iscritta che attinge ai modelli carolingi vive una rinascita” afferma la Sahler e porta a esempio il battistero di San Giovanni a Galliano che è sì un edificio doppio ma non quadrato, non ha gli angoli e basta guardare la pianta per capire che assomiglia a un rombo. Nel pianterreno ha l’entrata dalla parte di una delle quattro absidi (ricordiamoci sempre che San Claudio ne ha cinque): con la solita fantasia usata per S. Satiro, possiamo vedere, sforzandoci molto, un quadrato tra i quattro pilastri; nel piano superiore, con due sole absidi si trova una tribuna quadrata che aiuta molto la nostra fantasia nel vedere come quadrato un evidentissimo rombo, che si avvicina a un cerchio. Non potendo inserire per evidenti motivi tutte le immagini che si trovano in rete, invito chiunque a cercare nel web la differenza tra il quadrato di S. Claudio e il rombo quasi circolare di Galliano a Cantù.

San Giovanni a Galliano

C’è anche il rettangolo – Un’altra chiesa, portata come esempio di costruzione immediatamente precedente a San Claudio, è la cappella vescovile di Como. Galliano e Como avrebbero in comune, oltre alla cappella doppia e alla croce greca iscritta in un quadrato, anche il tetraconco: in effetti lì il tetraconco c’è ma a San Claudio no, dato che appunto ha non quattro ma cinque absidi. E questi due sarebbero gli edifici che avrebbero fatto da modello a San Claudio, mentre viene minimizzata la similitudine dirompente con San Salvatore a Germigny-des- Prés sulla Loira in Francia? Perché? Altra chiesa da cui, secondo la studiosa, deriverebbe San Claudio, è Santa Maria foris Portas a Castelseprio, in provincia di Varese, di cui ovviamente non mette la pianta ma la sezione isometrica: forse per non far vedere, troppo palesemente, che è un rettangolo e non un quadrato; che ha solo tre absidi, non cinque (una a est, una a nord, una a sud) e che addirittura le absidi esposte nord e a sud sono state ricostruite negli anni ’40 del secolo scorso. E ancora Castelseprio non ha i quattro pilastri al centro e quindi è diversissima dal gruppo delle chiese marchigiane il cui capostipite è San Claudio al Chienti.

Santa Maria foris Portas a Castelseprio

Albino Gobbi

3 settembre 2021

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