Da documentazioni originali dell’epoca: il “Passaporto… verde” è citato nei secoli

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N. d R.: tutti i documenti citati nell’articolo fanno parte della Collezione Volpini – Contrariamente a quanto si possa pensare, il Green pass, di cui oggi sentiamo tanto parlare, non è una invenzione dei nostri giorni, ma era uno dei metodi adottati fin dal XVI secolo, per limitare la propagazione di malattie infettive durante gli spostamenti delle persone, all’epoca era conosciuto come “fede di sanità, passaporto sanitario o bolletta sanitaria” ed era usato in periodo di grandi epidemie come la peste e il colera.

1 – La peste in Frigia

Nell’immagine (1) vediamo una incisione di Marcantonio Raimondi, realizzata su disegno di Raffaello, “La peste in Frigia”, 1512 circa, detta anche “Il Morbetto”, questa è l’edizione del 1710 circa, incisa a Roma da Francesco Aquila. Si tratta di un episodio dell’Eneide in cui Enea e i compagni furono colpiti dalla peste a Creta, in primo piano giace una donna morta con un bambino che cerca di succhiare il latte dalla madre, c’è un odore acre e un uomo si sta tappando il naso mentre cerca di spingere via il bambino. Sulla sinistra vediamo un pastore con una torcia, che sta per dare alle fiamme alcune pecore morte, più in alto si vedono due donne in una stanza che assistono un malato disteso sul letto, un raggio di luce illumina la scena da una finestra come un segno di speranza. Sono momenti drammatici realizzati in un periodo in cui le immagini della peste erano ancora poco comuni nell’arte visiva.

2 – Manifesto del cardinale Federico Borromeo

La peste di Milano del 1630 è molto conosciuta ai giorni nostri, perché raccontata da Alessandro Manzoni nei capitoli XXXI e XXXII dei Promessi Sposi. In un famoso editto del 1629 (2) l’arcivescovo di Milano, Federico Borromeo da precise istruzioni ai parroci affinché possano garantire un’assistenza religiosa ai fedeli per cercare di contenere il contagio tra la popolazione. Egli infatti, intima ai parroci di assistere spiritualmente i malati: “devono rassegnarsi alla Divina volontà disponendosi a ricevere la morte in qualsivoglia ora per la salute delle anime, altrimenti saranno puniti severamente”. Dice inoltre che il primo Sacramento è il battesimo che in caso di necessità può essere somministrato da un laico. Era così importante il battesimo per Federico Borromeo che intima ai sacerdoti e a tutti coloro che sapevano la forma di questo sacramento, che “se  fosse  necessario  appressarsi alla creatura per battezzarla ciò si deve fare anche con evidente pericolo di infezione e di morte”. Anche per l’estrema unzione Federico Borromeo concede delle deroghe, infatti se “il moriente” ha ricevuto il sacramento della penitenza o dell’eucarestia l’estrema unzione non era necessaria.

Federico Borromeo autorizza anche messe e processioni ma da istruzioni precise che al giorno d’oggi suonano molto familiari: “si faccia però tutte queste attioni di concorso in luogo spatioso, ove il Parocho possi stare separato dal popolo, e il popolo fra di sé con proportionata distanza, perché l’uno non infetti l’altro”. Infine le ultime istruzioni sono per i defunti: “Nel sepelire i morti s’usarà il solito rito, ma con le già notate cautioni, né si sepelisca il defonto prima delle dodeci hore, né più tardi delle 24. La barra si portarà con duoi legni longi, e fermi, e doveranno essere deputate persone, che communemente chiamano Monatti per mettere il cadavero nella barca, e sepultura, e non essendovi questi, si procuri che ciò faccino quelli, che servirno in vita a gl’infetti, o pure i suoi parenti, e domestici, i quali già saranno sospetti”.

3 – Lettera fumigata

Come abbiamo già accennato in un altro articolo, la pratica più usata per prevenire la propagazione del “morbo”, era la disinfestazione di qualsiasi materiale trasportato: metallo, legno,ferro, pelle ecc. Compreso tutto il materiale cartaceo come libri e lettere. Esistono molteplici proclami e grida dei magistrati di sanità che attestano la grande importanza a cui era affidatala disinfestazione delle lettere, la carta infatti in passato veniva prodotta con gli stracci, considerati un grande veicolo per le epidemie. Non sappiamo da quanto tempo questa pratica era in uso in passato. Fino a oggi, i documenti più antichi conosciuti sottoposti a disinfestazione, risalgono alla prima metà del XVIII secolo. Ma una lettera acquisita recentemente dal sottoscritto, che riporta la data 3 agosto 1630, dimostra che fin dal periodo della peste di Milano, esisteva la disinfestazione delle lettere (3).

4 – Bolletta sanitaria

Grande attenzione da parte dei magistrati di sanità era data al contenimento dei contagi. Il Legato pontificio della provincia di Urbino e Pesaro, Tommaso Riario Sforza, in un manifesto del 10 settembre 1835 intima a tutti i forestieri provenienti dal Granducato di Toscana, ma anche dalle provincie di Forlì e Perugia di munirsi di “Bolletta Sanitaria” (4).

5 – Passaporto sanitario

Pertanto fin dal XVI secolo, nei periodi di grandi epidemie, per gli spostamenti, da uno stato all’altro, ma anche da una città all’altra dello stesso stato, occorreva il passaporto sanitario, più comunemente denominato “carta o bolletta sanitaria”. Il 6 settembre del 1626 Giacomo Ambrosi parte da Rimini dove “Per l’Iddio Gratia si vive senza alcuno sospetto di peste” (5).

22 giugno 1657, Giovanni Mori Bigari parte da San Giovanni di Reggio Calabria con Caterina sua moglie di anni 45 e la figlia Giovanna di anni 14 (6). 31 Agosto 1722, Giovanni Battista Vizardi, con un carico di merci, parte da Brescia, “libera per l’Iddio Grazia d’ogni sospetto di mal contagioso per inviarle a Venezia”(7). 6 Settembre 1767 Giovanni Batta Rubezzi parte dal Vicariato di Brentonico (Trentino Alto Adige) con “24 vacche, due cavalle, suoi fanciulli ed arnesi” per recarsi nel Bresciano (8). Il 10 agosto 1794, Giacomo Pertile pastore, parte da Trento con 100 pecore e agnelli sani, “essendo state visitate da vostri bidelli”. Il termine bidelli nell’antichità era inteso come segretario o assistente che svolgeva mansioni di maggiore responsabilità (9). Durante il viaggio occorreva esibire e farsi vistare la bolletta sanitaria in ogni città che s’incontrava lungo il percorso.

10 – Fede di sanità – Viterbo

In questa bolletta sanitaria (10), Vincenzo Leoni parte da Civita Castellana dove per 5 giorni è stato in quarantena “contumacia”, il 23 agosto giunge a Otricoli, il 24 agosto parte per Narni, e infine lo stesso giorno arriva a Spoleto, per ogni tappa troviamo annotata sulla bolletta la dichiarazione di perfetta salute del viaggiatore il timbro e la firma del direttore sanitario.

11 – Fede di sanità – viaggio da Monterosi a Filottrano

Il 21 agosto 1837 Michelino Romagnoli parte da Monterosi, comune in provincia di Viterbo, per recarsi a Filottrano in provincia di Ancona, sua patria. Il 23 agosto ottiene il visto e prosegue per Civita Castellana, lo stesso giorno giunge a Otricoli, il 24 agosto arriva a Narni, lo stesso giorno giunge a Spoleto passando per Terni. In tutte queste città ottiene il visto di buona salute dal direttore sanitario e il timbro. A Spoleto le autorità sanitarie sottopongono il nostro viaggiatore alla disinfestazione. Sempre a Spoleto, a Michelino Romagnoli verrà rilasciata una seconda bolletta sanitaria per proseguire il viaggio verso Filottrano, passando per Foligno, e ovviamente seguendo scrupolosamente gli stessi obblighi a cui si è sottoposto fino a quel momento (11).

Anche chi viaggiava per mare si doveva sottoporre alle norme sanitarie. In questa fede di sanità (12) Mattia Antonucci a bordo del suo Pielego (Imbarcazione a due alberi del medio e alto Adriatico) il 24 marzo del 1800, parte da Ancona per dirigersi a Trani con il proprio equipaggio costituito da 6 marinai. Settimio Salvimini e figlio, con 8 marinai partono da Venezia il 15 aprile 1812 con il Pielego battente bandiera napoletana per Molfetta, ma in questa città gli viene proibito di sbarcare e tutti sono sottoposti a quarantena (13).

14 – Rifiuto di attracco – Senigallia/Bari

Il 12 agosto 1812, Giovanni Farina capitano del bragozzo (imbarcazione da carico e da pesca del medio e alto Adriatico) denominato Tritone, parte da Senigallia con i suoi 8 marinai per andare a Bari. Ma una nota manoscritta apposta sul retro da alcuni dei deputati della città di Bari, recita che l’imbarcazione arrivata il giorno 17, “non è ammessa e rimessa per il suo destino come pervenne in questo porto”. Pertanto all’intero equipaggio viene rifiutato lo sbarco e dopo 5 giorni di sosta l’imbarcazione viene rimandata indietro senza aver portato a compimento la sua missione (14).

15 – Ordine di autopsia – Lonigo (VI)

Grande attenzione era data ai decessi avvenuti in breve spazio di tempo e senza un apparente causa specifica. In questo eccezionale documento datato 17 settembre 1805, l’ufficio di sanità di Vicenza, ordina la dissezione del cadavere di Angela Dinella morta in breve spazio di tempo, a Lonigo, provincia di Vicenza, per accertare la causa della morte (15).

A Genova, primi dell’Ottocento, si realizzò un cimitero detto “La Cava” per far fronte alle epidemie che ciclicamente si verificavano in città, tale nome è dovuto al fatto che questo luogo in passato fu utilizzato più volte per fornire materiale da costruzione per il molo vecchio e le mura costiere di Genova, era a ridosso del mare, al termine dell’attuale via Corsica. In questo documento del 28 maggio 1827 il magistrato di sanità di Genova autorizza la sepoltura del signor “Enrico Weber di nazionalità germanica, al cimitero dei protestanti situato alla cava”. In un secondo documento lo stesso magistrato autorizza che il cadavere del signor Enrico Weber sia trasportato privatamente al cimitero dei protestanti alla cava (16).

16 – Autorizzazione alla sepoltura – Genova

La malattia è nata con l’uomo, e da quando l’uomo ha iniziato a convivere con altri suoi simili, creando comunità grandi e piccole, le malattie infettive hanno assunto un ruolo fondamentale. Nel momento in cui scriviamo, a causa del covid,sono morte più di 4 milioni di persone nel mondo. Mai avremmo immaginato di dover rivivere tragedie come quelle che hanno vissuto i nostri antenati nei secoli passati, il rapido propagarsi del “morbo”, per dirla alla maniera degli antichi, è cambiata nel corso dei secoli, perché un tempo viaggiava a piedi o a cavallo, e oggi ci si sposta in macchina o in aereo, attraversando oceani, raggiungendo nuovi continenti nello spazio di poche ore. Anche se il progresso ha cambiato in meglio il modo di combattere le epidemie, la mortalità come nel caso del covid-19, ha interessato in gran numero gli esseri umani, proprio come in passato,questo perché sono di più le persone che contraggono la malattia. Dovremmo trarre insegnamento dalle terribili esperienze patite dai nostri antenati, i quali ci hanno insegnato, che il modo migliore per combattere le pandemie e le epidemie, è la prevenzione, la sanificazione e la pulizia degli ambienti in cui viviamo, il rispetto della distanza tra le persone, ma soprattutto dovremmo sfruttare uno strumento che i nostri padri non hanno avuto la fortuna di possedere: il vaccino.

Antonio Volpini

12 novembre 2021

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