Le terribili avventure di Bartolaccio da Montolmo, capitano di ventura

A Montolmo (Corridonia) nel XV secolo compaiono due personaggi dai nomi simili di cui non si capisce bene se siano una sola persona oppure due figure distinte: Bartolomeo e Bartolaccio da Montolmo, capitani di ventura. Lo stesso storico locale Pier Paolo Bartolazzi si pone la domanda sulla loro identità, protendendo sul fatto che si tratti di una stessa persona, chiamata indistintamente Bartolomeo o Bartolaccio.

Infatti la figura di questo uomo d’arme è legata al capitano Boccolino da Osimo (1445 ca.-1494) e il fatto che venga nominato da diversi autori in un modo o nell’altro in uno stesso periodo, induce a questa conclusione: probabile che Bartolaccio (come vedremo) fosse stata solo una storpiatura del cognome, chissà, forse con qualche vena dispregiativa visto il personaggio. Si narra che Boccolino da Osimo detto Malagrampa, fece il suo apprendistato d’armi nella compagnia del Bartolaccio probabilmente verso la fine degli anni ‘60 del XV secolo, poiché il ragazzo precedentemente aveva concluso gli studi primari e iniziato quelli delle scienze matematiche.

Scrive lo storico locale Cecconi (“Vita e fatti di Boccolino da Osimo capitano di ventura del XV secolo”, Osimo, 1889): “…uscito dalla casa paterna [Boccolino] ancora molto giovine, andò a far le prime prove sotto il comando di Bartolaccio da Monte dell’Olmo, valoroso capitano sforzesco di quel tempo e antico ascendente della famiglia Bartolazzi fiorente in quella città che mutato l’antico nome è chiamata Pausula”. Pertanto il citato storico Bartolazzi, sacerdote ricordato per le sue competenze storiche e per la sua grande carità verso il prossimo, sarebbe un discendente del Bartolaccio: ma non lo sapeva? Considerando la sua cultura difficile che lo ignorasse: il fatto è che il Bartolaccio, capitano sforzesco, aveva grande doti militari ma come la maggior parte degli uomini d’armi del tempo, non eccelleva di certo in virtù morali, arrivando a essere accusato, come si vedrà, anche di tradimento.

Inoltre non dimentichiamo che Francesco Sforza (1401-1466) saccheggiò ferocemente nel 1433 il comune di Montolmo per cui l’accostamento di un avo con il tiranno non era certo una cosa di cui vantarsi. Ritengo quindi che il sacerdote abbia volutamente dimenticato la discendenza da questo valoroso ma poco raccomandabile antenato. Della vita del condottiero montolmese si hanno solo episodi isolati e per poter ipotizzare la sua data di nascita dobbiamo affidarci a ciò che si scrive nella Treccani, dove nel 1487, in un episodio in cui lo vedrà a fianco di Boccolino, viene definito “vecchio”. Si può supporre pertanto che potesse avere, considerando il periodo, una sessantina di anni e perciò la sua nascita si può collocare intorno agli anni ‘30 del ‘400.

Non sfugge che nelle “Croniche Anconitane” (1492) del Bernabei, nell’indice si possa leggere: Bartolomeo da Montolmo, contestabile di Ancona. Traditore. “Contestabile” è il termine antico dell’odierno “connestabile” e sta a indicare in questo caso una carica all’interno della milizia del comune di Ancona. Cosa era successo? Bartolomeo probabilmente, non ci sono fonti precise, era stato assoldato come comandante (forse con la sua stessa compagnia) nella milizia di Ancona, città dove si era trasferito con moglie e figli. Nella battaglia del giugno del 1477 ricordata come “La battaja del porcu”, per via della leggenda che lo sconfinamento di un maiale dette il via alla guerra tra Ancona e Osimo, Boccolino con solo 800 uomini sbaraglia l’esercito anconetano composto da 4.000 militi, messo in piedi con l’aiuto di camerti e ascolani: gli anconetani avranno circa 200 morti con altrettanti prigionieri, gli osimani solo 30 e pochissimi uomini catturati.

Il Boccolino riesce addirittura a portare in Osimo lo stendardo di Ancona come preda di guerra. Gli anconetani accusano della disfatta Bartolomeo da Montolmo per aver avuto intelligentia con il nemico. La cosa potrebbe essere credibile sia per l’amicizia che intercorreva tra Boccolino e il montolmese e sia, come sottolineano gli anconetani, dal fatto che lo stesso dopo la battaglia era scomparso e non aveva fatto ritorno a casa abbandonando perfino moglie e figli. Aveva rivelato il piano di battaglia al nemico? Del resto sembra proprio che dopo l’episodio il Bartolaccio sia passato nella compagnia dell’osimano seguendo le sue vicende, tanto è che verrà menzionato in un altro episodio della vita dello stesso.

Il Boccolino nelle sue mire di diventare signore di Osimo, nell’aprile del 1486 chiamato dagli stessi priori per discolparsi dalle accuse, entra in città con 400 soldati tra i quali la feroce compagnia dei Morlacchi, mercenari dalmati che avevano combattuto nelle file Turche nella presa di Otranto. Entrato indisturbato nell’abitato, irrompe nel palazzo dei magistrati uccidendo di propria mano tre consiglieri tra cui il vecchio Giacomo Leopardi (antenato del poeta), chiudendo una diatriba scoppiata addirittura una quarantina di anni prima quando aveva solo 12 anni (come si dice la vendetta è un piatto da servire freddo). Occupa quindi la città non prima di aver massacrato nemici e avversari. A questo punto il Papa Innocenzo VIII inizia un lungo assedio che procede a fasi alterne.

Prosegue il Bernabei: “chiamati quindi fuori quanti eran fuoriusciti e banditi, e condotto a’ suoi stipendj il suo vecchio maestro Bartolaccio da Montolmo che venne con uomini e armi, ajutatato de’ Castruccio Castracane e da’ Farnesi, col proprj denari e quelli del re di Napoli, [Boccolino]  fortificò di molto Osimo” ammucchiando addirittura, come scriveva esageratamente qualcuno, vettovaglie per cinque anni. Nelle difficoltà il capitano osimano chiama il vecchio, fidato ed esperto Bartolaccio che a quanto pare, come abbiamo visto, aveva anteposto la lealtà al Boccolino a moglie e figli stessi. Le vicende sono altalenanti e confuse ma alla fine l’osimano messo alle strette e vistosi isolato completamente, manderà incredibilmente emissari al Sultano Bayazid II. In cambio della conquista della Marca in suo conto, il turco avrebbe dovuto inviare al Boccolino 12.000 militi e nominarlo capitano generale della fanteria che avrebbe dovuto risiedere stabilmente in Italia, con annuo pagamento di 4.000 ducati e obbligo di tenere una compagnia di circa 1.000 combattenti a cavallo.

 questo punto scoperta la trama, il Papa e lo stesso Re di Napoli, sdegnati e inferociti (la memoria della presa di Otranto e della strage del 1480 era ancora molto viva), cercano di chiudere velocemente la partita ma la conquista di Osimo si presenta, sia per la posizione del luogo, sia per la perizia del Boccolino, molto difficile. Alla fine, grazie all’intercessione di Lorenzo il Magnifico, l’osimano, nonostante fosse alle strette, giunge a patti con il Papa e nell’agosto del 1487 esce dalla città con quattro carri e dieci muli per trasportare la sua famiglia, le sue robe e alcuni soldati con Bartolaccio da Monte dell’Olmo suo capitano.

In più era riuscito a farsi rimborsare 8.000 scudi come indennizzo dei beni espropriati e venduti: un accordo molto vantaggioso. L’epilogo della sua vita fu però molto triste: imprigionato nel 1493 da Ludovico il Moro, torturato per sei mesi, finì sulla forca nel piazzale del Castello Sforzesco nel giugno del 1494. Invece del Bartolaccio non si hanno altre notizie. Come avete letto passare da eroe o da traditore è cosa che spesso varia a secondo di chi scrive e del periodo storico: con il tempo la crudeltà o le virtù si affievoliscono e rimane nel ricordo, spesso, solo ciò che si vuole esaltare. Messer Ciappelletto del Decameron insegna: vivere da ladroni e morire da santi!

Modestino Cacciurri

Boccolino e Lorenzo De’ Medici

24 settembre 2022

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