Le zucche nostrane ormai sono diventate così rare da essere chiamate “Zucche antiche”

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Osservando quante qualità di zucche si vedono oggi in giro, c’è da restare stupiti. Duole, però, registrare che una qualità è quasi sparita. Vi ricordate le zucche nostrane? Oggi sono diventate talmente rare da essere definite “zucche antiche”. Quando eravamo bambini, andare in campagna e farsi regalare una zucca era quasi un rito. Grandi, lunghe e pesantissime, striate di verde/giallo, era faticoso riportarle a casa ma poi, dopo una bella sudata iniziava il gioco.

Tagliate sapientemente alla base, di traverso, si stava attenti a non romperle perché servivano per costruire… la “morte”. Con una certa attenzione si svuotavano del contenuto che veniva messo in un “tunnu” (grande ciotola per la verdura). Con un coltellino si ricava la bocca, cercando di fare i denti. Il naso era un triangolo e dei buchi quadrati o triangolari rappresentavano gli occhi. Nella parte alta si tagliava via il cappello. La parte bassa, priva del fondo, diveniva l’apertura per infilare la lampada. La sera, gruppi di bambini muniti di candela andavano per i vicoli e piazzavano la Zucca/Morte in punti bui, convinti di poter terrorizzare qualcuno. In verità, le belle zucche, con la candela accesa dentro trasformavano una buia via in un angolo romantico e da fiaba.

Questo era il gioco ma, poiché nulla si buttava, il lavoretto continuava a casa con la polpa della zucca. Ben piazzati su un tavolo, si immergevano le mani nella pasta filamentosa estratta dall’interno, una poltiglia liscia e di un giallo arancio, che inglobava i semi di zucca. Questi venivano estratti uno a uno e messi ad asciugare per qualche giorno al sole, sparpagliati sopra vecchi fogli di giornale. Opportunamente conservati e salati, in inverno, dopo essere stati abbrustoliti sulla brace, sarebbero serviti a fare delle belle scorpacciate la sera, avanti al camino, con i nonni che raccontavano le storie e i bimbi che faticosamente tiravano fuori il buonissimo semino interno, imparando a cesellare con i denti. I vecchi chiamavano questi semi: “passatempu”.

Queste, cari amici giovani, erano le zucche marchigiane e nessuno ne conosceva altre specie, men che meno quelle di Halloween. Però, ripensandoci bene, qualcuno coltivava anche un’altra simpatica zucca che aveva la forma di un fiasco. Vuotata con saggezza e pazienza, veniva fatta seccare e in estate sarebbe servita a contenere il vino per chi lavorava nei campi. Oggi il nome ufficiale è Zucca Bottiglia del Pellegrino.

Queste belle tradizioni però vanno man mano scomparendo in una società proiettata verso il futuro, dove il passato sembra non trovare più posto. Sarebbe bello poter riproporre ai   bambini  questi giochi, far riscoprire le nostre radici culturali e mantenere vive le tradizioni locali. Spero in una “festa dei bambini” che possa essere un umile contributo a una riscoperta delle nostre radici culturali, delle nostre peculiarità, un omaggio alla tradizione popolare locale, perché resti viva negli animi delle nuove generazioni, perché della memoria non resti solo uno sbiadito ricordo che i vecchi porteranno in cielo, via con sé.

Alberto Maria Marziali

Zucca bottiglia del pellegrino

26 dicembre 2022

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