Pratiche magiche, superstizioni e pregiudizi: i “peccati” nelle Marche durante il 1600

Print Friendly, PDF & Email

Dall’archivio della nostra amica Mariella, proviene un piccolo gioiello di tradizioni popolari marchigiane. È un libriccino edito nel 1947, probabilmente in piccola tiratura (questo è il numero 24) e nasceva con lo scopo di denigrare come ridicole e vietare come blasfeme, le pratiche che vengono descritte: una raccolta di superstizioni salvate letteralmente dall’oblio. In realtà l’autore trascrive e corregge minuziosamente un libro della fine del 1600 (Decisio de Superstitione di padre Prospero Domenico Maroni da Cagli), che era destinato ai parroci confessori per regolarsi su come valutare le colpe e le relative penitenze da imporre alle persone che venivano confessate, peccato mortale, peccato veniale… e per “meglio istruire gl’idioti e rustici parrocchiani”.

In verità, l’Illuminismo era alle porte, con la veste di modernità che servì a dare il via a un grande reset delle tradizioni in tutta Europa: cancellazione della storia, distruzione letteralmente di tutto ciò che c’era prima. Passò un po’ di tempo prima della “rivalutazione dell’antico” che iniziò soprattutto come moda, portando a ulteriori distruzioni e dispersioni dei patrimoni storici. Alla fine del 1600 e ancora nel 1940 quando il volumetto venne stampato gli intellettuali e la Chiesa sostenevano che le superstizioni deprimono e impacciano ancora così penosamente le mentalità dei volghi… In realtà questi poveri “volghi”, nella difficoltà di poter conservare le memorie trasmesse dai padri per generazioni e generazioni, usanze che in qualche modo hanno funzionato per essere state così lungamente tramandate, nel tempo avranno sicuramente perso la loro vera origine e forma, fino a diventare in alcuni casi effettivamente delle “macchiette”. A forza di sentirsi deriso o vedersi minacciato dai divieti delle illuminate fasce di popolazione, per ultime le nuove generazioni, questo “volgo” ha smesso di tramandarle. Nessuno le ricorda più, tranne rara traccia nella memoria di qualche anziano, ma per la maggior parte sono ormai cadute in disuso e dimenticate.

Le superstizioni vengono definite suddivise in due generi: il primo è il culto indebito, cioè partecipare alle funzioni religiose o utilizzare materiali sacri con lo scopo di fare riti non cristiani. Il secondo comprende l’idolatria, la divinazione e la vana osservanza. L’idolatria, è il culto verso ciò che è diverso da Dio; la divinazione è la predizione delle cose occulte e future mediante ogni metodo noto, che sottintende sempre l’intervento del demonio; per vana osservanza si intendono sia i sortilegi per fare del male che riti e rimedi scaramantici o per ricevere abbondanza. Riportiamo alcuni “peccati” descritti, che stimoleranno un sorriso e con tenerezza memorie di sere d’inverno a sentir parlare gli anziani di streghe, demoni e altre misteriose manifestazioni.

1 – Quelli che gettano le fave (divinazione simile alle rune e altri metodi simili!), o si misurano il braccio con spanna, fanno andare a torno i setacci, o staccie, levano la pedica, guardano o si fanno guardare su le mani per sapere cose passate o future, dandoci ferma credenza.

2 – Quelli che per sanare dalla febbre vanno sotto un àrbore, e legano un ramo dell’istesso àrbore con un gionco o altro ligàme dicendo: allhora mi torni la febre quando io scioglierò questo rame, e se ne ritornano a casa per altra strada.

3 – Quelli che nelli campi o mandrie de bestiami pongono una cippolla che chiamano canina, ficcata in un palo, credendo che li bestiami e le biade loro non possono essere adocchiate (ndr: colpite dal malocchio).

4 – Quelli che hanno dolori di denti, e vanno al sagrario a pigliare un dente di morto, e si toccano con esso quello che si duole dicendo: “tanto più io stia ad haver male in questo dente, quanto starò più a pigliare questo” e lo gettano a terra.

5 – Quelli che mettono herbe sotto le tovaglie delli altri, acciò si dica la messa sopra, per valersene a suo beneficio o a mal fine.

6 – Le donne (ce n’è una sfilza di rituali incriminati fatti solo da donne) che dicono le parole del pater noster duplicate, quali ordinariamente sono chiamate da esse il pater nostro doppio, per liberare qualche infermo dal suo male, o per aprire qualche serratura senza chiave.

7 – Le donne che tirano la zappa sopra la chiesa, affinché cessi la mortalità del popolo, dicendo: muora il prete e viva il popolo.

8 – Le donne che vanno nude di notte su li tetti delle chiese, a voltare i coppi, per voltare gli animi delli uomini (ndr: cioè per fare malefici come legami amorosi).

9 – Le donne che il primo giorno dell’anno procurano essere le prime ad arrivare alla fonte, e portano un ramo de oliva, o d’altro arbore, salutandola e domandando gratie.

10 – Le donne che per rihavere la sanità perduta per occasione di magomia (maleficio) come sospettano, vanno ad una fontana con un coltello e tre volte con esso tagliano l’acqua.

11 – Le donne che, desiderandosi ingravidare, pigliano la punta del naso, la punta del cuore et un’unghia di un fanciullo morto e lo mangiano, o lo portano addosso.

12 – Quelli che incantano sorci acciò non mangino il loro formaggio o altra robba.

13 – Le donne che credono che infallatamente debbano morire quelli huomini o donne da loro sognati per morti.

14 – Quelli che, vedendo un moribondo stentare qualche giorno in agonia, gli scuoprono il tetto della stanza ove sta il moribondo, acciò possa morire. (Ndr: su questa abbiamo una testimonianza diretta: qualche anno fa, un nostro conoscente molto malato da giorni era in agonia nella sua abitazione, qualcuno disse che c’era, anche se appariva folle, questa antica tradizione, e di provare che non costava niente. Ebbene, subito dopo avere rivoltato il coppo, casualità? la persona spirò).

15 – Quelli che per sanare da dolori di fianco, o de denti, o dalla sciatica, si servono di cose naturali come di herbe o unguenti, ma con tanti segni di croce, o con numero determinato di paternostri, e non più, né meno, altrimento non sanerebbe l’infermo.

16 – Quelli che per sanare infermità colgano certe herbe in giorni et ore determinate, nella festa del tal santo, nella settimana santa, i giorni di Pasqua, Natale ecc.

17 – Le donne che, per tirare gli amanti, gli danno a mangiare qualche cosa che sia impastata con l’acqua benedetta, o cera del Agno pasquale, o altre robbe sagre e benedette (Ndr: questa la sapevamo diversa: far mangiare all’amato qualcosa dove ha messo qualche goccia del proprio sangue mestruale…).

18 – Quelli che portano al collo o adosso, reliquia, brevi, orazioni scritte con caratteri ignoti, o con tali figure, croci o altro, con certezza et intentione ferma di non poter essere ammazzati o feriti, presi da sbirri, di morire di morte subitanea, di guarire da infermità, di fermare il sangue e simili, pretendono che, per tenere le sopra dette cose, né meno Dio possa farli cosa alcuna.

19 – Quelli che gettano l’immagine di qualche santo nel fiume acciò piova, invocando Iddio, o qualche santo medesimo o dicendo parole sagre.

20 – Quelli che serrano le porte delle loro case, mentre avanti ci passano li morti, acciò li morti non entrino a casa loro.

21 – Quelli che credono, quando il fuoco caccia scintille e fa rumore, che qualche persona dica male o bene di loro, che però dicano: chi ben dice ben habbia, chi mal dice mal habbia, se ha marito presto gli muora, se ha grano in campo mai lo colga.

22 – Le donne che al primo giovedì della luna nuova, colgano herbe per portarle addosso, credendo che in esse sia virtù particolare.

23 – Le donne od altri che fanno molte croci delle candele di cera, e le gettano dentro la sepoltura, quando si sepeliscono i morti, credendo di giovarli.

24 – Le donne che a coloro che patiscono un certo male nella bocca, fanno sputare nella stessa bocca da uno che habbia passato il male, per sanarli.

25 – Le donne che non possono ingravidarsi consigliano il marito a passare il mare, acciocché al suo ritorno possa ingravidarle.

26 – Quelli che colgono le ceneri dal ceppo della notte di Natale per porle sotto gli albori che non fanno frutti, acciò che in avvenire gli faccino.

27 – Quelli che, nelle conversazioni o altri tempi, non vogliono mangiare nella medesima tavola, se saranno tredici persone, perché dicono che uno di essi habbia a morire (Ndr: come Gesu?).

28 – Le donne che credono che sia un buon augurio per le case loro quando, entrando le spose per la prima volta in casa de mariti, questi l’incontrino alle porte, dandoli in mano un arma o un tizzone di fuoco (Ndr: analogie con il culto latino di Vesta).

29 – Le donne che dicono che il venerdì o il sabbato non si deve fare la bucata (Ndr: perché in quei giorni escono le streghe).

Ci piace pensare che siano memorie ancestrali di riti magici, donati da antiche figure con funzioni sacerdotali e in seguito divinizzate. Oggi la chiamiamo chimica, biodinamica, omeopatia; secoli fa erano le stagioni, i sensi, la luna, le stelle. Il demonio, i folletti, le streghe, la magia sono espressione di energie che esistono, e che fin dall’antichità l’uomo, con quella che chiamiamo superstizione, ha cercato un modo per comprendere e gestire. Pure le religioni sono nate per questo, poi strumentalizzate e cambiate nella loro originale essenza e scopo. Ora che la nostra religione ha perso molta credibilità e autorevolezza, si comincia a sentire il vuoto spirituale, e un non senso della esistenza. Non stupisca il ritorno alle antiche pratiche di rinchiudere demoni in anelli, specchi, ampolle, medaglie per averli a proprio servizio, anche se oggi vengono chiamate e descritte in altro modo. Pratiche negative o positive? Dipende dall’intenzione e dallo spirito di chi le fa.

a cura di Simonetta Borgiani

7 gennaio 2023

Sii il primo a dire che ti piace

Commenti

commenti