Un omone tanto forte quanto pauroso: ecco due avventure de Marià, lu maritu de Cecì

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 Sul lungo Ete viveva una giovane contadina di nome Cecì (Cecilia), minuta e di piccola statura. Si fidanzò con un contadino di Montegranaro di nome Marià (Mariano). Oggi i successori sono potenti industriali. Marià era un omone grande, grande, ma con un carattere più pauroso di un gattino. Cecì, invece era ardita e risoluta. Nella valle dell’Ete i vecchi raccontano ancora le loro imprese, spesso molto buffe. Ve ne narro un paio.

Forte come Sansone – Un giorno i due, sposati da poco, per portare dei sacchi colmi e pesanti, volevano guadare il fiume Ete che, a causa della pioggia dei giorni precedenti, portava acqua in abbondanza. Attaccati i buoi e caricato il carro, i due si fermarono sul bordo del fiume per valutare come traversare. I contadini del luogo accorsero per sconsigliarli e bloccarli, perché era un’operazione impossibile, e gridavano: “Ferméteve, ferméteve!” Marià, senza dare ascolto, caricò la moglie e rispose: “Ma chi cé férma a noàtri?!” Detto questo incitò le mucche a guadare ma, causa la forte corrente queste, una volta in acqua, si spaventarono e nel panico invece di tirare si aprirono a “V” rischiando di rovesciare il carro e di far finire tutto e tutti nei flutti del fiume. Fu allora che Marià, spronato dalla moglie, scese in acqua e con una forza degna di Sansone iniziò a tirare carro e buoi, fino a farli riemergere sulla sponda opposta. Il commento di chi assisteva fu: “Quissu adè pègghio de un toru”? E da allora ebbero per lui un gran rispetto.

Il gatto… stregato! – Rispetto che, però, Marià non si era guadagnato al tempo del fidanzamento a causa di una scena che aveva fatto ridere a crepapelle tutti i contadini della vallata. Vi racconto. Era tempo di festa e Marià era a casa della fidanzata fino a notte fonda per far baldoria e mangiare i dolci tipici. Per tornare a casa, poi, al buio avrebbe dovuto attraversare l’Ete camminando su due grossi tronchi appaiati che, facendo da ponte, permettevano di non scendere dentro il corso d’acqua. Alcuni buontemponi pensarono di fargli uno scherzo e, mentre lui era nella casa di Cecì, misero un gatto legato dentro un barattolo e fissarono la corda ai tronchi-passerella. Quando venne l’ora del rientro, Marià al buio camminò sulla passerella per passare il fiume e, nell’oscurità, inciampò nel barattolo come da programma: il povero gatto finì a penzoloni lanciando urla incredibili e soffiando. Ora una premessa. Un tempo, in campagna si pensava che di notte le streghe si camuffassero da gatti e, per questo, ogni gatto  intimava timore alla gente… Ritorniamo al viaggio di Marià… Si racconta che appena inciampò nel gatto e si scatenò il putiferio, lui cominciò a urlare: “Le streghe, le streghe!” E fuggì su per la collina correndo a trovare rifugio in casa. La sua modesta abitazione stava a mezza salita sotto Montegranaro. Arrivato trafelato a casa, pieno di paura e “co’ le càze mmólle de pìscio”, ebbe tanta fretta di mettersi al riparo che, non riuscendo ad aprire l’uscio, sfondò la porta facendola cadere nella stanza. La cosa venne all’orecchio della gente della vallata e fece ridere tutti, anche se l’omone aveva rischiato di morire di crepacuore. La fidanzata Cecì, appreso il racconto, fece finta di nulla ma, per anni, cercò di scoprire chi aveva attentato alla vita del fidanzato. Non si è mai saputo se l’identità le fosse stata rivelata.

Alberto Maria Marziali

6 giugno 2023

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