La storia di Armando Annavini che scavò a Monte Castro per ritrovare la città picena

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I genitori Angelo e Seconda Ribechi, coltivatori diretti, emigrarono per lavoro prima in Argentina poi negli Stati Uniti. Così Armando Annavini nacque il 31 luglio 1911 a Jefferson in Ohio. Nell’aprile successivo i genitori restarono sgomenti della tragedia accaduta agli emigranti come loro imbarcati sul Titanic e diretti negli Stati Uniti. Un fratello e una sorella morirono con l’epidemia di spagnola nel 1919-1920. Ma i genitori non riuscirono a trovare la fortuna che speravano e ritornarono in Italia.

Cresciuto, Armando si arruolò nel Regio Esercito nei Granatieri di Sardegna. Nel 1936 con il grado di sottotenente lo troviamo in Somalia, Eritrea ed Etiopia. Poi rientrò, a Cuneo conobbe la moglie Laura Nasi. In piena bagarre bellica sfollarono a Mondovì, sotto i bombardamenti nell’agosto 1944 nacque Bruno. Da piccolo il nonno paterno gli parlava delle distruzioni e dei ponti crollati. Terminata la guerra, Armando, rimasto nell’Esercito, fu nominato comandante di Compagnia a Pietralata (Roma), sempre nei Granatieri di Sardegna. Vi restò un paio d’anni, poi fu trasferito a Sulmona, il paese dei confetti. Il tempo libero lo trascorreva in montagna in cerca di funghi, era un buon camminatore, correva l’anno 1951.

Dopo due anni, giunse al Distretto Militare di Macerata (1952-1953); il figlio Bruno aveva otto anni e frequentava la terza elementare. La scintilla per l’archeologia scoccò nel Maceratese, dove aveva sentito raccontare la leggenda della Città sul monte Castro. Fece anche delle visite a Helvia Recina di Macerata, sperando di trovare qualche moneta. Passato al comando dei Vigili Urbani di Macerata, il tempo libero lo trascorreva a Cessapalombo, dove Armando aveva i genitori. I suoi figli l’estate la trascorrevano a Mondovì e a Cessapalombo. Per gli spostamenti si usava il postale (il pullman) che partiva alle ore 6:00 della mattina. Armando studiava e classificava i funghi in modo dilettantistico, condivideva quella passione con padre Natale Sartini, frate, parroco di Monastero. Armando ebbe come amici diversi frati. Era anche appassionato filatelico e numismatico. Stese una ricerca di 600-700 pagine corredata di belle illustrazioni che poi donò a Corrado Vanella, comandante della Forestale di Macerata, testo che purtroppo andò smarrito.

Assistenti-scavatori di Annavini

Per raggiungere monte Castro, che la carta dell’Istituto Geografico Militare chiama Poggio La Città, ci sono due percorsi: quello da Invernale leggermente più corto e l’altro da Villa di Montalto di Cessapalombo. Così Armando decise di dare sfogo alla sua passione iniziando a scavare da amatore su quel rilievo a quota 707 m s.l.m. Aveva trovato una decina d’operai tutti del posto, che pagava direttamente. I reperti furono conservati prima nel dopolavoro di Villa di Montalto poi per un periodo in un palazzo del Comune di Cessapalombo vicino all’archivio. Gli scavi man mano si fecero più approfonditi, dove si riteneva ci fosse la necropoli picena, verso sud-est e i Sibillini di quel rilievo boscoso. Si racconta che Gustavo VI Adolfo (1882-1973), re di Svezia appassionato di archeologia, fosse interessato anche all’esito di quegli scavi, c’era un carteggio tra di loro.

Un uomo indica l’area degli scavi

Armando era archeologo per passione; furono usati solo il piccone e la pala, per lui l’esito fu soddisfacente: aveva trovato quel luogo residenziale con case e caminetti. Inviava relazioni periodiche alla Soprintendenza Archeologica delle Marche di Ancona. Furono trovati frammenti di vasi, punte di lancia metalliche, poi fondazioni di case, focolari, muri relativi al IV secolo a.C. della civiltà picena. Dei ritrovamenti la gente del posto era contenta, anche per il lavoro che ne derivava. I reperti venivano trasportati con l’auto di Pinetto Piersanti, una Willis che con un litro percorreva al massimo due km! Fu la Jeep militare che ispirò tutti i fuoristrada successivi. Bruno aveva dodici anni e ogni tanto visitava quegli scavi che durarono pochi mesi forse anche per motivi di salute (anche se eseguiti in più di una campagna). Il capitano Armando Annavini passò a miglior vita l’11 aprile 1964, al suo funerale c’era una moltitudine di persone. Dopo la scomparsa di Armando la Soprintendenza fece portare ad Ancona tutti i reperti rimasti nel magazzino.

Eno Santecchia

7 giugno 2023

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