Uno dei tesori sui monti Sibillini: la Pieve di Santa Maria Assunta a Fematre di Visso

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Ci accoglie un luogo splendido, dove la natura domina, siamo a Fematre, frazione di Visso. È un pianoro che si adagia tra i monti appenninici Fema e Civitella e qui, come pietra preziosa incastonata, c’è la Pieve di Santa Maria Assunta, la cui struttura originaria, ampliata e rimaneggiata nei secoli sia per le necessità degli abitanti che per i frequenti eventi sismici, risale ai primi del XII secolo. Per determinarne l’origine fa testo una iscrizione incisa a sinistra del portale laterale, dove c’è la data del 1135, anno della consacrazione del sacro edificio e dove sono elencate le reliquie poste nei due altari: San Michele, San Giovanni, San Sebastiano e San Martino. Iscrizione che porta il suggello del Vescovo Enrico e la dedica a Santa Maria.

Dove oggi insiste il paese c’era il castello degli Alviano, eretto prima dell’anno 900 e distrutto verso la fine del XIV secolo. La Pieve è stata un importante centro sì religioso ma anche civile, sia come punto di aggregazione dei residenti che come riferimento per le locali comunità agricole confederate, tanto che nel suo portico si tenevano le riunioni del Consiglio. Terminato il dominio feudale degli Alviano il feudo fu venduto al Comune di Norcia nel 1378 per essere successivamente ceduto, nel 1471, al Comune di Visso.

La chiesa ha pianta ad aula coperta da volte a crociera che poggiano su tre coppie di semipilastri addossati alle pareti laterali e questo corpo centrale corrisponde alla Pieve del XII secolo, la quale terminava con un’abside semicircolare. Nel XIV secolo, a seguito di un terremoto, il corpo centrale venne rifatto e allungato con l’aggiunta di un presbiterio non più semicircolare ma quadrato, separato dalla navata con un arco trionfale. La stessa facciata a capanna, che presentava un portale e una finestra quadrata traforata a croce, venne riveduta realizzandoci un rosone. Mentre nel XII secolo sopra l’edificio a fare funzione di campanile ce n’era uno a vela, questo fu eliminato e alla vecchia torre, che agli inizi aveva una funzione di difesa, fu aggiunta una parte superiore ad archi dove si alloggiarono le campane.

Dell’antica Pieve è rimasta la struttura in conci di pietra, come di pietra è il pavimento; c’è il battistero trecentesco con i residui capitelli dell’antico tabernacolo dell’altare maggiore e il piccolo portale sormontato da una doppia ghiera con lunetta ripiena. È rimasta pure una finestrella a forma di croce realizzata su masso monolitico, come è ancora visibile una porta chiusa ad arco a tutto sesto sulla parete di sinistra. Sui pedritti portanti della porta laterale romanica si leggono le iscrizioni gotiche indicanti i Santi le cui reliquie erano state poste nei due altari primitivi, come abbiamo già accennato a inizio articolo. Si è salvata dagli eventi sismici una bella statua lignea della Madonna che oggi è conservata e si può ammirare nel Museo di Visso. Ecco, a Fematre di Visso ci troviamo in presenza di un edificio sacro sorto in forme romaniche e successivamente, in più riprese, rimaneggiato ma che, nonostante i rifacimenti, mantiene ancora inalterati i caratteri architettonici e tipologici delle costruzioni sorte sui nostri rilievi appenninici.

Sorprendente? Stupefacente? Meraviglioso? Quali aggettivi per descrivere l’interno della Pieve di Fematre? Può sembrare impossibile che in una, all’apparenza modesta, chiesina di montagna ci siano affreschi ben conservati e di ammirevole fattura, che ornano pareti e, alzando gli occhi, le volte. Il visitatore è sopraffatto da un’armonia di forme e di colori, che narrano storie di Santi, di devozione con ricchezza di particolari. La bellezza e la qualità di queste opere d’arte sono di alto livello e stanno lì a testimoniare, oltre la fede di quella popolazione, la ricchezza e il benessere di quella comunità che durò almeno fino alla fine del XVII secolo.

Le vele della crociera, le pareti laterali e di fondo del presbiterio sono state affrescate dagli Sparapane di Norcia, dinastia di pittori assai attivi in molte chiese della montagna dal XV e XVI secolo, con scene della vita di Maria (1497) e di Gesù, le figure degli evangelisti, dei dottori della Chiesa e dei profeti, le immagini sono lì a rappresentare i fondamenti della religione cristiana. I medesimi artisti decorarono anche le pareti della navata e il lato opposto al presbiterio (1518). Nella parete in fondo sulla destra, le scene della vita della Vergine Maria riguardano in alto la “Nascita” e il “Bagno”, sotto invece abbiamo la “Presentazione al Tempio” e lo “Sposalizio”. C’è anche l’iscrizione degli autori nella quale si legge: “Hoc opus fecit fieri Communitas Fematris tempore plebani Dmnus Antons et Santesibus Iacobus Angeli et Bartolomeus Iones Andreas Cole Augustinus M.I. De Sparapani et Petrus suo filius pinsit 1497”. Da tale iscrizione si apprende che questi affreschi furono eseguiti nel 1497 su commissione della Comunità di Fematre da M° Agostino Sparapane di Norcia insieme a suo figlio Pietro.

Sulla parete di fondo, in alto, sono rappresentati su di uno sfondo aperto in un paesaggio che ricorda quello che circonda la stessa Pieve, il Cristo crocefisso e intorno a Lui, partendo da sinistra, Sant’Amico, l’abate benedettino dell’abbazia di Rambona, vissuto durante il X secolo e rappresentato con gli attrezzi agricoli e il lupo addomesticato che trasporta per lui la legna, la Vergine Maria, San Giovanni Battista e San Lorenzo. Proseguendo nell’osservazione troviamo che in basso, al centro, è conservata una statua lignea della Madonna di datazione posteriore agli affreschi, mentre ai lati sono rappresentati altri quattro santi: Sant’Elena con la croce; San Rocco con il bastone del pellegrinaggio, il cappello sceso sulle spalle e il messale; Sant’Antonio Abate con la tradizionale campanella e, infine, Santa Lucia. Sono tutti  inquadrati in una architettura di stile ancora tardo romanico, aperta su di uno scarno paesaggio.

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ulla parete di sinistra invece in alto è raffigurato il Giudizio Universale con l’immagine del Cristo giudicante secondo la tradizionale iconografia che lo vede assiso su di un trono circondato da una mandorla di luce (rappresentata dai colori dell’arcobaleno) mentre mostra le ferite della passione, vestito di un mantello che lascia scoperta la spalla destra; ai suoi lati la Vergine Maria e San Giovanni Battista. Subito sotto sono affrescati i beati da un lato e i dannati dall’altro; tra di loro figura l’Arcangelo Michele con indosso la consueta armatura, la spada e la bilancia. Gli affreschi sottostanti coprono la parte bassa del Giudizio Universale e sono quindi databili dopo il 1497, rappresentano l’Annunciazione e la Natività di Cristo. Visitando i paesi e le frazioni dei nostri monti Sibillini fa meraviglia quanti tesori d’arte questi nascondano, dopo averli conservati per secoli. Oggi rappresentano un formidabile invito turistico.

a cura di Fernando Pallocchini – foto per gentile concessione di Alberto Monti

26 settembre 2023

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