Scene di vita nella Macerata dei primi del ‘900: cimici, pidocchi e biciclette da custodire

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Anna Zanconi ci porta indietro nel tempo, verso il 1940, in una strada di Macerata, oggi denominata via IV Novembre, allora chiamata “La vetreria”. Era una strada che correva tra due file di casupole e conduceva al Mercato Boario; scendendo, sulla sinistra, un arco dava accesso a un cortiletto che era il regno dei bambini. Qui potevano giocare sotto l’occhio vigile delle donne del vicinato.

Il racconto di Anna ci regala uno spaccato di vita di quei tempi duri, segnati dalla guerra, come sottolinea Ghino Crucianelli “Dalla narrazione, curata e mirata a penetrare negli stati d’animo dei personaggi che vivevano nel ristretto spazio di un cortile, emerge la semplicità e veridicità dei sentimenti della ‘gente comune’, che dopo aver subito i drammi della guerra riprende a vivere con gioia e grande speranza nel futuro”. E le parole di Ghino Crucianelli sono vere e sincere perché… c’era anche lui in quel cortile.

A quei tempi c’era il tormento delle cimici e dei pidocchi. Le nostre madri, quando prendevamo i pidocchi ci facevano accucciare sulla soglia di casa, tra le loro gambe e li cercavano tra i capelli con la pettinella ad aghi fitti e li schiacciavano tra le unghie fino all’ultimo; ma se avevano fatto le uova la cosa si complicava. Allora bisognava fasciare la testa per non far disperdere la polvere bianca disinfestante. La situazione era così umiliante che eravamo costretti, come lumache in tempo di secca, a rimanere tappati in casa finché non fosse passato quel motivo di disagio. Ancora più complicate erano le cimici che infestavano mobili e biancheria. Le comari mettevano tutto all’aria; le reti del letto venivano passate interamente con una fiammella di candela e poi lavate, a forza di spazzola, con secchi d’acqua. Per le donne tutto questo era affanno e fatica, ma per noi monelli era ancora un modo per divertirci.

Osteria della Toscana

Fra tutte le donne che conoscevo la più buona era Jole. Ella e le sue cognate zitelle, per dieci lire, vigilavano le biciclette che i clienti venuti dalla campagna lasciavano in custodia prima di entrare al Mercato Boario, in fondo alla via scoscesa, oppure per fare una sosta all’osteria della “Toscana”, proprio accanto all’arco d’imbocco del cortile. Quelle biciclette appese e ben allineate, per noi ragazzini erano un’attrazione, specialmente quando ne capitava una di nuova produzione. Ma per Jole, che aveva due figli, erano la vita e guai a chi gliele toccava! Non avrebbe mai permesso a nessuno di noi di farci un giretto in cortile, neppure ai suoi figli.

Un giorno ne capitò una bella! Un cavallo imbizzarrito (ndr: allora in città transitavano cavalli, muli, buoi con a traino carri agricoli), sfuggito alla briglia del suo padrone diretto al Mercato Boario, entrò a galoppo nel cortile inseguito, appunto, dal contadino. Nella corsa, prima di essere riafferrato, travolse la fila delle biciclette, si staccò anche un gancio e con grande fracasso una bicicletta cadde sulle altre e queste, a loro volta, ne fecero cadere ancora a successione. Qualche ammaccatura ai parafanghi c’era stata ma Jole si rincuorò dallo spavento solo nel constatare che, fortunatamente, nulla era successo al nugolo di fanciulli che in quel momento stava giocando da presso. Esclamò rasserenata: “Signore ti ringrazio! che spavento ho avuto per queste creature!” Noi invece continuavamo a ridere per il bombardamento provocato dalla caduta delle biciclette una sull’altra e per il tribolare del contadino alle prese con quel testardo di un cavallo.   

Anna Zanconi

27 settembre 2023

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