È da sempre una corsa contro il tempo e contro il maltempo: l’aratura, i buoi e l’aratro

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In terra marchigiana si diceva: San Francesco, somènta (semina) il ricco e il poveretto.La festa di San Francesco cade il 4 ottobre. Quante generazioni si sono spaccata la schiena per ricavare dalla terra il quotidiano sostentamento! L’aratura. Il tempo stringe, la terra deve essere pronta per le nuove semine autunnali: uomini e animali fianco a fianco nel lungo e grande lavoro dell’aratura…

Prima dell’avvento della meccanizzazione in agricoltura, i tempi di lavoro di preparazione della terra erano lunghi e bisognava anticipare l’arrivo delle prime piogge d’autunno. L’aratura a traino animale era più lenta e cadenzata, la profondità dei solchi era decisamente minore rispetto a oggi. Tutte le altre operazioni di preparazione del terreno erano svolte manualmente o con attrezzature sempre a trazione animale. Le grandi aziende potevano permettersi le prime seminatrici ma la maggioranza dei contadini seminava a mano, altro lavoro contro il tempo con le piogge all’orizzonte che, pur essenziali, si sperava arrivassero solo a lavoro terminato.

Campagna sudata, piena di paure per i tempi che dovevano collimare con i risvolti del cambio di stagione. Ne valeva il reddito di tutto l’anno. Molti dicevano che per il 14 ottobre la semina del grano doveva essere compiuta! Al massimo, per chi aveva grandi poderi, si poteva sforare di qualche giorno fino al 30 ottobre. Da noi, se la terra non era troppo dura, si arava già a inizio estate (luglio), mentre si seminava in ottobre su terreno che fosse, ovviamente, più fine. Vorrei sottolineare ciò che ha immortalato la stupenda e forse quasi unica foto, che allego: ovvero quando a fine appezzamento tutta la colonna di vacche girava da un lato, ovviamente con le prime senza traino perché intraversate; alla fine del solco, per gli ultimi metri di aratura, il tiro era completamente addossato ai due buoi a timone che, in quel momento, dovevano compiere uno sforzo immane.

L’aratura con i buoi era un lavoro lento e pesante, si andava da una “capezzagna” all’altra, si girava e si tornava indietro ma, a seconda del risultato che si voleva ottenere, si poteva cominciare ad arare dal centro se il campo doveva essere “colmato” in mezzo, oppure dai lati se si voleva creare al centro un “solco spaccato” per la raccolta delle acque. L’aratro nacque dalla evoluzione della zappa. Esso serve, come la zappa, per dissodare e rivoltare la terra. Poi l’uomo inventò il vomere che è la parte più importante dell’aratro, quella che taglia la terra e la rovescia; la parte del taglio era sempre di ferro, anche se le altri parti erano in legno. L’efficacia dell’aratro dipendeva molto dalla sua costruzione, che variava in base alla località e al tipo di terreno da coltivare.

Concludo con una spiegazione. Qualcuno si sarà chiesto cos’è la capezzagna (capezzaja – capitagna – cavedagna). La capezzagna è una strada sterrata di servizio agli appezzamenti coltivati che sono adiacenti tra loro. È una superficie improduttiva ma funzionale alla gestione delle colture: è ciascuna delle due strisce di terreno che sono sulle testate opposte di un campo rettangolare, perpendicolari alla direzione del solco dell’aratura.

Alberto Maria Marziali

16 novembre 2023

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