Silvio Craia è… “COSÌ”! Così come le sue opere esposte a Corridonia parlano di lui

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Grande festa a Corridonia nel pomeriggio di sabato 14 ottobre 2023. Molta gente è accorsa per assistere al memorabile evento. Si è festeggiato l’artista Silvio Craia, e Silvio Craia ha festeggiato la sua Corridonia. Da questo scambio di omaggi è venuta fuori una bella mostra offerta all’artista dall’Amministrazione comunale negli spazi della Palazzina liberty alle porte della città, e una imponente ma leggerissima ed eterea scultura monumentale (3 metri di altezza) donata dall’artista alla sua città, intitolata agli eroi cittadini Filippo Corridoni ed Eugenio Niccolai. Presenti all’evento le autorità comunali e un pubblico di appassionati d’arte accorso da molti luoghi della regione ed oltre: estimatori di Craia, critici d’arte, artisti e operatori del settore, in vari modi protagonisti della storia artistica nazionale dell’ultimo settantennio.

Di Silvio Craia si dovrebbero dire molte cose, troppe per ricordarle in una singola circostanza; serviranno il tempo e la memoria per rifletterci su adeguatamente. Ci limiteremo qui a indicarne alcune che consideriamo importanti. Artista e infaticabile animatore dell’arte marchigiana, Craia, oltre che creatore e inventore di situazioni culturali, a suo modo storico e protagonista, ha sempre agito, come oggi si usa dire, a 360 gradi. Va riconosciuto questo anche per gli aspetti che la sua ricerca ha offerto in senso rammemorativo, di testimonianza. Dunque, è giusto dire e pensare al “FENOMENO CRAIA” come rappresentativo di un magistero. La parola “fenomeno”, si attaglia a ciò che è raro, inusuale, particolarmente rilevante. E dite voi se un artista che si alza ogni mattina con una idea in testa, quasi sempre condivisibile e rimarchevole, per farne argomento di poetica, evitando la ripetitività e tenendo a ché il da fare che ne scaturisce abbia a definirsi “Arte”, per bellezza, autonomia e originalità, non è da considerarsi fenomeno?

Oggi perdiamo tutti di identità, ed anche l’arte. Questo Craia lo ha ben  capito, e cerca di porvi rimedio (con i suoi mezzi, naturalmente) e la sua azione tende non solo a ricordarcelo ma anche a un recupero di memoria riguardo al nostro passato, sia artistico e culturale, sia sociale: c’è cultura nel suo argomentare, ed anche in quest’ultima opera monumentale;  realtà di vita vera partendo dalla più semplice, quella che caratterizzava i nostri modi di vivere prima dello sconvolgimento, di ambigua natura ed effetto, dovuto alla cosiddetta globalizzazione. Negli oggetti o nei materiali ch’egli adopera c’è memoria: la filosofia del recupero non è un pensare astratto, privo di un giusto motivo, no: è la filosofia del ricordo. E il ricordo a cui essa riconduce non è un ricordo qualsiasi, casuale, generico, ma realmente vissuto, e sta nel cervello e nel cuore, ben fisso nell’immaginario personale, e di conseguenza in quello collettivo.

La personificazione è dimostrata da cose anche minimali, che sono quelle che resistono senza rivendicare specifiche motivazioni. È difficile trovare nel panorama artistico circostante, che pure abbiamo la presunzione di conoscere abbastanza, un eguale; qualcosa di comparabile e di altrettanto chiaro ed esplicito. La caparbietà, la tigna, l’insistenza, la fede con cui Craia ha perseguito questi suoi scopi, sono da ritenere esemplari e convergenti su un’unica linea poetica alquanto suggestiva e unitaria. Anche per questo egli può essere definito “ARTISTA FENOMENO!” “Possiamo, dobbiamo, ora, / e finalmente, ammira­re / l’opera timida e veemente di Silvio Craia / pittore nel mondo della pensosa e severa fantasia: / spettrali recupe­ri, / simulazione di collages e di sfarzi timbrici, / travaso di bagliori, di intrichi, di  esplosioni, di  silenzi”.  Così scriveva di lui ancor giovane il critico e poeta Emilio Villa, unanimemente considerato tra i maggiori protagonisti e teorici dell’arte contemporanea.

Craia è un trovarobe e un trovacolori formidabile. Ma bisogna anche dire che sono le robe e i colori a trovare Craia, come capita. Programmare, predisporre, organizzarsi, sono verbi che egli non conosce e non ha mai conosciuto. L’arte non è previdenza, organizzazione, metodo. Per essere futuro deve essere innanzitutto presente, presente che vive nel corpo dell’artista, con tutte le avventure del caso. Per questo esser presente essa è anche capace di produrre nostalgia e sentimenti profondi e resistenti. Come potrebbe Craia spiegare questo ed altro in parole? Egli ha fatto la sua scelta: apre il barattolo che capita e prende un colore; sceglie la materia e la forma che capitano e le assume per i suoi scopi “in presenza”, come si usa dire oggi. Ed essi, gli scopi, stanno al gioco: obbediscono! Lo spettacolo che ne deriva è per tutti. Condivisibile e gratis!

Silvio Craia è un artista che si è sempre lasciato guidare dal proprio fiuto, con spontaneità. Facciamo un esempio: raramente parla della sua arte; è nemico delle teorizzazioni. Solo qualche parola lo interessa, ma dev’essere parola originale, ad effetto, per esempio: “formidabile! Oppure: “memorabile!”, oppure: “fenomenale!” E anche qualche breve frase, come: “Oggi ne ho fatti cinquanta, ieri cento!” Il paradosso è strumento ricorrente, purché ci sia sempre a concludere un punto esclamativo. Non ama dilungarsi in discorsi teorici. Torna invece volentieri a testa bassa, a interessarsi della cosa che ha appena iniziato. Non mette le  sue opere su un altarino. Terminatane una pensa già ad un’altra che lo attrae e sente di dover fare. Segue il suo fiuto, e sa sempre dove andare a parare.

L’arte moderna per lui è davvero moderna, in quanto è inedita e spiazzante. Perché non ce ne sta altra mai nella sua testa: è sola ed unica. E così via. Ma il suo fiuto non lo ha mai tradito. Ha sempre saputo cosa fare al tempo giusto e nella maniera giusta. Ha sempre saputo a che e a chi guardare, ma poi ha sempre fatto di testa sua. Da artista contemporaneo, nel senso più vero del termine. È questa la sua originalità, il suo genio: pensare che l’arte non si crea, ma basta cercarla: c’è già! Su queste basi egli si è creato la fama di essere degno “erede dell’ultimo Futurismo”.

Per questa mostra ha scelto un titolo suggeritogli da Dante Ferretti, famoso scenografo e già sodale ai tempi della Scuola d’arte e mestieri a Macerata: “COSÌ”. La mostra è curata dall’ultimo biografo del famoso scenografo pluridecorato Oscar: il critico e scrittore David Miliozzi, assieme con Mario Montalboddi e  Bruno Mariani. Ma hanno collaborato al catalogo numerosi critici e storici dell’arte, ognuno con un suo testo a testimonianza. Sarà visitabile per un lungo periodo, forse per il resto dell’anno, e aperta a tutti gratuitamente, d’altronde come è d’uso craiano!

Lucio Del Gobbo (foto f. pallocchini)

26 dicembre 2023

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