Il tatuaggio lauretano, o “Marcatura di Loreto”, ossia quando la gente si tatuava per fede

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Quando ero bambino conoscevo un vecchio calzolaio che aveva vistosi tatù sulle braccia. Erano figure di “donnine” e non tatuaggi religiosi, perché era ateo e accanito bestemmiatore. Io lo osservavo curioso e da lì è partito il mio interesse e uno studio che mi ha portato fino a Loreto. In seguito, poi, ho visto contadini e marinai con il tatuaggio detto anche “Marcatura di Loreto”. Ho notato che qualcuno si chiede perché i pellegrini, a Loreto si tatuavano sul braccio anche il crocifisso di Sirolo. E perché dopo Loreto i pellegrinaggi continuavano per la chiesa del Crocifisso di Umana (oggi Numana) e quindi non per Sirolo?

La storia, che per qualcuno sfiora la leggenda, è molto bella e singolare. Secondo la tradizione, il SS Crocifisso che oggi è esposto a Numana proviene dalla Terra Santa e fu realizzato dall’Evangelista Luca e da San Nicodemo che, con Giuseppe di Arimatea, depose dalla croce e diede sepoltura al corpo di Cristo. Il Crocifisso fu scolpito a mano in legno di cedro, secondo le sembianze di Gesù e una volta terminato, venne custodito nell’abitazione di un ebreo ma, poco tempo dopo, l’opera venne scoperta e danneggiata: “Si narra che il crocifisso venne scaraventato a terra e coperto d’ingiurie e bestemmie, pure accompagnate da forti colpi sul petto di legno dal quale sgorgò, per miracolo, copioso sangue. Il preziosissimo liquido fu prontamente raccolto in bacinelle dagli sbigottiti persecutori e portato nella Sinagoga dove venne usato per bagnare le labbra infermi ivi ben presto convenuti. Testimoni del fatto oltreché narratori furono i santi Giovanni Damasceno  e Attanasio”.

Il crocefisso di Umana, più conosciuto come Crocifisso di Sirolo è, insieme con la Madonna di Loreto, uno dei soggetti più importanti e usati nel tatuaggio lauretano. Il corpo ligneo di Gesù, statua applicata sulla croce, e presumibilmente in grandezza naturale, è conflitto con quattro chiodi, due alle mani e due ai piedi che, cosa importante, non sono incrociati; la fronte è senza corona di spine, il capo è tenuto eretto ed è coronato con un diadema. Gesù ha lunghi capelli, il corpo è trafitto da cinque ferite e non è presente il cuneo per i piedi, né la iscrizione INRI. Dal crocifisso, come ho detto, sgorgò sangue e un libro del 1800 narra che un’ampolla contenente il suddetto sangue,  conservata a Costantinopoli fino al 1204, fu  fatta trasferire a Venezia dal Doge Enrico dopo che questi ebbe saccheggiato Costantinopoli. L’ampolla  sembra sia ancora conservata nella Chiesa Ducale di San Marco.

Il Crocifisso ligneo arrivò in maniera straordinaria fin nelle Marche: Carlo Magno, Imperatore del Sacro Romano Impero, che si era recato in Terra Santa, venuto a conoscenza dei suoi poteri prodigiosi decise di portarlo in dono a Papa Leone III ma una tempesta durante il viaggio lo costrinse a cercare riparo nel porto di Numana, che al tempo era piuttosto grande e a depositare la preziosissima reliquia nella chiesa di San Giovanni Battista. Nel frattempo l’Imperatore, per urgenti ragioni diplomatiche, dovette raggiungere la Lombardia e successivamente la Francia dove morì nel 814 d.C. Dopo la sua morte il Crocifisso rimase a Numana dimenticato dai successori dell’imperatore.

Nell’anno 846 d.C. Numana fu funestata da movimenti sismici di notevole entità, che distrussero gran parte delle abitazioni e anche la Chiesa di San Giovanni:  il Crocifisso andò perduto. Nel 1294 alcuni pescatori numanesi trovarono in mare il Crocifisso. Una volta liberato dai detriti che lo ricoprivano, venne portato in una cappella risparmiata dal terremoto in prossimità delle mura di cinta del paese, all’altezza degli attuali resti della “Torre” e lì vi rimase sino al 1566. A causa della decadenza di Numana e per la floridezza del vicino castello di Sirolo, dove i pellegrini trovavano ospitalità, il Crocifisso fu chiamato “di Sirolo” mentre in precedenza, come si rileva da alcuni documenti, era detto “Crocifisso di Umana”. Anche per le numerose grazie avvenute, il crocifisso di Numana divenne meta di pellegrinaggi, in abbinamento a quelli per la Statua Nera della Santa Casa.

A Loreto, dove si facevano numerosi tatuaggi a quelli della Madonna si aggiunsero quelli del crocifisso. La tradizione vuole che durante le crociate, i soldati prima di partire si tatuassero i simboli religiosi della propria fede per farsi riconoscere rispetto agli “infedeli” e per garantirsi la sepoltura ecclesiastica, all’epoca negata a chi soccombeva in battaglia e non presentava simboli della propria religione. Il tatuaggio era quindi un marchio di riconoscimento che rappresentava la cristianità.

Per molti i tatuaggi sono una cosa di oggi. Per strada si vedono uomini e donne di qualsiasi età foderati di disegni, spesso non belli e qualche volta anche blasfemi. Molti anni fa, invece, c’erano molte persone  che andavano in pellegrinaggio a Loreto e quando tornavano erano tatuate. Il pellegrino era guardato con rispetto e godeva delle attenzioni degli umili e dei potenti, per la sua presumibile santità e pure per la protezione della Chiesa: veniva, dunque, in ogni modo agevolato, organizzando strade, rifugi, ospizi. Era cosa abbastanza comune che una volta arrivato a Loreto entrasse nella bottega di uno dei tanti tatuatori per farsi imprimere sulla pelle un disegno sacro e indelebile, dedicato alla Madonna nera.

Questa pratica “religiosa” ebbe inizio dopo la morte di San Francesco, anche per ricordare le sue stimmate. L’introduzione del tatuaggio è un segno assolutamente personale e permanente, che non ammette dubbi; incontrò maggior favore di altri segni o distintivi cuciti sugli abiti per non essere fermati dalle guardie che erano assai severe con chi veniva da lontano e poteva essere persona di malaffare. Chi andava in Terra Santa si faceva tatuare per essere certo che in caso di morte la sua appartenenza a Cristo fosse certa. Così a Loreto si cominciò, probabilmente dopo il 1226, a vendere ai pellegrini ciociari, abruzzesi e marchigiani la marcatura sulla pelle: quei buoni fedeli tornavano contenti nella propria terra, mostrando a tutti che erano stati alla Santa Casa e suscitando ammirazione nei compaesani.

Malgrado le ripetute proibizioni, la pratica del tatuaggio è continuata a Loreto fino ai giorni nostri, e oggi è ancora possibile ascoltare testimonianze dirette di persone che hanno esercitato il mestiere di tatuatore. Gli operatori, sembra che fossero quasi sempre calzolai, i quali, lavorando sull’uscio di casa tenevano le necessarie attrezzature a portata di mano, sul deschetto. La discontinuità del lavoro e forse anche molta esperienza nella lavorazione con pelli e tinture li rendevano particolarmente idonei alle saltuarie prestazioni extra professionali. A Loreto, dopo un recente ritrovamento, sono esposti gli antichi timbri in legno, derivanti da piante da frutto, che servivano per imprimere il disegno sulla pelle. Voglio anche far presente che in questa città c’è ancora chi pratica il tatuaggio religioso.

Un tatuaggio era fatto sopra il disegno a inchiostro, usando una specie di penna a tre punte che strappava superficialmente la pelle per far uscire tanto sangue e iniettarvi l’inchiostro turchino chiamato indaco. Erano tatuaggi di colore blu di figure, motti, croci, simboli sacri, cuori trafitti, teschi e ancore. L’operazione era dolorosa ma dopo ventiquattrore il dolore scompariva. I pellegrini  si facevano tatuare il braccio in prossimità del polso e non era raro vedere i contadini sbracciati, o i pescatori, tenere in bella mostra le immagini con la Madonna di Loreto, con il Crocifisso di Sirolo o altri disegni sacri. Consiglio a tutti di leggere quanto è stato scritto sui tatuaggi di Loreto, sugli stampi ritrovati e sui pellegrinaggi straripanti di fede. I nostri avi, non solo andavano a Loreto ma poi proseguivano anche per Sirolo (Numana) per pregare avanti al Crocifisso di chiara immagine greca e molto apprezzato dai fedeli che recitavano: “Chi va a Loreto e non va a Sirolo, vede la Madre e non il Figliuolo”. Per tornare ai tatuaggi di Loreto, posso dire che questa prassi non si può confondere coi tatuaggi che ci vengono dalle civiltà primitive: essi sono quel che si potrebbe chiamare una istituzione; e insieme a quelli amorosi, hanno il carattere speciale di un giuramento a Dio.

Alberto Maria Marziali

26 febbraio 2024

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