Volontario? Volentieri!

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Da una storia vera a concetti positivi

 

La storia

Questa notte, alle quattro, è squillato il telefono. Mezzo addormentato ho risposto. Dall’altra parte una conoscente: “Sono caduta dal letto e forse mi sono rotta una gamba, mi sono trascinata fino al telefono soffrendo le pene dell’inferno. Potete venire ad aiutarmi?” – “Il tempo di arrivare!” – “La chiave ce l’ha quella che abita sotto a me”. La signora in difficoltà è in là con gli anni e ha tanti e seri problemi di salute, specie per ciò che concerne la deambulazione. Telefono alla vicina, già sveglia avendo sentito una botta tremenda proveniente dal piano di sopra. Arriviamo. “Fermi, non mi toccate, sicuramente mi sono rotta una gamba, chiamate il 118. Intanto preparate quello che mi può servire per il ricovero”. Mentre la rassicuro, l’altra riempie una valigetta. Dopo un po’ arriva il 118, lentamente la sistemano sulla barella e la portano via. Nei prossimi giorni sarà da aiutare questa donna, dato che non ha nessuno. Quello che abbiamo fatto non è che un minimo di volontariato: un episodio occasionale o l’inizio di un diverso percorso di vita? Speriamo si tratti della seconda ipotesi.

 

La riflessione

Oggi molti fanno volontariato, che consiste nell’aiutare chi soffre: negli ospedali, nelle case di riposo, nelle comunità, nelle carceri, nei più disparati centri di assistenza, a domicilio… La spinta a fare del volontariato nasce dall’essere disponibili e non egoisti, pronti a lenire le sofferenze altrui, dando un conforto non tanto materiale quanto spirituale. C’è Chi ha portato la croce per salvare l’intera umanità, aiutato dal Cireneo, anche noi dovremmo essere tanti piccoli cirenei, pronti a portare la croce di chi ci sta vicino. Non è facile ma ci si può provare. Il volontario assiste senza ricevere compenso alcuno. tra lui e il sofferente si instaura un rapporto di empatia, che consiste nell’immedesimarsi nelle sue sofferenze. Fare del volontariato significa ascoltare e dialogare, se il dialogo è possibile, o raccontare, sempre che l’altro abbia voglia di sentire, altrimenti restare in silenzio, perché spesso il silenzio è più eloquente di ogni parola, sorridere, percepire le sensazioni e i desideri anche attraverso impercettibili movimenti della testa, degli occhi, della bocca, delle ma-ni, aiutare a mangiare, a camminare, far capire che c’è un amico accanto a consolarti, per darti speranza, specie quando si tratterà di compiere l’ultimo passo… Il volontario non improvvisa, deve seguire un corso tenuto da esperti (psicologi, medici, religiosi, assistenti sociali, insegnanti) affinché consegua una preparazione adeguata per svolgere un compito non facile. Deve avere energie fisiche e mentali, perché se egli stesso è fragile non sarebbe all’altezza della situazione e finirebbe con l’ammalarsi: esaurimento, depressione… Se però riuscirà a conciliare col giusto equilibrio la propria situazione personale o familiare con le esigenze dell’altro, dopo aver fatto anche una sola ora di volontariato, tornerebbe a casa con il cuore leggero, accompagnato dal ricordo di un sorriso. Un sorriso, la più ricca ricompensa. Ovviamente si può fare volontariato anche senza aver frequentato gli appositi corsi: è il volontariato diffuso, che può effettuarsi verso chiunque abbia bisogno di aiuto, come l’anziano vicino di casa ammalato, depresso, solo, povero… la gioia nel dare e non nel ricevere, la vita fondata sull’essere e non sull’avere… Belle parole! Beato chi è capace di tradurle nei fatti!

Umberto

 

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