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tratte da

“Dicerie popolari marchigiane”

di Claudio Principi

prete

 

Il prète

Il prète era un trabiccolo di legno contenente un braciere di coccio denominato mònnaca, che si poneva tra le coltri per riscaldare il letto. Don Riccardo Campogiani, di cui la gente diceva ch’era prète per mòdu de dì’, venne chiamato in una casa cittadina per confessare un vecchio parrocchiano che, malridotto com’era e per via che si era in pieno inverno, non se la sentiva di portarsi fino in chiesa. Ricevette il prete una donna prosperosa, la figlia del vecchio, che oltre a questi era l’unica persona in casa in quel momento. Don Riccardo, confessato il vecchio, venne invitato dalla donna a bere qualche cosa per riaffrontare meglio il freddo esterno e il prete ben volentieri accettò un bicchierino di rosolio. Sorseggiandolo si guardò in giro e, da un uscio aperto, vide troneggiare nella stanza adiacente un letto che era bello gonfio nel mezzo. Maliziosamente chiese alla donna: “Cchji ce dorme, là ‘n-guélla càmbora?” (Chi ci dorme, là in quella camera?) – “Ce dormo io” rispose la donna. “E cchji ci sta dréndo lu léttu tua?” (E chi c’è dentro il tuo letto?) investigò il prete. “Cchji ci-à da sta’ – replicò la donna – ci sta lu prète!” (Chi ci deve stare: ci sta il “prete”). Allora Don Riccardo, ammiccando, fece: “Se vvoli, so’ pprète pure io… e ttando mèjo de quillu!” (Se vuoi sono prete anche io… e tanto meglio di quello!) “Don Riccà – fece la donna – io cerco lo callo, e nno lo zuzzo!” (Don Riccardo io cerco il caldo e non lo sporco!) e lo accompagnò con fare sbrigativo alla porta.

 

I magnapà

Nel nostro dialetto le blatte sono chiamate magnapà (mangiapane) perché questi insetti infestano le case, specialmente quelle vecchie e umide, insediandosi nei pressi della madia o della scansia del pane per ovvi motivi di alimentazione. Spregiativamente, magnapà a ddu’ zzambe vengono chiamati i preti, non solo perché ritenuti parassiti ma anche per via del colore nero dell’abito talare, identico a quello delle blatte. Ora Lu Puzzarolu, un arguto e popolarissimo vutticande (bottegaio) di Corridonia, quando alla fine dell’anno 1936 gli impiegati comunali si trasferirono nel nuovo Palazzo Comunale se ne uscì con questo commento: “E ‘na madonna..! Lu municìpiu nou, mango a fatto a ttémbu a ffunillu e gghjà s’è rrimbjtu de magnapà!” (E una madonna..! Il municipio nuovo, neanche hanno fatto in tempo a terminarlo e già si è riempito di blatte!). E’ inutile precisare che, questa volta, magnapà erano definiti gl’impiegati comunali, che all’epoca fascista erano spesso costretti a vestirsi di nero orbace e camicia nera.

 

Antichi detti sui preti

 

Viàta quella casa che cci-ha ‘na chjéreca rasa.

 

A ‘stu munnu,

un prete de più adè un purittu de mino su la terra.

 

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