Nazareno Sardellini, intervista al figlio Romolo

Dedichiamo queste pagine al “maestro” Nazareno Sardellini, a cento anni (o poco più) dalla sua nascita, sicuri che coloro i quali hanno conosciuto “Nazzarè” ne avranno piacere, mentre per i più giovani c’è la possibilità di scoprire un autore che ha saputo dare un contributo sostanzioso alla storicizzazione delle nostre tradizioni con le sue poesie e commedie in vernacolo. Sardellini ha avuto un suo ruolo anche per le poesie in lingua e per la pedagogia. Per ricostruire meglio la sua figura, sotto il profilo letterario, umano e spirituale, abbiamo intervistato il suo primogenito, Romolo Sardellini, giornalista in pensione, particolarmente vicino al padre, e anch’egli autore di poesie e ricerche storiche.

 

Dal punto di vista letterario, come inquadrerebbe la produzione di suo padre?

Occorre fare una divisione netta fra le sue opere in vernacolo e quelle in lingua. Quest’ultime, anche se meno conosciute, hanno uno spessore notevole. Probabilmente non sono riuscite a “emergere” nel momento che le ha pubblicate perché in quel periodo andava più di moda la ricerca estetica a discapito del contenuto e del messaggio da trasmettere. Mio padre, invece, con le sue poesie dà voce al suo sentire, alle sintesi delle sue convinzioni. Nelle opere in vernacolo, invece, è prevalsa la parte gioviale del suo carattere, portato sempre alla battuta, anche nei momenti più difficili della sua esistenza. “Nazzarè”, che era il diminutivo più frequente sulle labbra di chi ricercava la sua compagnia, è la sintesi della sua capacità – che si rifletteva nei testi – di dipingere il futuro di speranza. Nella sua produzione dialettale, però, emerge anche il desiderio di tramandare storie e situazioni di vita comune del nostro territorio.

sardellini nazareno scena commedia

 

 

Come ha contribuito Nazareno a valorizzare il nostro dialetto?

Fin da quando aveva una ventina di anni ha compiuto studi approfonditi sull’etimologia di moltissime parole del nostro vernacolo, tanto che personaggi come Nepi di Ascoli, o il prof. Cortellazzo dell’Università di Macerata, hanno chiesto la sua consulenza per approfondimenti sul vernacolo del maceratese. Questi suoi studi lo hanno portato a incrociare anche il settore delle “tradizioni” che ha accuratamente catalogato e che avrebbe voluto pubblicare, ma non ne ha avuto il tempo.

 

Lei parlava anche di ricerche storiche…

Oltre a quelle che dicevo sulle tradizioni, mio padre ha dedicato molto spazio alle ricerche sulla storia di Gualdo (pubblicando “la storia de lu Guardu”), di Morrovalle e dell’Abbazia di San Claudio al Chienti, ipotizzando anche lui che ci potesse essere un collegamento con la presenza dei Galli. Singolare, in proposito, la sua teoria sul perché, San Claudio, nel gergo dei residenti venga trasformato in “san Chiodu”. Secondo lui era una modificazione successiva del francese Saint Cloude (pronuncia: sent clud), poi passato nella pronuncia locale a “sent chiud” e storpiato, infine, in san chiodu.

 

Come spiega la “coabitazione” tra leggerezza e denuncia, gioia e pessimismo nei suoi versi e nei suoi scritti?

Spesso i poeti, come si sa, trasformano in “manifesti” il loro stato d’animo. È un po’ come i “periodi dei colori” dei pittori. Il giallo, il rosso, il nero, in parallelo con quello che la vita ti mette davanti, con le relazioni intessute, i pentimenti, le angosce, le gioie…

 

Fra i suoi studi ha parlato del settore pedagogico…

La pedagogia aveva preso a studiarla frequentando le Magistrali, ma la materia gli piaceva davvero e ha letto e scritto molto in merito. Dagli studi su Pareto agli approfondimenti sulla Montessori (si è recato spesso in quella che era la sede di Macerata) alle relazioni per i propri colleghi nei corsi di aggiornamento, per finire con gli indirizzi forniti ai genitori dei suoi alunni, specie quelli dal carattere difficile.

 

Qual è stato in lui il ruolo della fede e della spiritualità?

Sicuramente ha avuto il primo posto, specie negli ultimi 18 anni di vita, quelli dopo la malattia. In quest’ultimo scorcio è riemerso in lui quel “sentire” che da ragazzo lo aveva portato in Seminario. La fede era alla base di quella speranza per il futuro (facilmente rintracciabile nelle sue opere) e per dare una testimonianza concreta ha voluto scrivere la commedia “Comme quillu che dice” che è, indirettamente, una presa di posizione sul dibattito allora in corso, fra coloro che erano favorevoli o contrari al divorzio. In questa commedia c’è anche la volontà di dar vigore al valore della famiglia (altra fonte di ispirazione) come caposaldo della società. Non a caso, lui che era l’ultimo figlio di una famiglia “patriarcale” ci ha insegnato a essere sempre uniti e solidali fra fratelli.

 

In una foto si vede suo padre vicino al vecchio Tambroni: si è anche occupato di politica?

da destra sardellini tambroni mons cassulo

Sì. Da giovane più che partecipare direttamente, ha studiato l’evolversi del pensiero politico e ha avuto modo di frequentare don Romolo Murri (che ha trascorso l’ultimo periodo della sua esistenza proprio a Gualdo, dove è tuttora sepolto), approfondendo, quindi, il tema del ruolo dei cattolici in politica. Nell’immediato dopoguerra è stato eletto consigliere comunale per la DC e assessore a Gualdo, ma si dimise dopo poco tempo, denunciando fin da allora quelle corruzioni interne e quei legami poco trasparenti che hanno portato la Democrazia Cristiana alla dispersione (non rimpianta). Alla fine degli anni ’60, proprio i cattolici che non condividevano la gestione clientelare del loro partito di riferimento, cercarono di organizzarsi e di studiare quali possibilità vi fossero di un ritorno alla politica “pulita”. Questo progetto venne portato avanti con l’esperienza della “Cittadella” di Assisi, alla quale prese parte mio padre in modo convinto. Poco tempo dopo, infine, partecipò alle elezioni comunali di Sarnano, dove venne eletto addirittura Vicesindaco per una lista civica, impegnandosi in prima persona per dotare i campi da sci di nuovi e moderni impianti di risalita.

 

Sinteticamente, quali valori le ha trasmesso?

L’amore totale per mia madre e noi figli, l’amore per il prossimo, la fede, la speranza nel futuro, il rispetto del creato, la necessità di educare chi non sa, la forza di assumersi le proprie responsabilità, non far pesare agli altri le proprie sofferenze.

18 febbraio 2018

 

 

 

 

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