Nadia Perticarà, una vita dedicata con passione al lavoro

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Questa è l’esperienza della signora civitanovese Nadia Perticarà, attiva inizialmente con la calzatura poi con l’abbigliamento. Una donna decisa, attaccata al lavoro in modo quasi incosciente. Per Nadia è un motivo di orgoglio dal 1960 non avere mai cambiato la ragione sociale della sua azienda.

 

Primi passi nel mondo del lavoro

Andava a scuola quando all’età di otto anni iniziò a lavorare dal padre in un’azienda calzaturiera a conduzione fa-miliare. La mamma era sarta, lei è cresciuta con la creatività sartoriale; con i ritagli di stoffa creava dei vestitini per le bambole che vendeva alle sue amiche. L’amore per la moda era innato in lei, meno lo studio.

 

La villa della contessa

Vivere nelle case popolari di corso Garibaldi è stato un vantaggio, lei ne è orgogliosa: è stata l’università concreta che le ha insegnato ad affrontare la crescita e obiettivi ambiziosi. Di fronte c’era la grande proprietà della contessa Buonaccorsi e dalla finestra sognava un giorno di trovare la quiete e invecchiare in un luogo così ameno, in compagnia di un cane.

 

I libri degli insegnanti

Apprese a distinguere il bello, il buono e il cattivo; da una vecchietta imparò quali erbe di campo raccogliere per sopravvivere in caso di necessità, con orgoglio e onestà. Accanto alle case popolari c’erano gli alti palazzi degli insegnanti, costoro, vedendola così piccola lavorare con tanta volontà, gli passavano dei libri: lavorava e studiava. La sua ambizione cresceva e le alleggeriva il peso del lavoro, anziché sacrificio per lei era ossigeno.

 

Il primo negozio

Alla chiusura dell’attività del padre le venne l’idea di prendere un piccolo negozio in via Buozzi, ove non c’era ancora il sottopassaggio. Era un negozietto di bottoni che stava chiudendo e lì, nel 1960, iniziò “stoccando” calzature. Si poteva permettere solo l’acquisto delle scarpe dei campionari. Per non mostrare scaffali sguarniti vi esponeva le scatole vuote e fuori i cesti con i campioni con la scritta “Occasione”. Oggi sembra incredibile, ma aveva solo due numeri: uomo 41 e donna 36.  Sopperiva così: alle signore che calzavano 35 dava una soletta, a quelle che avevano 37 allargava la scarpa con l’alcool. Lo stesso faceva per gli uomini. Erano altri tempi! A causa del dissesto paterno, aveva serie difficoltà di accesso al credito.

 

Preziose esperienze

Le furono preziose le sue esperienze lavorative da fanciulla: orlatrice fin dalla età di 14 anni, coordinava i dipendenti che cucivano le tomaie. Conosceva bene le varie fasi della lavorazione: montatura, orlatura e rifinitura. Oggi con orgoglio mi racconta che scoprì a San Mauro Pascoli (FC) tre aziende: le ha subito ritenute d’avanguardia e suscettibili di successo: Pollini, Casadei, Sergio Rossi. Per la prima volta introdusse in città quei nomi.

 

Il secondo e il terzo negozio

Da via Buozzi si spostò all’inizio di corso Vittorio Emanuele, dove aprì il primo negozio di varismo e valgismo per bambini e, accanto, uno per firme prestigiose. Intorno al 1965-66, da quello scaturì una vera boutique in corso Umberto I, una delle prime di calzature.

 

L’escamotage

Lei aveva bisogno di fondi ma la Cassa di Risparmio di Macerata chiedeva garanzie. Le diede il suo nome e poi invertì il nome e cognome come fosse un’altra persona che garantiva. Il direttore rimase perplesso ma anche affascinato dal suo forte desiderio di crescita. Aveva notato che era in negozio 12-14 ore al giorno, lo teneva aperto anche la domenica. Il lavoro era la sua ragione di vita, le dava grande soddisfazione. L’orgoglio alimentava il motore della sua autostima.

 

L’incidente

Dopo diversi anni trasformò la jeanseria in negozio di abbigliamento con articoli di famosi stilisti emergenti; ebbe successo e divenne un negozio di punta per cerimonie ed eventi importanti. Le sue attività stavano crescendo bene, quando una domenica pomeriggio del 1970 mentre, in una stretta strada di campagna, stava accompagnando la mamma con la 500 a far visita al padre in ospedale, ebbe un gravissimo incidente stradale. Ciò la costrinse a lun-ghe degenze e vari interventi chirurgici, lasciandola assente dal lavoro per diversi mesi.

 

L’amara sorpresa e la risalita

Al rientro trovò amare sorprese: il suo posto di dirigente era stato occupato, dovette ricominciare tutto da capo. Ripreso il timone, si sganciò da tutti e ricompro ciò che aveva in comunione con altri, a iniziare dal negozio esistente in Corso Umberto I al civico 85, un bel palazzo Liberty, dove tuttora tiene la moda fashion e abiti da cerimonia. Riacquistò il vecchio appartamento popolare di famiglia per i bei ricordi che aveva: da lì era partita la sua carriera nella calzatura nella moda e nell’abbigliamento. Doveva averlo assolutamente per ricordare con piacere chi le aveva insegnato il risparmio e a vivere semplicemente e onestamente, ricordi che tuttora le tengono compagnia.

 

Il furto e il cambiamento

Nel 1991, mentre il commercio stava cambiando, accadde un altro dramma: un furto su commissione le arrecò un grave danno, non era coperto da assicurazione. Grazie alla fiducia di cui godeva, in un giorno riuscì a rifornire di nuovo il negozio. Invece di abbattersi decise di lasciare le grandi firme, perché secondo lei dietro “non c’era più nessuno” e il prezzo non era più adeguato al prodotto e ai tempi. Inventò un negozio alternativo di emergenti e tra questi prese Sandro Ferrone con tutte le sue cinque linee, oggi leader nel mercato nazionale nel settore “total look” donna.

 

Personaggi e riconoscimenti

Ha conosciuto personaggi importanti della moda e dello spettacolo. Oggi quale esperta cura l’immagine di giornaliste sportive, tra cui Simona Rolandi di Rai Due che le fa visita spesso in negozio. Il 2 dicembre 2006 ha ricevuto dalla Camera di Commercio di Macerata diploma e medaglia d’oro per 35 anni di lodevole attività d’imprenditrice commerciale e nel 2018 un premio a San Giovanni Rotondo (FG). I suoi miti sono Coco Chanel e Iris Barrel Apfel, designer d’interni americana e stilista famosa, ancora attiva a 98 anni.

 

I sogni realizzati

In tarda età ha realizzato i sogni della sua vita: campagna, cane, serenità e pace. Ringrazia le sue valide dipendenti che con passione e sacrificio le sono sempre accanto sul lavoro. Nonostante la sua impegnativa vita lavorativa è riuscita a crescere i due figli, Simone e Alessandro, che oggi anche loro hanno una famiglia. Ha a cuore anche le nuore e le due nipoti Marta e Andrea Benedetta.

 

I suoi consigli

Ai giovani dice che non bisogna essere troppo legati all’apparire, importante è l’essere, e mettere in pratica i valori oggi in decadenza: onestà, volontà e stima di se stessi. Le sue esperienze insegnano alle nuove generazioni che la forza di volontà e l’impegno in prima persona premiano sempre. Nella vita le sconfitte sono inevitabili, ma bisogna essere resilienti e sapersi risollevare.

Eno Santecchia

17 settembre 2019

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