Il Museo Civico Archeologico della città di Treia

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Il minuscolo ingresso, costretto tra le mura urbiche e la strada di circonvallazione non rende merito al Museo Civico Archeologico di Treia. Appena entrati la situazione cambia: il calore del cotto, la grazia protettiva delle volte, la pacata illuminazione e gli spazi arredati con eleganza accolgono il visitatore e lo fanno sentire a suo agio. Il Museo è allestito negli spazi posti a livello stradale del convento di San Francesco e al suo interno occhieggiano dalle vetrine reperti lapidei: punte di frecce, raschietti e altri piccoli oggetti che testimoniano la presenza umana nel territorio treiese fin dai secoli più lontani, quelli dell’età della pietra. Non meno importanti sono gli oggetti in bronzo rinvenuti nelle necropoli Picene, tra questi una collana corredata da dodici anelli e una statuetta davvero bella. È scenografica l’ambientazione, realizzata con un sapiente uso delle luci, creata per sottolineare l’eleganza dei panneggi della toga di una statua romana acefala, situata in uno stretto passaggio. Teste di fattura romana, poggiate sopra colonnine, ti osservano intanto che ammiri imponenti capitelli e cerchi di tradurre le iscrizioni scolpite sui blocchi di marmo. Poi ti fermi, non puoi farne a meno, davanti la testa del Dio Serapide, solenne nella sua staticità alleviata dalla morbidezza dei riccioli della capigliatura e, come questa, notevoli  per pregio scultoreo e per il significato storico, sono due statue, purtroppo acefale, che rappresentano le divinità egizie Iside e Osiride. L’insieme dei reperti presenti in questo Museo fanno comprendere come il territorio, segnatamente treiese ma anche di tutta la vallata del Potenza, sia stato abitato in continuazione fin dalle epoche più lontane e raccontano la nostra storia, parlano delle nostre origini.

 

L’archeologo professor Enzo Catani

Da pochi mesi la cura del Museo e il suo futuro, sono affidati a una persona che di reperti è un esperto e un cultore: l’archeologo professor Enzo Catani. È lui che ci accoglie e si presta volentieri a concederci una amichevole chiacchierata.

Come definire il Museo Civico Archeologico di Treia?

“Una perla all’interno del museo diffuso delle Marche!”

Le Marche, una regione con una lunga e significativa storia alle spalle…

“È vero, qui ogni comune ha sul proprio territorio un sito archeologico, un antiquarium, una via consolare, un castello medievale, cripte e opere d’arte a non finire”.

Questo capitale culturale è difeso e apprezzato?

“Negli ultimi venti anni abbiamo assistito a una musealizzazione del territorio funzionale alla sua difesa e alla sua tutela. Oggi, e forse era da iniziare un po’ prima, si deve puntare alla sua valorizzazione, a diffonderne la conoscenza partendo dalle scuole. Un compito che spetta alle comunità, agli amministratori dei singoli beni culturali”.

Oggi, in troppi comuni non c’è la consapevolezza del valore dei reperti del passato: cosa fare?

“Basterebbe prendere esempio dalla ‘chiesa’, che sa come fare ‘tesoro’ dei beni ecclesiastici”.

Il recente terremoto e la devastazione conseguente non ci hanno dato una mano…

“Forse sì. Ma forse abbiamo capito che c’è da curare il passato, che i musei non devono essere luoghi polverosi ma centri per ravvivare la memoria delle nostre radici”.

 Qual è la sua idea per valorizzare il Museo di Treia?

“Un museo non deve essere un luogo statico bensì dinamico, deve aprirsi sia ai treiesi che ai visitatori esterni e perciò deve diventare un luogo di cultura, d’incontri, di dibattiti e pure di concerti. Specialmente ora che in città altri spazi sono impraticabili per i danni del sisma. Punto su conferenze mirate per le scuole di ogni ordine e grado, perché gli studenti di oggi saranno i cittadini di domani e più profonda sarà la loro conoscenza e più garanzie ci saranno per un futuro migliore”.

Le scuole, dunque: c’è qualche progetto già in corso?

“Sì. È in atto un progetto europeo, il Pon 2014/2020, che riguarda l’archeologia nella valle del Potenza e capofila è il Liceo Classico Linguistico di Macerata”.

Entrando nel dettaglio: quali progetti per Treia?

“Il Museo deve diventare una entità viva nella quotidianità e non solo nelle grandi occasioni e deve coinvolgere i treiesi. Vorrei creare un’associazione di Amici del Museo finalizzata a uscite sia nei musei locali che nazionali. Poi, dato che il nostro museo, pur bello, è piccolo, ho pensato di destinare una sala a mostre tematiche di più generi: geologia, architettura, archivistica, arte… coinvolgendo le collezioni dei privati. Saranno mostre temporanee e il Comune dovrà mettere una modesta dotazione di fondi e reclamizzare gli eventi”.

La Soprintendenza potrebbe essere disponibile a prestare reperti importanti?

“Credo di sì. Naturalmente va garantita la massima cura del bene concesso, la sua sicurezza a garanzia della sua incolumità. E, soprattutto, la validità del progetto che si andrà di volta in volta a presentare”.

Quindi una struttura museale viva e vivace. Le foto e i cartelli che stiamo osservando in questa stanza sono una prefigurazione dei progetti di cui ci ha parlato?

“In effetti è così. Nelle immagini e nelle didascalie c’è una parte del lavoro che ho svolto come archeologo per la Università di Macerata a Cirene, nominata come l’Atene d’Africa per la sua ricchezza. Sono foto che testimoniano gli scavi che da 40 anni l’Università di Macerata svolge in Libia, riportando alla luce strutture meravigliose, spesso coperte da più metri di sabbia che ne hanno salvaguardato l’integrità  impedendone il saccheggio”.

Qual è la prima cosa che notano i visitatori entrando in questo museo treiese?

“Rimangono affascinati dalla struttura e stanno a naso in su ad ammirare le volte. Anche il luogo ha la sua importanza, è come una bella cornice a corredo di una tela dipinta”.

Andando oltre l’atto dello scavare, come definisce l’archeologia?

“L’archeologia è il tessuto connettivo dei nostri beni culturali”.

E la cultura?

“La cultura aiuta a crescere, rende consapevoli di ciò che ci circonda, aiuta a guardare avanti  e a operare correttamente per il bene nostro e del nostro pianeta”.  

Servizio e foto di Fernando Pallocchini

14 ottobre 2019

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