Le api, per la loro importanza, sono un “patrimonio dell’umanità”

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Conversare con una signora che si occupa di api da sempre, ci dà l’occasione per osservare da vicino i problemi del settore. Ormai conosciamo l’importanza delle api, un “patrimonio dell’umanità” dal quale dipendono il 76% della produzione alimentare e la sopravvivenza dell’86% delle specie vegetali. La sua famiglia si dedica per vocazione all’apicoltura dal 1880 e oggi possiede cinquanta arnie. In modo semplice espone alcuni problemi che devono affrontare gli apicoltori a livello amatoriale, problemi poco conosciuti a chi non è della materia.

 

Distanza tra alveari

La distanza con cinquanta arnie deve essere di tre chilometri (in linea d’aria) dagli altri alveari. Invece, non essendoci controlli, succede che siano vicinissime. Così le api non hanno tutte cibo a sufficienza. Inoltre si riduce la sicurezza dell’apiario perché si possono verificare saccheggi alle arnie più deboli. La prima visita o “partenza” ad aprile consiste nel controllare che nell’apiario ci sia miele a sufficienza per nutrire le api stesse, a volte bisogna riequilibrare le famiglie, ecc.

 

La fioritura

Quasi tutte le settimane occorre controllare che tutto sia pronto per la prima fioritura: acacia (Robinia pseudoacacia), ciliegio, poi melo, pero, i rovi (quelli delle more), albicocco, pesco, poi girasole, erba medica e fiorellini spontanei. Le api mentre si nutrono impollinano: è una simbiosi in perfetta naturale armonia! L’interlocutrice mi accenna anche all’erba medica. Tanti agricoltori per fare quattro tagli, la fienano prima che il fiore sia maturo e appetibile perle api, lasciandole a bocca asciutta. Sembra che quel fieno sia un po’ amaro, ma è venduto e  portato lontano: chi se ne accorge! Nei campi d’erba medica da seme le api possono godersi tutta la durata della fioritura ma oggi sono molto rari.

 

Apicoltura stanziale e nomade

Capita anche che qualche agricoltore per impollinare, a esempio, i suoi alberi da frutto, le colture di meloni e cocomeri, prenda delle arnie dagli apicoltori e le depositi nei campi senza custodirle, abbandonandole a se stesse. Spesso tra loro si diffondono malattie. Oltre all’apicoltura stanziale esiste anche quella nomade, gli apicoltori portano le arnie, dove ci sono vasti campi in fiore, lasciandole un periodo e poi spostandosi, gradualmente, dalla costa adriatica agli Appennini.

 

Il nemico delle api

Come gli esperti sanno, purtroppo anche le buone api hanno molti nemici. La famigerata Varroa (Varroa Destructor) sembra si possa tenere un po’ sotto controllo con metodi biologici (olio essenziale di eucalipto), ma la soluzione non è definitiva e la battaglia contro questo acaro parassita, proveniente dall’isola di Giava, è ancora in corso. Il vero apicoltore cura con passione le api che, da aprile a settembre, richiedono molto impegno. Anche le spese sono alte, infatti le attrezzature di acciaio inox per l’estrazione del miele sono molto costose.

 

Rispettare i ritmi naturali

La sua azienda a conduzione familiare vuole rimanere tale per dedicarsi esclusivamente alla qualità, il loro prodotto è di nicchia. La produzione naturale di questa minuscola azienda familiare si ottiene senza forzare e portare allo sfinimento le api, rispettando i loro ritmi naturali, senza cambiare le regine. La filosofia di questi apicoltori artigiani si spiega in poche parole: “Massimo rispetto per i loro ritmi naturali, pulizia e cura degli alveari e delle attrezzature, senza uso di sostanze estranee”. Per contro i produttori che puntano alla quantità stressano le loro famiglie di api, forzando la loro alimentazione e altro: metodi poco ortodossi ma legali.

Alveare con ape regina

 

L’ape punge?

Per scarsa conoscenza, tante persone scambiano le api per vespe, temendo che possano pungerle. In natura l’ape non punge l’uomo salvo che non si trovi sulla sua traiettoria. È bene ricordare che le api non producono solo miele ma anche polline, pappa reale, cera, propoli, preziosi prodotti con tante proprietà naturali e dai molteplici utilizzi. In ultimo vogliamo segnalare una problematica di cui non si parla. Ci sono donne che vorrebbero dedicarsi alla cura delle api, ma incontrano serie difficoltà perché pare che l’apicoltura sia restia ad aprirsi al femminile. Per far sì che una donna vi possa lavorare occorrerebbero arnie con meno telaini, melari bassi, materiale più leggero, accessori di difesa passiva, quali maschere e guanti, disponibili anche nelle taglie femminili.

Eno Santecchia

8 novembre 2019

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