Un artista instancabile: Silvio Craia, il formidabile

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Negli anni 80 – nella improvvisata veste di insegnante di Liceo (!) – rimediai un invito per un memorabile concerto al “Lauro Rossi” tenuto, alle dieci del mattino, per le scuole maceratesi dal pianista Gino Brandi. Per inciso, fu un imprevedibile successo, non solo per il teatro gremito in ogni ordine di posti (sold out, si direbbe oggi) ma soprattutto per la partecipazione emotiva da parte di un pubblico giovane e poco assuefatto – all’epoca – a certi modi di fare musica. A mio parere l’esperimento sarebbe da ripetere, ove possibile, magari con lo stesso artista, efficace e pimpante nonostante l’età. Chiusa la parentesi. E torniamo alla circostanza.

 

La scenografia per il concerto di Gino Brandi

Mi siedo in platea tra un pubblico chiassoso e vociante, subito zittito dai primi accordi del pianoforte. Mi scivola accanto, quasi furtivamente a occupare un posto libero, Silvio Craia. Saluti di prammatica – ci si conosce da sempre – e qualche commento a bassa voce sull’evento; poi, istintivamente, quasi per una sorta di deformazione professionale derivante dalla reciproca frequentazione dell’Arte in genere (lui come operatore, io come occasionale commentatore), consideriamo – oltre la musica – l’elegante apparato scenico. Pochi vasi di fiori sul fronte della ribalta. Sobria e formale l’atmosfera resa dal colore blu predominante tra fondale e quinte, rotta da un faretto puntato sulla fragile figura di Brandi alla tastiera. Sullo sfondo si stagliano, appese, quattro simmetriche cornici bianche con all’interno – senza alcun ordine logico o riferimento allo spettacolo in corso – macchie informi, sprazzi di luce, invenzioni cromatiche di indubbio effetto.

 

Il materiale da “recuperi formidabili”

In una pausa del concerto Craia, notando il mio interessamento a ciò che appare alle spalle dell’esile figura del pianista, mi si rivolge con il linguaggio esitante che lo caratterizza: “Giachì’, te piace quilli quàtri lì de jétro?” – alla mia risposta di sincero immediato apprezzamento e con un tono come di involontaria sufficienza mormora: “L’ho fatti io…’Na faticata a métteli su!” – “Ah, davvero belli!” – ribatto – “Sai de che è fatte le quattro cornici bianche? – ??? – Adè li contorni, li fondi in plastica delle cabine doccia, scartati per quarghe difetto da ‘na ditta de qui vicino che fa ‘sse ròbbe…”. Sorvola con eleganza (con pudore?) sul contenuto delle quattro installazioni.

 

Accostamento irriguardoso?

Resto allo stesso tempo spoetizzato, sorpreso e ammirato dalla naturalezza con cui questo eclettico artista opera. Dalla prontezza con cui è abile a sfruttare qualunque materiale di risulta, elevandolo a livello di apprezzabile opera dell’ingegno, con l’accostamento (forse involontario come nel caso) di un accessorio del… bagno con la eterea nobiltà del genere musicale proposto!

 

La scritta “Vespignani”: anticipatrice

Qualche tempo dopo riuscimmo (con la disinteressata collaborazione di Elverio Maurizi) a organizzare a Macerata, nell’allora chiesa monumentale di San Paolo in piazza della Libertà, una corposa mostra delle opere di Renzo Vespignani, celebre pittore e incisore romano scomparso nel 2001. Craia provvide a installare sulla facciata della chiesa un “VESPIGNANI” a caratteri cubitali, con lettere intagliate su legno grezzo rimediate non so dove. Ma il bello fu che, accortosi che le lettere maiuscole non bastavano a completare la scritta, inserì nel cognome alcune vocali in carattere minuscolo, con un effetto all’epoca straniante, oggigiorno divenuto di uso comune specie nei poster in genere, negli spot pubblicitari o nelle insegne. Qualcuno avrà mugugnato e criticato quella maniera disinvolta di introdurre un artista di tale fatta. La forma non sarà stata il massimo dell’eleganza, ma certo di sicura presa visiva.

 

La genialità di Silvio

Craia è così. Non è disprezzo o indifferenza nei confronti del parere altrui. La sua filosofia viene da lontano, dalla frequentazione di amicizie come quella di Emilio Villa, di Sante Monachesi, degli ultimi epigoni del Futurismo maceratese. Non è nemmeno una posizione polemica. È intuito, è immediatezza, è genialità.

 

Prof all’Università della Terza Età: “Copiate e buon lavoro!”

In epoche più recenti, durante la frequentazione dei corsi di pittura programmati dalla Università della Terza Età, ritrovo Silvio Craia insegnante della materia. Con il suo fare sbrigativo e privo di ogni atteggiamento professorale, l’artista, il primo giorno di lezione, appena entrato e salutati frettolosamente gli iscritti, allestisce su un ripiano d’occasione una sua “natura morta”. Assembla al momento uno scatolone vuoto con sopra un barattolo non so di cosa, un bottiglione e un cerchione arrugginito di ruota di carro agricolo a far da cornice; data un’occhiata veloce e velatamente ironica, ai “giovani” apprendisti, Silvio, di primo acchito fa: “Adesso copiate e… buon lavoro!”. In seguito, stimolando fantasia e spirito creativo, propose come tema la figura di Padre Matteo Ricci e le nostre opere, rivedute e all’occasione perfezionate dal professore, furono esposte in una mostra collettiva dedicata ai “ragazzi” della Terza Età.

 

Lo studio di Silvio

Non so quanti di voi hanno avuto occasione di varcare la soglia del suo studio (che non mi azzardo a chiamare “atelier”… penso che Silvio si offenderebbe di fronte a una simile definizione), sito a due passi dalla Stazione ferroviaria di Macerata. Qualora vi capitasse, vi trovereste letteralmente immersi in una congerie di materiali sparsi, in attesa di essere riconvertiti in prodotti di una intelligente alchimia creativa, sareste affascinati dalla miriade di tele dipinte con toni vivaci, squillanti, tra colori spatolati con la rapidità del gesto, in stretta correlazione tra pensiero ed attuazione. Le pagine su cui inventare le cose non sono necessariamente tele, ma compensati di occasione, pezzi di cartone, magari con sopra la pubblicità di un detersivo, vecchi manifesti ecc. Il tutto mantenuto inalterato e destinato a comporre una sintassi discorsiva di rara efficacia (Ndr: sono i suoi “recuperi formidabili”).

 

Il curriculum

Craia è il classico esempio di persona che, come si suol dire: “Una ne fa e cento ne pensa”. Basta scorrere il suo curriculum, specie quello relativo agli ultimi decenni. Nel suo lungo cammino artistico ha avuto rapporti con personaggi di tutto rilievo come (cito a caso): Bignardi, Ginesi, Crispolti, Del Gobbo, Prosperi, Valentini. È stato presente a Reggio Emilia, nella retrospettiva dedicata a Emilio Villa, con nomi di prestigio come Capogrossi, Fontana, Duchamp, Pollock, Monachesi ecc. Con un sussulto di ironica autostima oggi si definisce “Formidabile”. Dice dei suoi programmi Continuo, per non mai tornare indietro”. Macerata gli ha dedicato una mostra antologica nel 2017 a Palazzo Buonaccorsi selezionando opere che vanno dagli anni ‘50 ai giorni nostri. Di recente, nel maggio 2019, ha organizzato in piazza Mazzini sotto il titolo “La catena ritrovata” di Emilio Villa, un evento in omaggio all’amico critico d’arte, con una originale installazione a terra. C’è la inesauribile voglia di fare, la curiosità di scoprire, il desiderio di conoscere, peculiarità invidiabili in chi ha varcato la “detestata soglia della vecchiezza.

 

Luciana

Non contano gli anni, non contano gli acciacchi, i figli sono oramai sistemati, la compagna di vita non fa che incoraggiare le iniziative, collaborando e creando essa stessa: “Luciana che ha sempre condiviso la sua vita e sempre amato ciò che lui ha realizzato” è stato scritto. E Silvio replica “Continuo a creare per te e con te tutto nasce e si sviluppa”.

 

Opere monumentali (piccole e grandi) sparse per Macerata

Che dire poi della straordinaria originalità della scultura realizzata nel 2017 dal titolo “Verso l’alto”, un assemblaggio proiettato appunto verso il cielo, utilizzando le fasce metalliche dei ‘guard-rail’, quei dispositivi di sicurezza che tutelano i percorsi stradali di ogni giorno. E poi l’idea dei piccoli monumenti celebrativi dedicati ai poeti dialettali della nostra terra e quelli per gli scrittori più noti della nostra città, in collaborazione con altri artisti e artigiani. 

 

Le parole di Siriano Evangelisti

Tanto per citare alcune delle “pensate” dei tempi più recenti. Siriano Evangelisti che segue costantemente il fare dell’amico artista, nel presentare una mostra che oggi Silvio ha dedicato allo scenografo concittadino Dante Ferretti, dal titolo “Macerata è…” così si è espresso: “Le opere appaiono come delle cartoline giganti nelle quali le esplosioni di luce e di colore dei fuochi pirotecnici fanno da cornice ai luoghi e monumenti più rappresentativi della città: lo Sferisterio, la Torre dell’orologio, i cancelli, (la Chiesa di) San Giovanni…”. Cartoline reperibili in ogni tabaccheria, ma dilatate nella dimensione, rivisitate, reinterpretate dalla sintesi visionaria di Craia, fedele a una pittura tutta sua, non certo ascrivibile a precise scuole di scrittura artistica. L’artista con queste creazioni ha voluto ricordare a Ferretti la sua città natale, i luoghi frequentati nella fanciullezza, quella Torre campanaria, fra l’altro, dice Evangelisti “sulla quale da piccolo saliva per aiutare il figlio del custode a caricare l’orologio. Un orologio che – guarda caso – compare nel film ‘Hugo Cabret’ di Martin Scorzese”. La scenografia di questo film ha consentito a Ferretti di raggiungere nel 2012 il traguardo del terzo Oscar hollywoodiano.

 

Le parole di Lucio Del Gobbo

Mi piace chiudere questo veloce profilo di Silvio Craia con le parole di Lucio Del Gobbo che dell’artista scrive: “Ma è così utile spiegare il senso di un’opera di Craia? Elencarne il metodo e le motivazioni? Non ne sono sicuro. Non soltanto per la chiarezza di significato e l’energia alquanto esplicita che sempre la sostiene, ma soprattutto per salvaguardarne e non stravolgerne il portato emozionale che è mostrato, ma soprattutto vissuto personalmente.

Goffredo Giachini

31 dicembre 2019

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