Storie e dati anagrafici dallo ‘Status Animarum’ di Montolmo: anno 1809 anime 6.369

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Nello Stato Pontificio il parroco svolgeva la funzione di funzionario di stato civile e annotava i fatti salienti della vita del suddito/fedele nei libri parrocchiali: nascita, battesimo, matrimonio e morte. A volte le annotazioni non erano molto precise e questo si constatò quando alla nascita del Regno d’Italia del 1861 si utilizzarono detti registri per la composizione delle liste di coscrizione con l’introduzione della Leva obbligatoria. Durante lo Stato Pontificio si provvedeva saltuariamente a effettuare dei censimenti chiamati “Status Animarum”, Stato delle Anime, in cui si rilevavano gli abitanti con annotazioni, delle volte non molto rigorose, sulla residenza, decessi e matrimoni. A Montolmo (Corridonia) nello Stato delle Anime redatto dal prevosto Giustini (1809) e dal prevosto Olivieri (1842 e 1853) risulta:

anno 1809 – anime 6.369;

anno 1842 – anime 7.932;

anno 1853 – anime 8.859.

Da una rilevazione che si trova presso l’Archivio Comunale di Corridonia si legge inoltre che la popolazione nel 1860 fosse di 7.883 abitanti. Interessante è il momentaneo cambiamento che si ebbe con l’annessione nel 1808 delle Marche al Regno d’Italia, di cui Napoleone si era fatto nominare Re. I dipartimenti amministrativi dei territori tolti allo Stato Pontificio erano tre: Metauro con capoluogo Ancona, Musone con capoluogo Macerata e Tronto con capoluogo Fermo. Montolmo faceva parte del I° Distretto, cantone di Macerata. A Montolmo nel 1808 fu istituita una “Giudicatura di pace” (tribunale) soppressa nel dicembre 1811 e poi ricostituita dopo la Restaurazione sotto lo Stato Pontificio. Erano presenti anche delle carceri nei vecchi palazzi ora scomparsi dell’attuale piazza Corridoni. Il Regno d’Italia cadrà nel 1814 con la disfatta di Napoleone. Nei registri dello Stato civile napoleonico (1808-1814) per Montolmo si hanno i seguenti dati:

anno 1808: nati 101 – morti 79;

anno 1809: nati 159 – morti 110;

anno 1810: nati 157 – morti 132;

anno 1811: nati registro mancante – morti 128;

anno 1812: nati 126 – morti 154;

anno 1813: nati 169 – morti 159;

anno 1814: nati 222 – morti 204.

Il Codice Napoleonico fu introdotto nel Regno d’Italia nel1805 insieme a importanti riforme amministrative che dovevano portare, specialmente i territori dell’ex Stato Pontificio, a una legislazione moderna. In questo senso va inteso a esempio, nell’ambito di una burocrazia funzionale, l’introduzione del funzionario di stato civile che doveva trascrivere e tenere precisi registri per le nascite, morti e matrimoni: il battesimo non interessava più a uno stato dove la libertà di culto era sancita per diritto.

Concentriamoci sul certificato di battesimo. Il funzionario di stato civile chiamato, si recava personalmente presso la casa del neonato. Qui il padre dopo aver mostrato “l’infante” al funzionario, al fine anche di constatare il sesso, dopo aver dato le proprie generalità dichiarava il nome dato al neonato e chi fosse la madre. Da notare che veniva specificato solo se la madre fosse la moglie non il contrario, dimostrando una certa laicità dello stato. Il tutto alla presenza di due testimoni che firmavano l’atto con il padre e il funzionario: se erano analfabeti veniva precisato che il certificato era stato letto.

Interessante narrare di un particolare caso in cui mi sono imbattuto nel comune di Montolmo. Il 7 aprile 1812, il funzionario Pampinoni si reca presso l’abitazione di Niccola Mancini posta in contrada Sant’Agostino. Qui la moglie Marianna Fermani di anni 24 di professione filiera, professione molto comune, mostrando un neonato di sesso maschile dichiara che un’ora prima, una donna sconosciuta ha bussato alla sua porta dicendo: “Io ti lascio questa creatura sopra questa sedia, pensaci tu e pensa che non è stata battezzata”. La Fermani precisava che presentava il piccolo così come era stato lasciato, cioè con “fascia di panno bianco di lino, fasciatore di panno rosso e soprafascia bianca”. Il bimbo non aveva segni sul corpo (nei, cicatrici, malformazioni), “ne alcuna carta tra i suoi panni o altro”.

A volte quando venivano abbandonati, tra gli indumenti del bimbo si lasciavano degli amuleti, piccoli gioielli o altra cosa che potesse in età adulta far risalire alla sua identità: storie non rare nei romanzi o nei film, specialmente di ricche dame che avevano dovuto abbandonare il loro piccolo, frutto, come si diceva, di un amore illecito. Anche in questo caso sono presenti i due testimoni, il marito della Fermani, di anni 30 di professione “molinaro” e certo Giovanni Battista Trobbiani. Il funzionario precisa, essendo analfabeti i dichiaranti, che l’atto è stato letto e che l’infante “è stato mandato al luogo Pio”. Un orfanotrofio tenuto da religiosi di cui però non si specifica la collocazione. Una considerazione sull’accaduto. È credibile la storia che non conoscessero la madre del bimbo e che l’avessero accettato senza nessuna rimostranza?  Lascio al lettore il giudizio.

Modestino Cacciurri

6 dicembre 2021

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