La saggezza nella campagna maceratese attraverso detti e proverbi sul clima – n° 2

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Una brevissima introduzione per comunicare che la prima parte di questa ricerca è disponibile al seguente link: La saggezza nella campagna maceratese attraverso detti e proverbi sul clima | Associazione culturale La Rucola .

L’acqua d’agustu non è bbòna mango per lavàccese le mà’ (L’acqua di agosto non è utile per la campagna; è inutile anche per lavarsi le mani).

Chi vole avé’ lo musto, zappa la vite d’agusto (Chi vuole avere il mosto zappi la vite in agosto).

Cepolla jindile sémenala d’agustu, strapiandela d’aprile (Se vuoi buone cipolle seminale in agosto e trapiantale in aprile).

Chi dorme d’agustu, dorme a su’ costu (Chi dorme in agosto, dorme a sue spese perché il lavoro incalza).

Agustu callo e callusu, ‘n’andru annu granellusu (Agosto caldo, l’anno prossimo ci sarà molto grano, perché il caldo secca l’erba cattiva).

D’Agustu rpulisci la cucina, de settembre la candina (In agosto pulisci la cucina, in settembre la cantina affinché sia pronta per la vinificazione).

Chi zappa la vigna d’agustu, rrembie la candina de musto (Chi zappa la vigna in agosto riempie la cantina di mosto, ha una buona raccolta di uva).

Gallina agostarola è feteréccia (La gallina d’agosto depone le uova).

Chi magna l’ûa d’agustu, non arrìa a bêe lo musto (Chi mangia l’uva in agosto non arriva a bere il mosto: non potrà produrlo).

Dentro la màttara ce mitti lo pà’, se a ottobre hi somendàto lo grà’ (Dentro la madia avrai pane se in ottobre hai seminato il grano).

Maggiu tuttu véndu, tanta paja ma pocu frumendu (Con il maggio ventoso si avrà tanta paglia ma spighe povere di grano).

Maggiu acqusu, mese dannusu (Maggio acquoso, mese dannoso per scarsa produzione).

Maggiu soleggiatu, frutti a bòn mercatu (Maggio soleggiato, tanti frutti da calmierare i prezzi).

Maggiu friscu e bagnatu, jùa a la vigna e a lu pratu (Maggio fresco e bagnato giova alla vigna e al prato).

Se a lugliu fa tembesta, l’ua no’ rémpie la cesta. Se invece adè tembu vonu, prepara la votte (Se a luglio ci saranno temporali, l’uva non riempirà le ceste. Se invece sarà tempo buono si dovranno preparare le botti data la buona raccolta di uva).

Magghio ortolà’, tanta paja e poco grà’ (Maggio piovoso favorisce l’orto, tanta paglia ma poco grano).

Luna o non luna, prima de Marzu non potà’ l’ùa (Quale che sia la fase lunare, prima di marzo non potare la vigna).

Se Marzu no’ marzegghia, Aprì’ non verdeggia (Se a marzo non pioverà, aprile patirà la secca).

Febbrarittu, scorteca lu somaru e lu caprittu (Febbraio, spella il somaro e il capretto).

Non te murì asinu mia chè a Magghiu nasce lu cardu (Non morire, asino mio, che a maggio nascono i carciofi).

Chi póta de Magghiu e zappa d’Agustu no’ rcòje né pà’ né mustu (Chi pota in maggio e zappa in agosto non raccoglie né pane-grano né mosto-uva).

Agosto, moje mia non te conosco (Agosto, moglie mia non ti conosco: ho tanto da lavorare da trascurarti).

A la prima acqua d’Agosto lo callo s’è riposto (Con le prime piogge agostane il caldo è finito).

De Settembre e d’Agosto bìi lo vì’ vécchio e lassa stà’ lo musto (In settembre e in agosto bevi il vino vecchio e non toccare il mosto).

Chi dorme d’Agustu dorme a su’ costu (Chi in agosto dorme e non lavora lo fa a suo discapito).

Non te fidà d’un bòn jennà e de magghju urtulà (Non ti fidare di un gennaio caldo e di un maggio piovoso).

Dio ce ne scampi de un bon jennà, da piedi o da capo la macchia stà lu lupu (Dio ci liberi da un caldo gennaio, da piedi o da capo la macchia/bosco c’è il lupo, ossia un raccolto futuro sfavorevole).

Marzo tinge Aprile dipinge (Marzo tinge – di verde – Aprile colora – di fiori: quattro parole una immagine poetica di rara efficacia).

Se non varde luju e agustu, dendro lu tinu agro è lo mustu (Se luglio e agosto non saranno caldi, dentro il tino è aspro il mosto).

Lùjo: la farge in pugno! (Luglio: la falce è in pugno! c’è da falciare).

Se sse ffòca jennà co’ morda né, nu riccu ‘state preparà te dé’ (Se gennaio si sfoga con molta neve, ti devi preparare per una estate ricca di raccolti).

Gennaro, moje mia te tengo a caro (Gennaio, moglie mia ti tengo cara… nel letto fa freddo!).

Chi póta de jennà secca la vita (Chi pota in gennaio secca la vite).

Li càuli de jennà non è bbocca de villà (I cavoli a gennaio non sono cibo per la bocca del contadino).

Se gennaro non genneggia, febbrà mal fà e mal pénza (Se gennaio non si comporta da gennaio, cioè non fa freddo, febbraio sarà male a livello meteo).

Gennaro siccu, villanu riccu (Gennaio secco, villano ricco).

Se de jennà corre le strade e le gronnare, de settembre corre le canale (Se di gennaio scorre la pioggia per strade e grondaie, di settembre scorrerà molto mosto nei pigiatoi).

Dicembre piuùsu, annu abbondùsu (Dicembre piovoso, anno di abbondanza).

Dicembre, avandi me scalla, jetro me ‘ngènne (Dicembre, si sta al focolare: davanti mi scalda, dietro fa freddissimo).

Io so’ novembre che pacco le legne, e le pacco pe’ quanno ce négne (Io son novembre che spacco la legna per quando nevicherà).

Ottobre, lo grà se spanne, lo vì se rponne (Ottobre il grano si spande per la semina; il vino si mette da parte appena fatta la pigiatura).

Settembre, l’ùa è fatta e li fichi pènne (A settembre è matura l’uva insieme con i fichi).

Agustu goèrna, settembre sottèrra (Agosto ritempra e rifocilla, settembre manda all’altro mondo).

I seguenti detti e proverbi, riguardanti i mesi, sono tratti da “Glossario dei dialetti di Macerata e Petriolo” – nuova edizione – di Giovanni Ginobili.

Del màgghju n’apprescià’, de settembre non tardà (riferito alla tosatura delle pecore: di maggio non ti affrettare, di settembre non ritardare).

Chi ara de settembre, fà lu surgu e ppóco rènne (Chi ara in settembre, traccia il solco e avrà poca resa).

Quattro aprilandi, quaranta dì duranti (Il tempo che fa il 4 aprile rimane costante 40 giorni).

Quello che ffà calènne, tuttu lu mese attènne (Quello che fa calende-febbraio, tutto il mese ripete-attiene).

Aùstu callùsu, ‘st’ard’annu granùsu (Agosto torrido, l’anno venturo ricco di grano).

Fòri marzu, drénto aprì, fòri le cròcchie de lo jì’ (Fuori marzo, dentro aprile, fuori le gemme del lino).

Dicembre, pija e no’ rrènne (Dicembre -la terra- prende e non rende, nulla produce).

Dicembre pija, jùgnu rrènne (Dicembre -la terra- prende, giugno -la terra- rende).

Febbrarìttu curtùcciu curtùcciu se sse renvè , mese pèggghjo non c’è (Febbraretto corto corto se si risveglia mese peggiore non v’è).

Se de noèmbre tròna, l’annata sarrà bbòna (Tuona a novembre, l’annata sarà buona).

Io so nnoèmbre che ppàcco le légne, le pacco pé quànno che nnégne; cò’ la sòma le porto su ll’ara e ppaccàte le butto i’ legnàra (Io sono novembre che spacco la legna e la spacco per quando nevica; con la soma la porto sull’aia e spaccata la butto in legnaia). Aprì ‘ fa lu fiore, màgghiu fa ll’onòre (Il grano ad aprile fa il fiore, a maggio la spiga).

Ottóvre, lo gra’ se spànne, lo vi’ se rpònne (Ottobre, il grano si semina, il vino si ripone).

Somènda de luju, se vó’ ‘m-bón repùju (Semina di luglio se vuoi una buona scorta).

Li jorni condarécci, o “énnece” – Erano così chiamati i primi 13 giorni di gennaio a partire dal secondo poiché il primo, dicevano gli avi, gennaio lo vuole per sé; quindi il secondo giorno prediceva come sarebbe stato il mese di gennaio e cioè: se pieno di sole il giorno due, tutto il mese si avrebbe avuto sole; se piovoso, ventoso o nevoso, altrettanto tutto il mese; il terzo giorno avrebbe predetto lo stato metereologico di febbraio; il quarto di marzo e così via fino al 13 che avrebbe rivelato il futuro atmosferico di dicembre.

I seguenti detti e proverbi, riguardanti i mesi, sono tratti da “Nuovi documenti di folclore marchigiano” di Giovanni Ginobili – Tipografia Maceratese – Macerata – 1970

Li sette d’aprì lu cuccu al giardì, se non vene pe’ li otto, dite pure che lu cuccu adè mortu (Il sette di aprile il cuculo -annunciatore della primavera- è nel giardino, se non è arrivato per l’otto dite pure che il cuculo è morto -la primavera non arriverà)

Se a li tre d’aprì lu cuccu n’è vvinutu, o è mmòrtu o s’è pirdutu (Se il tre di aprile il cuculo –annunciatore della primavera- non è venuto o è morto o si è perso).

De marzu, lo grà’ rcòpre un gattu (In marzo il grano è cresciuto tanto da coprire un gatto).

A li tandi de marzu tròna? Tanti pauli va lo grà’ (In marzo tuona? -quindi piove- Tanti paoli -moneta- andrà il grano).

continua

a cura di Simonetta Borgiani e Fernando Pallocchini

Tratto da “Studi maceratesi n° 54” edito da Centro Studi Storici Maceratesi

22 settembre 2022

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