Per sorridere: lu vatóccu (il batacchio) ovvero botta e risposta senza peli sulla lingua

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Imboccando la gabba de Napuli (stretto vicolo a Montolmo) per salire a San Pietro, Ugè de Pietrèlla s’imbatté in una giovane donna bella tosta, munita di un poderoso posteriore. Camminando senza fretta, la donna faceva oscillare quel suo ingombro in maniera tale che, dovendola incrociare, Ugè avrebbe sicuramente preso una chjappata, un colpo di natica. L’uomo dunque si rifugiò lateralmente, con le spalle al muro, e non appena la donna, che non aveva smesso di nnazzicàsse (dondolarsi), lo sorpassò, gli venne di esclamare: “Górbi! …che ccambana!” (Accidenti! …che campana!) – “Ce l’agghjo lu vatóccu che mme sòna!” (Ce l’ho il batacchio che mi suona!) ribatté con prontezza la donna voltandosi indietro e con un moto sprezzante del capo rivolto all’altro.  E Ugè di rimando: “Peccato che non è lu mia!” (Peccato che non è il mio!).

Claudio Principi

2 dicembre 2023

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