Le Marche, regione meravigliosa dalla lunga storia e dalla popolazione tenace e laboriosa, privilegiata dalla natura che le ha fatto dono di un territorio ricco di acque, di boschi, di fertili pianure e lambito dal mare. Le ricchezze, al pari delle persone, vanno difese e protette ed è questo il motivo per cui tutti i paesini marchigiani appollaiati sulle alture sono circondati da alte mura, che nel corso dei secoli sono state il loro baluardo contro i nemici.
Salendo per la vallata del Chienti verso Visso, poco prima della galleria delle Fornaci, sulla sinistra, si erge l’abitato di Appennino, difeso dalla cinta muraria e sovrastato dalla chiesa e dal campanile. Ecco, siamo di fronte al tipico castello medievale: protetto dall’altura e dalle mura castellane. Suggestivo. Oggi è defilato dalla viabilità principale, da quando sono state realizzate sia la galleria che la nuova strada a un livello più basso. Ma, prima, Appennino aveva una sua centralità, perché la vecchia strada, più ripida, lo lambiva. Quindi da secoli questo paese fortificato era un punto fisso per chi passava lungo la trafficatissima direttrice Umbria-Marche-Umbria, direzione da e per Roma.
Posizione vieppiù strategica, in passato, in quanto sorgeva al centro di un vasto territorio a vocazione agricola e pastorale ed era un punto di riferimento per i piccoli distretti d’intorno popolati da pastori e agricoltori. Il castello di Appennino ha origini medievali; dalla casata dei Magalotti, passò di proprietà alla signoria dei Da Varano nel XIV secolo. I signori camerti lo ampliarono nel 1332, eressero la chiesa e la torre campanaria e sembra lo utilizzassero come prigione per i dissidenti politici dell’epoca. La chiesa, dedicata a San Pietro, pur essendo stata danneggiata dal terremoto, al suo interno è ancora in buono stato di conservazione, nel periodo rinascimentale era stata decorata con pregevoli affreschi dei quali restano pochi esempi; tra questi una spettacolare immagine del Cristo tra santi e angeli. In questo edificio sacro dovrebbe ancora essere conservato un organistrum in legno a mantice, fino a qualche anno fa ancora in buona efficienza.
La primitiva cerchia muraria del castello era molto ristretta sia per risparmio della manutenzione sia per essere più facilmente controllata con l’ausilio di un manipolo di uomini armati. Le mura in pietra servivano essenzialmente a proteggere Appennino dalle incursioni nemiche, spesso formate da bande itineranti ma anche, in questi frangenti, come rifugio per la popolazione sparsa in case isolate nei dintorni e come protezione del raccolto qui depositato e custodito. Chiaramente le tasse non sono una invenzione moderna, anche allora c’erano anche se sotto un altra denominazione: la castellanza. Questa era dovuta dagli abitanti per il servizio di cui fruivano.
Per mantenersi in efficienza, oltre questa tassazione, il castello di Appennino acquisì un insieme di diritti che diedero origine alla sua “Curia”. Infatti possedeva beni in proprietà, aveva la facoltà di riscossione dei pedaggi e introitava tassazioni dai mulini, dai forni, dai dazi, dai bandi, ovviamente anche dalle multe. Incassi che servivano, tra l’altro, pure al mantenimento della sua guarnigione armata. Tali diritti erano elementi essenziali di una unità del distretto castellano e dell’honor della Signoria che per tutto il secolo XII risulterà in mano a signorotti locali, i Magalotti. Casata che disponeva di un poderoso castello a Fiastra, i cui resti oggi dominano, con una vista spettacolare, il lago artificiale.
Quando Appennino passò sotto la signoria dei Varano di Camerino ci fu Giovanni da Varano che fece restaurare il piccolo castello nel 1382 che, in tale veste, è arrivato fino ai giorni nostri così come lo possiamo ammirare. Suggestive le strette viuzze lastricate in pietra, così come i muri delle case. Realizzate in acciottolato le scalinate interne, per durare nei secoli. Interne all’abitato non mancano le fonti di acqua, oggi meta di assetati turisti ma nel medioevo fondamentali per l’approvvigionamento idrico del castello, specie se fosse stato sotto assedio.
Ricordiamo, per rimarcare l’importanza di una fonte entro le mura, che lo Sforza per tenere sotto controllo la città di Macerata ne isolò Fonte Maggiore lasciandola esterna alle mura cittadine. Ad Appennino merita considerazione la porta pubblica, arcuata a tutto sesto, posta sulle mura non come semplice apertura ma come luogo d’incontro tra due mondi: l’urbano e il rurale. Sulla parete castellana che va fino alla torre c’è uno stemma scolpito in bassorilievo datato 1344.
a cura di Fernando Pallocchini – foto per gentile concessione di Alberto Monti
11 ottobre 2024