Perché Napoleone portò via i documenti storici delle Marche?

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È da poco uscita, a nome Simonetta Torresi ed Enzo Fusari, la pubblicazione dal titolo: “Dal Trattato di Tolentino al Regno d’Italia”. Questo libro, corredato da una gran quantità d’immagini riguardanti avvisi, decreti, guide e carte geografiche di quell’epoca storica, ci restituisce una immagine del Risorgimento di Macerata e del suo territorio, per lo più sconosciuta.

 

Dal Trattato di Tolentino la “perdita di memoria”

Già negli anni passati, nel 2003 e nel 2005, avevo trattato argomenti inerenti al Risorgimento maceratese contribuendo a restituire verità ai fatti accaduti. Infatti, riguardo il primo moto in Italia, dopo la restaurazione, che per gli storici locali del ‘900, doveva essere stato solo una rivolta di pochi facinorosi, trovai e pubblicai, tratti dall’archivio della diocesi di Macerata, i nomi di quasi settecento inquisiti. Naturalmente di questo primo moto, organizzato a Macerata nel 1817, non vi è traccia sulle pagine della storia Nazionale, ma non solo: nel testo di recente pubblicazione, gli autori, hanno evidenziato come il “Trattato di Tolentino” stipulato dal generale Bonaparte con i rappresentanti del papa, abbia contribuito, oltre alla spoliazione del territorio di opere d’arte, anche alla perdita di memoria a seguito della requisizione di un gran numero di documenti locali da parte di Napoleone.

 

Un via vai continuo nelle Marche

Perché al generale interessavano i documenti presenti nelle Marche? Ancora, nel 1808, le Marche passano, dallo Stato Pontificio, al Regno d’Italia con capitale Milano e nel 1810, molti poderi e palazzi, che erano ubicati nei dipartimenti marchigiani del Metauro, con capoluogo Ancona, e del Musone, con capoluogo Macerata, vennero dati in appannaggio a Eugenio Napoleone, viceré d’Italia. Nel 1814, Macerata e la sua odierna provincia passano sotto il governo del re di Napoli, Murat, che, ai primi di Maggio del 1815, combatte contro gli  austriaci quella che può essere considerata come la prima battaglia per l’indipendenza italiana. Nelle Marche, per quasi un secolo, vi è un via vai continuo di truppe di diverse nazionalità; i fratelli di Napoleone risiedono nella regione dopo la caduta dell’imperatore; Giuseppe Garibaldi fa campagna elettorale nel maceratese al fine di essere eletto alla Repubblica Romana.

 

Il Museo del Risorgimento a Macerata

In tale pubblicazione si dimostra come le Marche in generale, il territorio maceratese in particolare, ebbero un ruolo di primo piano nel percorso conducente all’unità d’Italia e giustifica la motivazione che portò i nostri antenati, nei primi del ‘900, ad aprire il museo regionale del Risorgimento proprio in Macerata. Eppure… eppure leggendo la storia nazionale, il nostro territorio non viene minimamente menzionato, forse il Trattato di Tolentino, così, come un inciampo accaduto in un non luogo. Ma qui ci sono i documenti, tanti, come avvisi, proclami… senza contare le testimonianze nei diari degli uomini di quell’epoca, gli atti delle cause ai patrioti, poesie e inni indipendentisti, addirittura opere teatrali riguardanti quei fatti.

 

Lì dove tutto è accaduto… deve essere dimenticato

E allora, perché le università del territorio non se ne occupano? Perché coloro che sono preposti dall’ufficialità a fare ricerca non la fanno, facendo rimanere sconosciuta questa nostra regione? A tale danno se ne collega poi uno ancora più grande: quello di sottrarre alla storia nazionale numerose pagine così importanti e significative. Ma, tant’è. Per noi è un destino ormai  plurisecolare e lì dove tutto è accaduto tutto deve essere dimenticato, come ho detto nel libro “Storia dei Popoli delle Marche ovvero L’Origine d’Europa” nel quale non si cambia minimamente la storia ma la geografia della storia. In tale testo, si parte dai primi popoli che abitarono le Marche fino ad arrivare a un medioevo splendido: Aquisgrana,  Parigi, Ratisbona e perfino Roma, secondo quello studio, erano importanti città della regione marchigiana.

 

“Non ci credo!”

“Non ci credo”, si sente spesso dire dal popolo come da docenti universitari. Ma cosa vuol dire “non ci credo”? La storia e la geografia della storia non sono una fede, sono una ricerca continua, sono un verificare i fatti e la loro reale collocazione geografica. Qualcuno dice: “Non ci sono i documenti”, quindi non si può dimostrare che tutto sia accaduto nelle nostre contrade. Ma come non ci sono i documenti? e allora, se non ci fossero stati, come avremmo fatto a ricostruire la storia medioevale? I documenti ci sono, eccome! il fatto è che, nella maggioranza dei casi, non sono custoditi nelle Marche ma in Germania, in Francia. I documenti sono beni mobili che possono essere trasportati da un luogo a un altro del mondo.

 

Il senso del Trattato di Tolentino

Ecco allora spiegato l’apparente non senso dei termini del Trattato di Tolentino dove Napoleone, oltre alle opere d’arte, richiedeva ben 500 documenti del territorio. Doveva dare alla Francia una storia e la storia  poteva essere presa solo dalle Marche, l’originale Francia, quella che nel medioevo fu al centro dei fatti che accaddero. Certo è che i documenti erano scritti in latino e quindi, a fronte di città omonime, là dove i documenti erano, là era passata la storia.

 

Gli archivi bruciati nel XV secolo

Ancora prima di Napoleone, dalla seconda metà del XV secolo, tutti gli archivi marchigiani andarono a fuoco o vennero trafugati, tutti: come è possibile? I documenti comprovanti la nostra storia sono finiti nei territori del centro Europa, così che gli storici hanno ricostruito i fatti non già dove questi effettivamente avvennero ma dove sono stati trovati i documenti. Come faccio ad avere questa certezza? Semplice, a fronte dei documenti che sono beni mobili ci sono cose che non si possono spostare come a esempio i resti, quanto meno quelli archeologici, di una città.

 

Un paio di esempi

Là dove l’ufficialità pone le città, famose e importanti del medioevo, non sono state trovate tracce. A titolo di esempio, Aquisgrana; gli archeologi tedeschi non hanno trovato l’antica città di Carlo Magno e la Cappella Palatina, presente in loco, di certo non è stata costruita nel IX secolo come gli stessi tedeschi ammettono. Altro esempio, Parigi; nell’isola dentro la Senna dove ufficialmente gli storici pongono la città medioevale, gli scavi hanno portato alla luce solo i resti della Lutetia romana, ma allora dove è la città medioevale, dove la reggia dei re Merovingi che con Clodoveo fecero di Parigi la capitale di tutta la Francia?

 

Macerata: destinazione oblio

Sono domande che invito a porre a medievisti di fama e ai docenti universitari. Questi, stipendiati dalla collettività, sono tenuti a rispondere. Tornando al Risorgimento  che ebbe nelle Marche il suo fulcro (come si accorgeranno coloro che leggeranno “Dal Trattato di Tolentino al Regno D’Italia”), vista la non entrata nei libri nazionali di questi eventi, fra qualche secolo, quando la documentazione potrebbe subire una dispersione, che accadrà? Idem per il museo marchigiano del Risorgimento in Macerata il quale, contenente un gran numero d’importanti cimeli, è già chiuso da molti anni. Siamo certi che, se qualcuno, dopo attenti studi, cercherà di ripristinare la memoria, non verrà considerato un visionario? Siamo certi che non s’alzerà un competentissimo  docente a dire “non ci credo”? Macerata, destinazione oblio.

Simonetta Torresi

21 febbraio 2018            

 

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