La storia di Helvia Recina connessa con gli imperatori romani

Print Friendly, PDF & Email

Nel “Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica” del cav. Gaetano Moroni Romano (vol. XLI 1846), alla lettera “M” vengono dedicate quasi 90 pagine a Macerata, dove sinteticamente se ne riassumono i fasti e la turbolenta storia.

 

Le fonti letterarie

Le fonti cui l’autore fa riferimento sono gli storici che lo hanno preceduto, come Peranzoni, Lancelotti, Bacci, Troili, ma soprattutto “La Reggia Picena” di Compagnoni; ci tiene a citare un anonimo maceratese, autore di un opuscolo stampato in Osimo intitolato “Osservazioni di un anonimo sulla dissertazione dell’antica Recina pubblicata in Macerata dall’abbate Domenico Troili l’anno 1790”.

 

Recina già era prima di Cesare

Dal testo dell’anonimo, risulta che nel 1700 almeno uno degli storici citati tentò di far credere che l’origine di Recina risalisse ai tempi di Giulio Cesare nel I sec a.C., teoria che Moroni contesta perché anche per logica, per la sua posizione, ampiezza e fertilità del territorio, “doveva per forza esserci già una città prima di Cesare”.

 

Il vizio di modificare la storia

Quindi, in questo trattato dell’anonimo si evidenzia come gli antichi scritti di Plinio e le evidenze di molte lapidi, non siano stati sufficienti a impedire il tentativo di interpretare e trasmettere la storia modificandola secondo le esigenze politiche e ideologiche del momento, un vizio nato con l’uomo e che probabilmente non morirà finché l’uomo esisterà: ogni generazione di potere rifiuta di riconoscere ciò che le precedenti hanno realizzato, in tutti i contesti, cancellando secoli di storia, di tradizioni, di lavoro. Un errore grave, perché ciò che dal passato ci viene tramandato, se è positivo si deve conservare e utilizzare, se è negativo deve restare come memoria e monito. Invece si preferisce trasformare anche la storia propria, inventarsi storie fantasiose pur di dissociarsi dalle vere origini, o peggio, per mascherare le proprie carenze e le colpe.

 

Le origini di Giulio Cesare

Roma ha cancellato i Piceni e gli Etruschi, da cui discendeva, promovendo e forse inventandosi una genesi turca (Troiana) poco verosimile. Per esempio il sopra citato Giulio Cesare (+ 44 a.C.), che reclutò molti ricinesi nella legione XII detta “fulminatrice”, potrebbe essere originario di Giulo di Pievetorina, come sostiene qualche studioso, ed ecco qui l’inattendibilità della storia scritta: come ti trasformo Giulo in Iulo figlio di Enea! La discendenza potrebbe anche essere vera: i turchi/troiani fuggitivi, perseguitati dagli achei, giunti ai porti piceni spinti dalle correnti marine, risalito il fiume si insediarono lì a Pievetorina e la famiglia diede il nome al territorio diventando la gens Julia, una delle gens che fondarono Roma. Ma senza il mito, Giulio sarebbe rimasto il discendente dei profughi turchi nel Piceno e non il discendente di Romolo, Enea e di Venere (foto 1- Giulio Cesare a Roma).

foto 1 – giulio cesare – roma

 

Imperatore Traiano

Comunque il territorio e le genti del maceratese non furono cari solo a Giulio Cesare, nel periodo storico “romano” ci fu un continuo di Imperatori che soggiornarono a Recina e vi realizzarono importanti opere. Dopo di lui l’imperatore Traiano (+117 d.C.), donò alla repubblica ricinese l’eredità di Tuscilo Nominato, un celebre giureconsulto romano i cui beni, essendo lui morto senza successori, per legge erano ricaduti al fisco, e furono destinati al  restauro del bagno e alle piazze, e di questa disposizione si conserva un marmo in Macerata. Tuscilo era colono treiese, come dimostrato da un frammento di iscrizione trovato da Fortunato Benigni in uno scavo presso un suo terreno nella zona dell’antica Trea. Traiano fu responsabile della campagna di Dacia, che popolò con coloni romani, o più precisamente piceni, tanto che ancora molti romeni parlano in antico dialetto fermano (foto 2 – Traiano al British Museum).

foto 2 – traiano – british museum

 

Imperatore Elio Adriano

L’imperatore Elio Adriano (+138 d.C.), vi aprì il ginnasio e l’ateneo; in cambio le gioventù recinese e picena, gli dedicarono una statua equestre dorata e da allora cominciò la città a chiamarsi Elia Recina in onore del benefico personaggio (foto 3 – mostra del 2015 all’Israel Museum: busti in bronzo dell’imperatore Adriano, da sinistra: provenienti dal British Museum, dall’Israel Museum, dal museo del Louvre). Scusate se è poco, ma Adriano è stato l’autore di opere di fortificazione permanenti, la più famosa delle quali è il possente Vallo di Adriano in Gran Bretagna. Qui Adriano, dopo aver terminato la conquista del Nord dell’isola, fece costruire una lunga fortificazione per arginare i popoli della Caledonia. Adriano era cugino di Traiano, entrambi originari e forse nativi di Hatria, l’odierna Atri in Abruzzo: Sesto Aurelio Vittore e Paolo Diacono concordano che “Elio Adriano di stirpe Italiana, d’Elio Adriano di Traiano cosino (ndr: cugino) in Adria nasciuto, figliolo, la qual città ne la Picena regione posta, al mare Adriatico diede il nome”. Questo suo legame con il piceno gli aveva fatto guadagnare l’appellativo “l’Augusto dei Piceni”, e un eccezionale ritrovamento dimostra che oltre ai soldati, da qui partirono alcuni artigiani di una tradizione millenaria: quella di far le scarpe!

foto 3 – mostra del 2015 all’Israel Museum: busti in bronzo dell’imperatore Adriano, da sinistra: provenienti dal British Museum, dall’Israel Museum, dal museo del Louvre

 

Le scarpe di Vindolandia

Nel 2016 a Vindolanda, luogo distante un paio di chilometri dal Vallo di Adriano, si sono scoperte oltre 400 scarpe per uomini, donne e bambini, portando il totale delle scarpe rinvenute in questo sito a oltre 7.000. Le calzature sono state trovate in un fossato difensivo, insieme con reperti di ceramica e resti di cani e gatti. Quasi 2.000 anni fa, l’esercito romano  costruì  in questo sito uno dei più piccoli ma più difesi forti; la piccola guarnigione di alcune centinaia di soldati con le loro famiglie era protetta da una serie di fossati e bastioni, mentre fuori dalle mura infuriava una guerra tra le tribù britanniche e le forze romane. Finita la guerra (nel 212 d.C.), le truppe e i loro famigliari lasciarono il forte, e tutto quello che non poterono portare con sé, lo gettarono nei fossati (foto 4 – le scarpe rinvenute a Vindolanda; foto 5 – Adriano al British Museum).

 

Imperatore Marco Aurelio Antonino Pio

Marco Aurelio Antonino Pio (+180 d.C.), l’imperatore filosofo, nel passaggio ch’egli tenne per Recina nell’anno 180, fece eseguire lavori di  spurgo dei suoi antichi grandiosi acquedotti, e restituì di bel nuovo l’acqua Marzia tra il fiume Potenza e il tempio di Marte, e oltre a ciò la nominò Recina Antoniana e città sacra. La morfologia del terreno e delle sorgenti è cambiata molto nei secoli, per i terremoti, per i diversi utilizzi da parte dell’uomo, ma sappiamo che nel passato i nostri fiumi erano navigabili e le copiose acque erano utilizzate in luoghi termali e di culto per le proprietà curative, ne abbiamo traccia in molti siti archeologici, nei toponimi (vedi contrada Acquesalate a Macerata, la Salina a Passo di Treia e le acque sulfuree in zone del fiume Chienti, eccetera) – (foto 6 – Marco Aurelio al Louvre; foto 7 – Marco Aurelio ai Musei Capitolini Roma).

 

Imperatore Aulo Helvio Pertinace

L’imperatore Aulo Helvio Pertinace (+193 d.C.) nell’anno 192 ne restaurò l’anfiteatro, il pretorio, e altri più antichi edifizi (…) che perciò Recina prese il nome di colonia Helvia o Elvia Recina. Pertinace, che alcuni storici davano nato in Liguria, oggi è ufficialmente maceratese, scriveva l’avvocato Francesco Fiorgentili nel 1864: “sembrerà favoloso l’asserto ma è un fatto incontestabile che questo Imperatore di ottantotto giorni vide la luce nel nostro Appennino, e di preciso nella Villa di Marte (foto 8 – Pertinace al museo Alba-Iulia in Romania).

foto 8 – pertinace – alba iulia national museum

 

Villa Marte presso Pievefavera

Concordano in ciò il Giulio Capitolino contemporaneo di Diocleziano, l’Angeloni in Istoria Augusta, Giovan Battista de Cavaleriis, Giangiacomo De Rossi. Ora la Villa di Marte nell’Appennino giaceva fra i due Castelli superstiti Pievefavera e Croce ex ducato di Camerino, e ne fan fede le rimaste reliquie di macerie, e Case semidirute; l’Elenco delle Terre, Castelli e Ville redatto dall’Antonucci, custodito nell’Archivio Municipale. Nella catena degli Appennini dalla Savoja alla Calabria il solo monte Camerinese si definisce con questo nome semplice, ed ha su suo dosso un Castello, mentre gli altri si contraddistinguono coll’appendice di Alfi, Primo, Vicino, Gargano e simili. Lungo la continuità degli Appennini non s’incontra altra villa col nome di Marte, e questa trovasi registrata in un manoscritto antichissimo asservato nell’Archivio dell’Abbazia di Pievefavera, e in quello di Assettamento dei terreni dello stato di Camerino. Avanti di associarsi a Lolliano di famiglia Anizia oriunda dalla prossima Norcia, si era dedicato Pertinace allo studio delle lettere latine e greche, che non avrà apprese certo nella villa di Marte, ma più probabilmente  in Camerino capoluogo, da cui pur provenne la moglie Flavia Sulpiziana della famiglia Camerina”  (foto 9 – cartello turistico sul luogo di nascita di Pertinace a Pievefavera).

foto 9 – cartello villa marte – pievefavera

 

Imperatore Settimio Severo

Proseguì l’imperatore Settimio Severo nel 193 la restaurazione di Recina, per le cui opere sublimi impressero i recinesi né marmi il nome (anche di Settimio esiste una lapide in Macerata come attestazione che fu un grande benefattore). Siccome Settimio Severo vendicò la morte di Helvio Pertinace (ndr: questi fu assassinato nel 193), e ne prese il nome (ndr: lo aggiunse al suo), così vogliono alcuni che Recina prendesse stabilmente il nome di Helvia o Elvia Recina per onorare ambidue i munifici principi. (Foto 10 – il busto di Settimio Severo esposto all’Hermitage di San Pietroburgo).

foto 10 – settimio severo – hermitage

 

Imperatore Clodio Pupieno Massimo

L’imperatore Clodio Pupieno Massimo, nella spedizione contro Massimino, nel 240 cinse di mura e di torri la città, de’ quali muri nuovi e forti propugnacoli ne esistevano avanzi nel secolo XIV. Il senato e popolo recinese per gratitudine gli decretò una statua di marmo con onorevole epigrafe. La statua, di cui abbiamo già parlato nel numero de La rucola 231, si trova attualmente nel cortile del palazzo comunale di Macerata. E pensare che potrebbe essere lui l’anello di congiunzione tra i Pupuni e i Pipinidi, quindi l’antenato di Carlo Magno, a dimostrazione che quest’ultimo era di origini saliche! (ndr: come dimostrato dalla ricostruzione dell’albero genealogico di Carlo Magno, pubblicata nel n° 237 de La rucola). (foto 11 – Pupieno ai Musei Vaticani)

foto 11 – pupieno – musei vaticani

 

Imperatore Licinio Gallieno

L’imperatore Licinio Gallieno nel 260 beneficò Recina fabbricando pubblici granari e sontuosi templi, ed uno più celebre a Mercurio siccome suo nume tutelare; ed i ricinesi nel 262 fecero battere in onore di Salonino, figlio di Gallieno, una medaglia in rame con la testa di Mercurio e l’epigrafe: Colonia Ricina Felix Helvia. Inoltre vi fu rappresentata Recina coronata di torri come metropoli di provincia e reggia delle città circostanti (foto 13 – Gallieno all’Altes Museum di Berlino).

foto 13 – gallieno – altes museum – berlino

 

I reperti archeologici ricinesi

“Recina fu distrutta dai Goti verso l’anno 406, nel luogo ove fu, oltre ai mentovati marmi, si rinvennero pavimenti di mosaici, sculture, statue, idoli, amuleti, ed altre anticaglie, nonché medaglie di bronzo e di argento di Giano, dei consoli romani, e degl’imperatori Augusto, Caio, Tito, Traiano, Severo ed altri, tutti testimoni dell’antichità, del lustro e della grandezza de’ ricinesi. Né pubblici e privati luoghi di Macerata, Recanati, Montecassiano, ed altri luoghi si vedono molti de’ monumenti accennati, ed appartenenti a Recina. Caduta Recina, i suoi abitatori si divisero in più popolazioni e con le reliquie di quelle alte mura edificarono le due città più vicine, Macerata e Recanati.” (foto 14 – Helvia Ricina da una china del pittore Fedeli 1682).

foto 14 – disegno a china – helvia ricina – fedeli 1682

 

La voglia di essere primi fa perdere di vista la “causa”

Tornando alle cancellazioni storiche, per quanto esaltate le gesta dei vincitori e offuscate quelle dei perdenti, c’è sempre modo di risalire alla verità, che non è una scoperta, ma un togliere polvere e rielaborare, siamo tutti lettori e interpreti di cose scritte e ritrascritte da altri lettori e interpreti del passato e del presente, più o meno bravi. Accade che nell’ambizione di  essere i primi  o i più bravi, si perde di vista “la causa”: ridare luce e onori a personaggi che sono stati protagonisti di una grande storia, e dai quali discendiamo.

 

La differenza nel mondo tra gli altri e noi!

Nelle foto che pubblichiamo, si vede quanto i popoli di tutto il mondo ambiscano a possedere le memorie del nostro passato, e con quanto lustro le conservino nei loro musei. Fra esse, ce ne sono alcune che mostrano invece come NOI ne abbiamo cura: una statua posta in un androne in modo anonimo, esposta a venti, polvere ed escrementi di piccione;

imperatore pupieno a macerata

una vistosa targa a memoria ridotta a rottame e gettata su una scarpata. Non interessa ad alcuno neanche indagare come mai  dell’imperatore Pupieno si sappia poco o niente, paragonato agli altri, e come mai nei libri di storia ci sia ancora scritto che Pertinace nacque in Liguria. Non sappiamo neanche come mai una amministrazione regionale, a conoscenza della quantità enorme di reperti ancora da scavare, (malgrado le infinite spoliazioni), sia l’unica a non ottenere finanziamenti per i beni culturali dallo Stato.

Simonetta Borgiani

28 marzo 2018

A 24 persone piace questo articolo.

Commenti

commenti