Architetture e archeologia: da Kirbet al Mafjar a San Claudio

Print Friendly, PDF & Email

I conformisti manuali scolastici inculcano, involontariamente, l’idea che l’Impero Romano sia finito nel 476 d.C. quando è iniziato il Medio Evo con il suo oscurantismo.

Manipolazioni storiche – Nelle scuole non viene spiegato che la prima affermazione è sbagliata perché l’Impero Romano d’Oriente è stato definitivamente sconfitto, dopo una lunga agonia durata quasi 250 anni, nel 1453. La seconda affermazione è dovuta all’ideologia illuminista che voleva cambiare la società del ‘700 manipolando la storia. Costantino il Grande nel 312 si appoggia, per sconfiggere il suo rivale Massenzio, sulla giovane e vigorosa religione cristiana. Divenuto unico imperatore capisce che la maggioranza del patriziato di Roma, rimasto fedele ai vecchi Dei, gli avrebbe fatto pagare la sua opzione innovativa, anche per questo decide di spostare la capitale.

Perché Bisanzio – La scelta cade su Bisanzio perché tale località era la più difendibile in tutto l’Impero. Il più importante studioso dell’intellighenzia militare Statunitense E. N. Luttwak ne spiega il motivo nel suo “La grande strategia dell’Impero Bizantino”:

1) La città è su un mare molto pescoso quindi gli abitanti possono facilmente sfamarsi. Si possono mandare navi in altri porti per rifornirsi di armi e vettovagliamento.

2) Si trova tra il Mediterraneo, mare più salato per la maggiore evaporazione rispetto all’acqua che vi entra, e il Mar Nero, meno salato a causa dei grandi fiumi che vi si immettono. L’eccesso di acqua dolce da est finisce, superficialmente, nel Mediterraneo ma sotto scorre, in entrata sul Mar Nero, l’acqua salata da Ovest. Questa “Corrente del Diavolo”, molto variabile nel tempo, unita ai venti settentrionali che soffiano sul Bosforo rendono difficoltoso ad eventuali nemici lo sbarco sull’acropoli.

3) Costantinopoli, come venne chiamata questa nuova capitale, aveva un porto naturale nel Corno d’Oro, fiordo lungo sei chilometri e largo all’entrata solo 240 metri. Con tecnica molto semplice lo scalo veniva chiuso con una catena e da qui le navi imperiali potevano attaccare, al momento opportuno, chiunque avesse tentato un assalto alla città.

Siria, centro di cultura – La civiltà romana è continuata a vivere evolvendosi e, con il passare dei secoli, divenendo quasi irriconoscibile rispetto al periodo di Augusto. La parte occidentale dell’impero si involveva in quello che nel ‘600 – ‘700 sarebbe stato chiamato Medioevo. Tutte le conoscenze dell’antichità sono continuate a vivere nell’oriente Mediterraneo mentre la penisola italiana è rimasta in bilico tra le due civiltà. Un sedicente storico dagli occhi magnetici pochi anni fa descriveva la Siria tardo antica come un luogo “periferico” ma un qualunque mediocre studente delle medie inferiori sa che quella località era il centro della cultura. In tale zona si è continuato a costruire imponenti opere edilizie. Lo storico del VI secolo Procopio di Cesarea scrive addirittura un’opera dal titolo emblematico “De aedificiis Justiniani”.

Terra Santa meta di pellegrini – Tra i moltissimi edifici costruiti in Medio Oriente durante il così detto Medioevo ricordo Santa Maria Theotokos a Gerusalemme, era talmente imponente che nessun’altra chiesa poteva reggerne il confronto, compresa Santa Sofia di Costantinopoli. Nonostante l’avversione dei Padri della Chiesa la Terra Santa era diventata meta di moltissimi pellegrini. Alla fine del V secolo nella sola Gerusalemme si trovavano più di 300 tra foresterie e monasteri che offrivano alloggio con una capacità di 6.000 posti giornalieri[1] quando in città vi risiedevano solo 10.000 abitanti2. Per tutto il VI secolo il numero di fedeli continuò ad aumentare come afferma Sant’Antonino martire3.

Damasco, capitale del Califfato – In soli otto anni dalla morte di Maometto (632) gli Arabi conquistarono la Siria dell’epoca (insieme alla Palestina andava dall’attuale Turchia a Suez), la Persia e l’Egitto, territori dalla cultura, anche tecnologica, elevatissima. Dimentico di ciò che aveva scritto mesi prima il solito sedicente storico dagli occhi magnetici arriva a dire che nella Siria Omayade mancavano le risorse per poter costruire. Qualunque mediocre alunno delle elementari sa che Damasco era la capitale del Califfato che partiva dalla Persia e arrivava sui Pirenei. I Musulmani, tassando chi non lo era, traevano molta ricchezza da questi territori e potevano permettersi grandi investimenti in edifici estremamente arditi.

Un insieme di conoscenze – La Moschea della Roccia assomiglia alla chiesa del Santo Sepolcro perché costruita da architetti e maestranze bizantine.4 Il Califfo al-Mansur affidò la progettazione di Bagdad (762) a un architetto di fede zoroastriana e a uno di religione ebraica5. Nei 250 anni dopo la conquista araba la maggioranza della popolazione mediorientale era rimasta non musulmana.6 La cultura araba è una etichetta che contiene, nella sostanza, il patrimonio di conoscenze greco-giudaico-cristiane di Costantinopoli, il sapere di Copti e Nestoriani. Furono i sudditi non musulmani del Califfo a scrivere le loro opere in arabo, lingua imposta dai conquistatori, e a tradurre i testi precedenti la conquista con la relativa cultura. Il più grande centro medico dell’antichità si trovava in Siria a Nisibus ed era gestito da Nestoriani. Conquistate le terre al sud del Mediterraneo i signori del deserto, abituati all’uso del cammello, considerarono di scarsa utilità la ruota perché necessitava di strade, tecnologia che rifiutarono di serbare7. Durante tutta la prima fase dopo l’occupazione utilizzarono un minimo di impalcatura burocratica e amministrativa con la conservazione della precedente organizzazione economica e sociale. Parlando di Siria non dobbiamo pensare quindi al povero, periferico, stremato stato odierno ma, come afferma anche P. Lammens, nella Siria Omàyyde si è verificata la simbiosi del giovane Islam con l’ellenismo cristiano.

Le dinastie – Sappiamo di maestranze e materiali  arrivati da Bisanzio ad abbellire i templi e palazzi dei Califfi. Inizialmente l’arabismo e l’islam furono rivolti verso occidente, nei decenni finali della dinastia Omàyyade, poi progressivamente l’iranismo soppiantò l’ellenismo. La dinastia Abbasside, al potere dal 750, voltò le spalle al Mediterraneo spostando la capitale alla Bagdad delle “Mille e una Notte”8. I moltissimi edifici pagati dalla prima dinastia dei conquistatori provenienti dalla penisola arabica ed edificati dalle maestranze locali o limitrofe dimostrano la grandissima capacità nel costruire che aveva la regione compresa tra il Mediterraneo, l’Armenia e la Persia.

Khirbat al Mafjar – prospetto

Khirbat al Mafjar – Una di queste strutture si trova a Khirbat al Mafjar, due ore di macchina da Gerusalemme, 5 Km da Gerico. In questa località si trova il palazzo di Hisam (vi è un mosaico di 825 m), per la sua imponenza è stata definita la Versailles araba. Studiato dal 1936 agli anni ‘50 del XX secolo da R. W. Hamilton e O. Graber, è un’ulteriore dimostrazione della simbiosi tra l’architettura dell’impero romano d’oriente e il califfato. Cyril Mango: “Si dice che nell’830 un ambasciatore Bizantino inviato a Bagdad fosse rimasto così colpito dallo splendore della cultura araba, che al suo ritorno persuase l’imperatore a costruire un palazzo identico a quelli da lui visti in Siria”9. L’architetto che ha progettato la Versailles araba ha utilizzato ripetutamente: pilastri, campate coperte con volte a crociera, absidi con piano di posa dei conci convergenti verso il centro di curvatura che comprende per intero la chiave di volta. Il frigidarium di questa corte principesca composto da 16 pilastri è crollato in seguito a un terremoto e ricoperto dalla sabbia per essere riscoperto nel XX secolo.

Resti del palazzo di Hisham by www.visitpalestine.ps

San Claudio al Chienti – Già nel 1992 il professor Carnevale mise in relazione l’imponente edificio di Kirbat al Mafjar con la chiesa di San Claudio (MC). In Val di Chienti, si sono utilizzati solo quattro pilastri sovrapponendone altri quattro al piano superiore, nove volte a crociera per piano e cinque absidi. Due torri cilindriche, notoriamente 4 volte più resistenti delle torri quadrate, al cui interno persistono scale a chiocciola completano la somiglianza tra S. Claudio e Khirbat al Mafjar. La chiesa di S. Vittore alle Chiuse, vicinissima alle grotte di Frasassi, utilizza lo stesso schema. Questo edificio ha mantenuto il tetto praticamente a terrazzo con al centro un cupolotto come quando è stata costruita. Nella parte superiore dell’edificio di Corridonia è ancora possibile individuare il sistema edilizio uguale a quello della chiesa di Genga. In pratica la pianta di San Claudio è un quadrilatero di 30 cubiti arabi per la to composta da nove quadrati ognuno dei quali misura dieci cubiti arabi, Le absidi misurano 7 cubiti.

San Claudio al Chienti @ Alberto Monti

Chiese simili nelle Marche – Nelle Marche vi sono altre Chiese con cinque absidi: oltre a questa di Corridonia ci sono San Vittore alle Chiuse, Santa Maria delle Moje, Santa Croce dei Conti a Sassoferrato. Uno dei sette pavimenti del vecchio duomo di San Severino10 attesta l’esistenza, in passato, di un edificio con queste stesse caratteristiche. A differenza della chiesa di San Vittore, nella costruzione della val di Chienti il tetto a terrazzo è stato sostituito con le capriate. La prova che precedentemente avesse un cupolotto si trova sulla parte frontale della chiesa dove è visibile un pennacchio della cupola centrale riutilizzato per costruire lo scalone esterno.

San Vittore alle Chiuse

L’arco ellittico di Urbisaglia – Altra anomalia sul territorio si può riscontrare nella zona archeologica definita romana di Urbisaglia, dove nel criptoportico il prof. Carnevale ha notato un arco ellittico. Questo ovoidale proviene dalla tradizione Sassanide (Persiana) rielaborato dopo la conquista islamica11. Questi archi sono presenti nel palazzo di Ukhaidir costruito nel 780 e nella moschea di Tarik-khana del 750-780. “Le volte e gli archi erano tutti di forma ellittica; la versione a punta, sebbene nota in Siria, non era stata ancora sviluppata in Mesopotamia. L’arco ellittico è stato ampiamente usato dai Sassanidi … si avvicinano molto a una vera forma a punta”12. Alcuino di York scrivendo a Carlo Magno nel 798 dice: “dei pilastri che erano stati rizzati nella splendida chiesa voluta dalla saggezza di Carlo13.

San Giusto a San Maroto – Si può, inoltre, riconoscere la mano di maestranze orientali in zona anche a San Giusto a San Maroto frazione di Valfornace (MC). In questo edificio molto particolare la cupola è stata costruita con la stessa tecnica usata a Kirbet al Mafjar, infatti per un terzo la calotta di copertura è stata fatta ad anelli concentrici convergenti verso il centro, il resto è stato costruito a spirale14. Questa tecnica veniva utilizzata nell’impero romano d’oriente e nella Siria conquistata dagli Arabi, ben diversa da quella usata nel nostro territorio, dove le file dei mattoni sono parallele le une alle altre. La chiave di volta delle absidi è inoltre interamente compresa all’interno della calotta, come a San Claudio e a Kirbet al Mafjar. Il diametro del cilindro della chiesa è pari a 22 cubiti, il raggio ad 11 cubiti e lo spessore delle mura è di tre cubiti. Questo edificio è universalmente paragonato a San Galgano, ma gli studiosi condizionati dall’idea che la civiltà, anche architettonica, provenisse dal Nord non l’hanno mai accostato al Medioriente.

Resti del Palazzo di Hisham

Poche maestranze altamente qualificate – Il solito sedicente storico dagli occhi magnetici ultimamente afferma in modo perentorio che in Siria continuano gli investimenti dicendo l’opposto di ciò che in modo perentorio affermava fino a poco tempo fa. Il solito sedicente storico dagli occhi magnetici ora (per quanto tempo?) afferma in modo perentorio che il Romanico non è potuto venire in occidente dalla Siria perché sarebbero dovuti arrivare eserciti di costruttori per edificare le migliaia di edifici con quelle caratteristiche. È banale constatare che soltanto San Claudio, San Giusto e pochi altri fabbricati sono stati costruiti con caratteristiche presenti nel palazzo di Kirbet al Mafjar. Poche maestranze altamente specializzate sono in grado di insegnare ai muratori attivi in un cantiere come lavorare. Persone intelligenti e creative, successivamente, copiano e modificano, moltiplicando gli edifici con identico stile. Quasi tutte le scoperte dell’uomo si sono propagate in questo modo, non certo alla velocità del fulmine ma certamente più rapidamente della velocità delle tartarughe.

Le “maestranze giunte da oltre il mare” – Eginardo, storico di Carlo Magno, sulle cui informazioni sono stati scritti tutti i manuali scolastici, afferma che a costruire la chiesa di Aquisgrana sono state maestranze orientali. Ed ancora il Notker, su informazione di una guardia del corpo di Carlo Magno, sostiene che a costruire la chiesa di Aquisgrana sono state maestranze venute da “oltre il mare”. Posizionando la reggia carolingia in Germania gli storici tedeschi hanno ignorato questo particolare perché le maestranze sarebbero dovute arrivare dalle isole Britanniche o dalla Norvegia. Posizionando, invece, Aquisgrana a S. Claudio, per “oltre il mare” è più credibile che siano giunte dalla Siria dell’VIII secolo. In moltissimi documenti, non a caso, si trova scritto che i crociati andavano a combattere “oltre il mare”, intendendo Siria e Palestina. Il solito sedicente storico dagli occhi magnetici attacca sistematicamente la provenienza della cultura architettonica carolingia nelle Marche dalla Versailles araba senza mai scrivere questo nome: “Kirbet al Mafjar”. Il palazzo di Hisam può essere toccato e fotografato a differenza delle strutture fantasiose di cui parla. Usando l’immaginazione si può fare a meno di studiare e di pensare: è sufficiente prendere alcune informazioni sulla rete, mischiarle fra loro, fare un mélange e in pochi minuti portarlo in tavola. Il risultato finale è quello di rendere ridicole, presso il mondo accademico, le cose serie, frutto di studi approfonditi svolti con metodo scientifico da altri.

Note

1 – S. Runciman, the Pilgrimage p.69

2 – J. C. Russel Medieval Regions and their cities, Bloomington 1972   p. 101

3 – Kollek, Pearlam, Pilgrims to the Holy Land p. 51

4 – T. Kollek, M. Pearlman, Pilgrims to the… p.59

5 – D. R. Hill, Islamic Science and Enginering, Edinburgh, p.10

6 – Holmes & Meier, New York 1979

7 – R. Bulliet, The camel and the Wheel, Columbia University Press New York 1990

8 – Maometto e le grandi conquiste arabe Newton & Compton 1996 p. 161 di F. Gabrieli

9 – Architettura Bizantina Electa Milano 1978 p. 106; G. Carnevale in “L’enigma di Aquisgrana in Val di Chienti” Sico Editore 1994 p. 35 

10 – S. Borgiani La Rucola n°254 p.21 

11 – G. Carnevale Aquisgrana trafugata 1996 p. 98

12 – Talbot Rice, D., Islamic art, Ed.Thomas and Hudson, 1975, pag. 31 – 48

13 – G. Carnevale La scoperta di Aquisgrana in Val di Chienti 1999 p. 79 da Alcuin von York, Epistolae, ed. E. Dummler, Berlin 1974, in MGH, t. IV, 149

 14 – “La scoperta di Aquisgrana in Val di Chienti”, 1999, p.64

Albino Gobbi

26 giugno 2020

Sii il primo a dire che ti piace

Commenti

commenti